IQ. 03/12/2012 – Del Sociologo Vladimiro Modolo.
Non ho votato alle primarie.
E non ho votato al ballottaggio, pur potendo, portando la “giustificazione”.
Ho scelto di non scegliere.
L’ho fatto perché chi uscirà vincitore dalle primarie, non sarà in grado di rappresentarmi, se non in minima parte.
L’ho fatto con cognizione di causa e non spinto da quel sentimento d’anti-politica che tanto muove oggi molti cittadini.
Ecco perché. In primis, non riesco a farmi convincere dalle persone, bensì dai programmi politici, di cui finora ho sentito poco. Per sapere in modo chiaro (e non a tozzi e bocconi) qualcosa sui programmi, ho dovuto visionare diversi siti internet.
Visto che come me, milioni di italiani sono rimasti “fregati” dalla continua “personalizzazione della politica”, è arrivato il momento di voltare pagina e di scegliere per chi votare sapendo “cosa” votare e non soltanto “chi” votare.
A tale osservazione si potrebbe obiettare che come me, tanti hanno accesso ad internet ed hanno opportunità di conoscere i programmi.
Si, forse…
Ma se i maggiori mezzi di informazione e comunicazione di massa sono ancora tv e carta stampata, è probabile che, se dei programmi politici non si parla abbastanza (se non per brevi tratti ed in modo confuso) gran parte se non la maggioranza degli elettori, finiranno con l’orientare il proprio voto sull’immagine e sul carisma del candidato piuttosto che su precise linee programmatiche del partito.
Ma veniamo ai programmi, ed anche ai “non programmi”, cioè quello che avrei voluto trovare (e non ho trovato!) leggendo le proposte del maggior partito italiano del momento, il partito democratico.
Dalla voce di nessun candidato alle primarie, viene affrontato in modo chiaro il tema del debito pubblico, ossia quei quasi 2000 miliardi di buco che l’Italia ha accumulato e per il quale vengono chiesti sacrifici a tutti gli italiani.
Si parla di lotta all’evasione (ok va bene), si accenna alla Tobin Tax, investimenti ed innovazioni per rilanciare la crescita e far ripartire l’economia, uscire dalla crisi e contribuire al risanamento dei bilanci (si ok, ma come? con quali soldi?).
Nessuno dice ciò che ancora pochi sanno. L’Italia non ha più, ormai da anni, dopo l’adesione all’euro ma prima ancora col trattato di Maastricht,la sovranità monetaria.
L’ha delegata all’Europa, ed in special modo alla Banca Centrale Europea che ha ad oggi il poter di decidere quali politiche economiche adottare, quali tagli devono essere applicati e come deve essere riformato il regime del lavoro e delle pensioni, solo per fare degli esempi.
Ciò detto, di cosa parla il PD quando dice di voler risanare i bilanci? Qualcuno dice pubblicamente che la crisi economico-finanziaria non è venuta dal cielo, ma è stata generata dal comportamento speculativo dei grandi banchieri mondiali? Qualcuno dice pubblicamente che il debito pubblico è gravato da interessi tali da farlo raddoppiare nel giro di vent’anni?
Probabilmente no altrimenti la maggior parte dei cittadini difficilmente accetterebbe di fare sacrifici, chiedendo a chi intende rappresentarli, di uscire da questo gioco al massacro, non pagando il debito o pagandolo solo in parte, seguendo l’esempio di paesi come l’Islanda, l’Ecuador e l’Argentina, che ad oggi crescono a ritmi vertiginosi perché seppur con molta difficoltà hanno saputo dire no alle istituzioni economiche sovranazionali come FMI, WTO e banche centrali, riappropriandosi della propria sovranità nazionale in tema di economia…
Nel programma del PD, di questo non v’è traccia, neppure di un semplice ragionamento né semplicemente di ascoltare la volontà popolare con un referendum.
Il PD ha scelto di stare “dentro” al gioco al massacro, di star dentro le logiche che hanno portato alla crisi mondiale, cercando di “fare il possibile”.
Ma temo che l’ambito del “possibile” non sia molto esteso.
Si può combattere l’evasione, recuperare qualche soldo dalla lotta alla mafia, far pagare le patrimoniali, investire quei pochi spiccioli “prestati” dalla banca centrale ma sarà sempre troppo poco se le politiche macro-economiche rimarranno imposte da un’istituzione economica non direttamente eletta dai cittadini.
Ben pochi saranno gli obiettivi realizzabili senza le adeguate risorse.
Molte le illusioni in cui potrebbero cadere gli italiani che si recheranno alle urne il prossimo Maggio 2013.
E’ possibile che da un futuro governo Bersani, qualcosa di buono arrivi pure, (mi viene da dire che fare peggio di così sarebbe un’impresa non facile), maggiore laicità dello stato, qualche micro-passo sul tema dei diritti e penso al riconoscimento delle coppie di fatto, al diritto di cittadinanza per gli immigrati nati in Italia (ius soli), ad una legge contro l’omofobia, al riconoscimento del diritto all’interruzione delle cure.
Tutto ciò è anzi per lo meno auspicabile in caso di vittoria di un governo di centro-sinistra.
Ma proviamo a vedere qualche altro punto del programma, che per carità, non è mia intenzione bocciare in toto ma su cui mantengo molte riserve. In tema di lavoro, si parla di diritto “unico” che intende contrastare il fenomeno del precariato diffuso con incentivi ad assunzioni a tempo indeterminato e disincentivi alle aziende che assumono con contratti a tempo, maggiori tutele per la donna sia in termini occupazionali che di salvaguardia del diritto all’astensione dal lavoro in gravidanza e parificazione delle forme di lavoro autonomo e parasubordinato in tema di sussidi di disoccupazione. Si torna poi a parlare di “reddito minimo garantito” già adottato in alcune regioni d’Italia.
In tutto ciò però oltre a mancare un’indicazione precisa sul “come” attuare politiche simili con risorse praticamente nulle per i motivi sopra-indicati, nessun accenno si fa alla necessità di una drastica riduzione del carico fiscale, particolarmente elevato per le aziende che assumono a tempo indeterminato.
Il lavoro in Italia, costa troppo. Il “nero” rimane e rischia di restar così un problema irrisolto. Puoi schierare anche l’esercito per contrastarlo, ma con un prelievo fiscale così alto su datore di lavoro e lavoratore, difficilmente lo si potrà fermare.
Tema liberalizzazioni. Ben vengano tutte, a condizione che siano reali. In Italia, in tutti i settori liberalizzati, i prezzi si sono alzati ed anche di parecchio, eccezion fatta per il settore della telefonia.
Il pubblico non può sparire né eclissarsi dietro al privato, come sta avvenendo ad esempio nel settore dei trasporti. Deve continuare ad esistere e a garantire prezzi accessibili.
Ciò non emerge in modo chiaro dalle proposte del PD.
In tema di sanità, difendere a spada tratta l’SSN è anche buono, a condizione che non si faccia poi di tutto per renderlo inefficiente e inefficace, così come accaduto negli ultimi vent’anni, anche quando a governare era il centro-sinistra.
Ok rilanciare con dichiarazioni di principio sul diritto alla salute, ok maggiore trasparenza e non ingerenza della politica, ma perché non parlare anche di sburocratizzazione, efficienza, maggiore ricorso all’informatica, riforma dell’assistenza medica di primo livello (se ne parla piuttosto poco nel programma del PD).
Tema immigrazione: ok finalmente con la proposta per l’applicazione dello “ius soli” e del diritto di cittadinanza, condivisa anche da una buona parte del centro-destra, ma ben poco altro.
Un governo che intenda definirsi “di sinistra” non può pensare ad “umanizzare” e controllare di più luoghi come i CIE, dovrebbe chiuderli e basta così come li aprì nel 1998 con la legge Turco-Napolitano, eliminando non solo il reato di clandestinità ma le cause stesse che concorrono a determinarlo ossia il legame diretto tra lavoro e permesso di soggiorno.
Il migrante è prima d’essere un lavoratore è un soggetto di diritto che come tale ha diritto a spostarsi liberamente da un paese all’altro.
Istruzione e scuola: ok le maggiori risorse per non finire in fondo alle classifiche OCSE anche in questo, ma, in merito alla cosa che più fa incazzare i giovani in questo momento, perché non si prende una posizione
chiara sul finanziamento alle scuole private? Ho riportato alcuni temi, tra quelli che stanno più a cuore agli italiani. Temi su cui a mio parere il PD non sta dicendo abbastanza. Chiudo la riflessione, dicendo pure che di questa storia delle primarie e del conflitto tra la vecchia guardia (Bersani) ed il nuovo che avanza a colpi di rottamazioni (Renzi), io, giovane sociologo, dico che ne ho abbastanza.
Di conflitti generazionali ne abbiamo già troppi, quando i padri anziani in pensione mantengono i figli quarantenni disoccupati, quando i giovani non trovano un posto pubblico neppure pagando per via del blocco del turn-over, quando un giovane per permettersi una casa, debba aspettare che i propri genitori tirino le cuoia, risparmiateci cortesemente questo triste confronto anche in politica.
Cominciamo a dire una volta per tutte che a fare la buona politica sono le idee e non le carte d’identità che le donne in politica si, ma quelle che la sanno fare senza imporre percentuali di presenza all’interno delle istituzioni, cosa questa, davvero discriminante.
Non ho votato alle primarie.
Ho scelto di non scegliere. Ho scelto di guardare al futuro.