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100 anni fa nasceva Francesco Rosi, il maestro del cinema verità.

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Francesco Rosi riassume in sé alcuni dei tratti salienti della cultura del Novecento: la sua lezione travalica il confine del cinema, per farsi modello di rigore morale, impegno civile, forza espressiva.

Il più tenace indagatore della realtà nell’Italia del ‘900, l’uomo che sapeva usare la macchina da presa e l’occhio del cinema per pedinare la verità, nasceva 100 anni fa, il 15 novembre 1922.


    “Io sostengo, ed è il metodo che ho usato nei miei film – diceva – che bisogna creare una certa distanza dagli avvenimenti per poterli leggere meglio e anche per poter accogliere quante più nozioni possibili per avvicinarsi alla verità. E per questo il film richiede tempo”. Aiuto regista con il suo mentore Luchino Visconti che nel ’47 lo arruola su consiglio di Achille Millo per “La terra trema”, sarà poi sui set di Antonioni, Monicelli, Emmer, Alessandrini, ma è ancora Visconti ad affiancarlo a Suso Cecchi d’Amico per la sceneggiatura di “Bellissima” (1951) per poi chiamarlo insieme a Franco Zeffirelli come aiuto-regista in “Senso”(1953).
    I tempi sono maturi per passare alla regia ed è proprio Visconti a incoraggiarlo per il fortunato esordio con “La sfida” che nel 1958 finisce in concorso alla Mostra di Venezia. Dopo una breve parentesi all’estero (“I magliari” con Alberto Sordi girato in Germania l’anno successivo), si scopre già maestro e fondatore di un genere (il film d’inchiesta) nel 1960. E’ l’anno di “Salvatore Giuliano”, Orso d’oro a Berlino, l’opera con cui fa esplodere tutte le contraddizioni e i depistaggi seguiti alla morte del bandito siciliano.
    La lista dei successi che seguono è più che nota e si caratterizza per il sodalizio con Gian Maria Volonté (quattro film insieme a partire dal censurato “Uomini contro”), per l’attenzione ai misteri italiani (“Le mani sulla città”, Leone d’oro a Venezia, “Il caso Mattei”, “Lucky Luciano”, “Cadaveri eccellenti”) e per la passione di grandi capolavori letterari firmati Sciascia, Carlo e Primo Levi, Garcia Marquez. Innamorato di Napoli, la ritroverà nelle pagine di Eduardo De Filippo a cui dedicherà le sue uniche regie teatrali della maturità a cominciare da “Napoli milionaria” nel 2003 e il nostalgico documentario “Diario napoletano”. (ANSA).

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