Il plauso di Conte. Al Pd non basta: doveva dirsi antifascista.
Giorgia Meloni voleva mandare “un messaggio chiaro, costruttivo”.
E ora, come filtra in ambienti di governo, si aspetta che il suo invito a vivere il 25 aprile come un momento di “concordia nazionale” venga accolto, perché l’Italia ha davanti “tanti passaggi importanti” e non serve dividersi su un tema “superato secondo la maggioranza del Paese, che è moderata”.
Se nella maggioranza sorprendono le reazioni positive di Giuseppe Conte (“Finalmente iniziano a esserci le premesse perché questa sia una festa condivisa”), non stupiscono le critiche “strumentali” del Pd e del resto della sinistra. Da cui invece – si ragiona in FdI – ci si attendeva maggiore solidarietà dopo gli episodi dei manifesti con le foto della premier e di Ignazio La Russa a testa in giù a Napoli. “Speriamo che sia l’ultimo 25 aprile di polemiche”, si augura un big di Fratelli d’Italia, al termine di una giornata che per l’entourage della presidente del Consiglio “è andata benissimo”. Solo positivi sono i commenti al discorso di Sergio Mattarella. È “il più duro che ha fatto questo presidente della Repubblica sulla Liberazione”, si ragiona nel partito della premier, ma “i ruoli sono diversi” e non è da misurare in contrapposizione a quanto scritto da Meloni nella lettera al Corriere della Sera. Una mossa su cui – raccontano nella maggioranza – ci sarebbe stata anche un’interlocuzione con il Quirinale. Sono 1.315 parole, destinate ad essere esaminate e riesaminate, con molti passaggi in prima persona, varie citazioni (da Luciano Violante al discorso di Onna di Silvio Berlusconi), 11 riferimenti alla libertà, 3 alla Liberazione (l’evento da cui nasce nel 1946 la celebrazione, su proposta di Alcide De Gasperi), 13 alla democrazia e 6 al fascismo. Non c’è l’aggettivo antifascista, che anche Gianfranco Fini nei giorni scorsi ha esortato ad utilizzare. E su questo si concentrano le critiche. “Un discorso che non aggiunge nulla: dovrebbe metterci la faccia e dire con chiarezza e in maniera definitiva: ‘siamo antifascisti'”, nota il sindaco di Milano, Beppe Sala. “Spiace che Meloni, pur in uno sforzo che le riconosciamo ma che mantiene una evidente reticenza, non riesca a dichiararsi antifascista”, attacca il Pd con Francesco Boccia, mentre la segretaria Elly Schlein quasi snobba la leader rivale. “È una modalità minore, se così si può dire, di proclamarsi antifascisti”, la sintesi di Osvaldo Napoli (Azione). C’è però la condanna al fascismo, obiettano dal fronte Meloni: non serve mettere “anti” davanti. E poi, sottolineano ancora fonti di FdI, ha chiarito che la destra di oggi è incompatibile con qualsiasi nostalgia del fascismo: “Giorgia ha fatto un grande passo avanti”. Ci sono anche il passaggio sulle foibe, la libertà come antidoto a “tutti i totalitarismi”, quindi anche il comunismo, la definizione di “patrioti” per chi ha fatto la Resistenza, prendendo spunto dalle parole della partigiana Paola Del Din: elementi non sorprendenti per il punto di vista e la cultura politica della leader di FdI, nonché per quelli del suo elettorato di riferimento. E pazienza se alle opposizioni non basta. La premier non si sentiva sotto esame, né in cerca di legittimità, perché quella gliel’ha data il voto di settembre. L’obiettivo era far capire che “la sinistra non può appropriarsi di una festa che non è solo di sinistra”. La legislatura è lunga, notano i suoi, ci saranno altri 25 aprile, ma intanto in questo “la destra di governo manda un segnale importante di pacificazione”.