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Abusivismo edilizio e demolizioni, di Clerici (Assoedilizia).

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Abusivismo edilizio – Demolizioni – intervista di Panorama ad Achille Colombo Clerici 6 nov. 2018

Achille Colombo Clerici intervistato da Panorama
Case abusive: perché in Italia è difficile demolirle

Pubblichiamo l’intervento del Presidente di Assoedilizia e di Federlombarda Edilizia Achille Colombo Clerici sull’abusivismo edilizio nell’articolo della giornalista di Eleonora Lo Russo di Panorama.

In Italia ci sono oltre 57.400 case abusive, censite e non demolite. Solo il 3% di questi, pari a 1.850, è stato acquisito come patrimonio del Demanio, come previsto dalla legge in questi casi allo scadere dei 90 giorni del decreto giudiziario. Le demolizioni sono pari al 19,6%: in pratica, in meno di un caso su 5 si interviene con le ruspe per abbattere case, capannoni o villette abusive come quella di Casteldaccia, in provincia di Palermo, dove sono morte 9 persone per l’esondazione del torrente Milicia che si trova a soli 150 metri. A dirlo sono i dati del rapporto Abbatti l’abuso di Legambiente, presentati proprio a Palermo meno di due mesi fa.

Colpa della burocrazia, ma anche della mancanza di personale per eseguire controlli o notificare le ordinanze comunali. Senza contare i costi di demolizione vera e propria che spesso ricadono sui Comuni, già alla prese con problemi economici, se non di vero e proprio dissesto, come nel caso della località siciliana. Esiste poi un problema legato alla giustizia italiana.

Ricorsi, sospensioni e giustizia lenta

“Da un punto di vista legale il motivo principale per cui non si riesce a intervenire con le demolizioni è legato all’iter giudiziario: le ordinanze di demolizione emesse dai Comuni nella maggior parte dei casi vengono impugnate dai proprietari degli immobili davanti agli organi della giustizia amministrativa, ossia il Tar. Questi normalmente chiedono la cosiddetta sospensiva che permette di rimanere nell’appartamento o nell’edificio ai proprietari, che nel frattempo presentano un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato. Il Comune avrebbe teoricamente vinto e quindi sarebbe legittimato a intervenire con la ruspa, ma non lo fa perché, nel caso in cui il Consiglio di Stato dovesse dare ragione al proprietario, si troverebbe costretto a pagare i danni. Il problema è che le udienze davanti al Consiglio di Stato sono fissate con tempi lunghissimi e una sentenza può arrivare anche dopo 5 o 6 anni” spiega a Panorama.it Roberto Bergaglio, avvocato penalista del Foro di Milano.

Mancanza di organici

Nel caso di Casteldaccia, l’ex sindaco Fabio Spatafora, ha parlato di migliaia di richieste di sanatoria inevase, per mancanza di personale: l’Amministrazione contava solo su 6 vigili per effettuare sopralluoghi su tutto il territorio comunale. Anche nei casi nei quali il Comune aveva emesso ordini di demolizione, spesso i proprietari o non permettevano di effettuare i controlli o non avevano ottemperato, ricorrendo al Tar, come nel caso di Casteldaccia; oppure ancora avevano ignorato l’ordinanza. Nel caso in cui il proprietario non rispetta l’ordinanza entro 90 giorni, poi, la legge prevede che il bene immobile sia acquisito dal demanio, che deve procedere alla demolizione. Ma se mancano i fondi? E gli occupanti dell’appartamento o dell’edificio, sono obbligati a lasciarlo?

“Presupposti per sgomberare ci sarebbero, ma il timore di un ricorso al Consiglio di Stato frena le Amministrazioni. In caso di sospensiva, come detto, i proprietari possono continuare ad abitare nell’immobile, nonostante un primo riconoscimento dell’abuso edilizio. Il problema vero è che in Italia la giustizia è lenta: lo è quella penale, lo è di più quella civile e lo è ancora di più quella amministrativa” dice l’avvocato Bergaglio.

Demolire costa troppo?

La mancanza di fondi per la demolizione rappresenta spesso un ostacolo per le Amministrazioni comunali. Ma anche quando questi ci sono, spesso non sono utilizzati, come accade al Fondo per la demolizione delle opere abusive, creato dalla Cassa Depositi e Prestiti, di cui sarebbe stato usato poco più della metà (55%). I Sindaci potrebbero contare anche su 50 milioni di euro, a disposizione dall’ottobre del 2004 (a rotazione e senza interessi) per l’anticipo delle spese sostenute e che poi spetterebbe ai proprietari degli immobili abusivi rifondere interamente. Ma solo 140 Amministrazioni ne hanno fatto richiesta nel 2014, per un totale di 509 mila euro.

A questo si aggiungano le lungaggini burocratiche che disincentivano il ricorso a questi fondi: il Comune che ne fa richiesta deve presentare un’apposita documentazione a supporto, poi procede con la demolizione e solo a lavori ultimati viene rimborsato sulla base di quanto fatturato dall’azienda incaricata. Una procedura tale da bloccarsi spesso prima di partire.

Le regioni più “abusive”

Secondo il report di Legambiente il primato negativo spetta alla Campania, dove dal 2004 ad oggi solo il 3% delle costruzioni abusive è stato demolito. A seguire ci sono la Calabria (6%), la Puglia, (16,3%) e la Sicilia (16,4%). La regione più virtuosa risulta, invece, il Friuli Venezia Giulia, con il 65,1% di edifici illegali rasi al suolo, seguita dalla Lombardia (37,7%) e dal Veneto (31,5%). L’unica regione del centro-sud ad attestarsi ai primi posti è la Toscana, con il 24,8% di demolizioni.

Un problema “storico”

A confermare una situazione di forte differenziazione a livello territoriale è il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici: “Purtroppo il fenomeno di un certo abusivismo è localizzato prevalentemente al sud, ma occorre fare delle distinzioni e soprattutto inquadrare il fenomeno a livello storico: fino al 1942 non c’erano piani regolatori, il 30% del patrimonio edilizio è stato realizzato prima, tra gli anni ’20 e ’30. Qualcuno oggi si ritrova semplicemente vecchie case, realizzate in assenza di norme e riammodernate. In questo caso i cittadini non vanno criminalizzati” spiega Colombo Clerici, che è anche presidente di Federlombardia Edilizia.

“Ben diverso è il caso dell’abusivismo per speculazione o quello di immobili realizzati in situazioni di compromissione grave dell’ambiente da un punto di vista paesaggistico, o ancora se ci sono pericoli per quanto riguarda la condizione idrogeologica. Per tutto ciò che non rientra in questa casistica, però, occorre procedere con cautela, anche perché siamo in una situazione di farragine normativa: non c’è uniformità di leggi a livello nazionale e la frammentazione regionale rende tutto più difficile” dice il presidente di Assoedilizia.

Il ministro dell’Ambiente, Costa, ha chiesto una norma veloce contro gli abusi edilizi: “Sono d’accordo, occorre una legge urbanistica, così come una normativa sul regime dei suoli e il consumo dei suoli, che però non sia pensata modulando quelle di paesi come Francia o Gran Bretagna, ma che tenga conto delle peculiarità del territorio italiano” conclude Colombo Clerici

Il Presidente Assoedilizia Clerici

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