“Il no ha stravinto”, esultano a tarda sera i lavoratori che per tutto il pomeriggio hanno sostato davanti il Training academy di Alitalia in attesa del risultato referendario. Alta è stata l’affluenza che si è registrata: l’87% degli aventi diritti, circa 10mila lavoratori su 12mila.
Il preaccordo raggiunto il 14 aprile tra l’ex compagnia di bandiera e i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil è stato bocciato con il 67% dei voti contrari. Dal governo trapela rammarico e sconcerto mentre si pensa già a chi potrà essere il commissario liquidatore: “A questo punto l’obiettivo, in attesa di capire cosa decideranno gli attuali soci di Alitalia, sarà – si legge in una nota dell’esecutivo – quello di ridurre al minimo i costi per i cittadini italiani e per i viaggiatori”.
La protesta contro i tagli e gli esuberi si è quindi riversa nelle urne: determinante è stato il personale navigante, cioè piloti, hostess e stuart. È da loro che è arrivata la valanga dei “no”.
L’intesa prevedeva sì un ulteriore impegno finanziario da parte dei soci (quasi 2 miliardi di euro) ma chiedeva anche sacrifici ai lavoratori: 980 esuberi a tempo indeterminato tra il personale di terra, mentre quello navigante avrebbe visto la riduzione della retribuzione dell’8% e i riposi annuali da 120 a 108.
L’unica soluzione, secondo il governo, gli azionisti e anche secondo i sindacati che sull’accordo ci hanno messo la firma e la faccia, è il commissariamento e la successiva liquidazione nel giro di sei mesi.