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Confiscati beni per una frode fiscale di quasi 17 milioni di euro

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martedì, Novembre 26, 2024

La Guardia di Finanza confisca a un imprenditore di Pordenone 32 immobili, tra cui una magnifica villa del ‘700 e parte di un palazzo nobiliare ubicato a due passi dal Ponte di Rialto a Venezia, uno yacht di 13 metri e sette autovetture storiche tra le quali una Ferrari, una Porsche ed una MG.

L’uomo, un commerciante di prodotti informatici, era stato denunciato dal Nucleo di Polizia Tributaria di Pordenone per una frode fiscale da quasi 17 milioni di euro. A fronte di tali importi erano state emesse sette cartelle esattoriali.

Nel frattempo che la procedura di emissione dei titoli di pagamento si perfezionasse l’imprenditore, con l’intento di non corrispondere quanto dovuto allo Stato, si era spogliato dell’ingente patrimonio personale che aveva riversato in due fondi patrimoniali, uno alimentato dai propri beni immobili e l’altro da quelli mobili registrati. Il conferimento dei beni nei due fondi, formalmente destinati a soddisfare le esigenze familiari, secondo gli intenti dell’uomo sarebbe servito ad impedire la loro eventuale acquisizione coattiva a soddisfazione del credito erariale.

I finanzieri, tuttavia, qualificavano tale destinazione patrimoniale un atto in frode alla legge in quanto unicamente diretto a sottrarre, fraudolentemente, i beni alle legittime pretese creditorie dell’Erario. Le Fiamme Gialle pordenonesi non si limitavano solo a denunciare nuovamente l’imprenditore, ma proponevano anche alla Autorità Giudiziaria l’acquisizione dei beni confluiti nei due fondi, che venivano effettivamente sequestrati su disposizione del GIP di Pordenone.

L’imprenditore, a seguito del ricorso presentato al Tribunale di Pordenone, riotteneva indietro i beni, ma solo temporaneamente poiché la Corte di Appello di Trieste, cui aveva fatto a sua volta opposizione la Procura della Repubblica di Pordenone, lo condannava per il reato di “sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte” ed ordinava la confisca dei beni.

L’imprenditore presentava inutilmente ricorso in Cassazione e pertanto la sentenza di condanna e la correlata confisca divenivano definitive.

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