Arrogante, presuntuoso ma con un grande talento, molte volte vanificato proprio per il suo atteggiamento sul campo, che spesso lo porta a perdere quella lucidità necessaria per fare il passo successivo, ossia Vincere. Ma questa volta ci è riusciuto.
Si può tranquillamente considerare il successo di Fabio Fognini a Montecarlo, per il valore del torneo, come il terzo o quarto più importante ottenuto da un tennista italiano nell’Era Open.
L’impresa di Fabio, che ha preso forma con la semifinale capolavoro vinta su Rafael Nadal e che si è poi concretizzata con il successo sul serbo Dusan Lajovic in finale, è di portata storica per un movimento – quello maschile – oscurato negli ultimi decenni dagli eccellenti risultati ottenuti dalle nostre ragazze (vittoria di Francesca Schiavone al Roland Garros 2010 e di Flavia Pennetta all’US Open 2015). Negli ultimi 40 anni nessun tennista italiano è riuscito a fare meglio di Fabio Fognini. Solo i due successi di Adriano Panatta nel 1976, quello storico al Roland Garros e quello ottenuto agli Internazionali d’Italia, sono da considerarsi di valore superiore. Regge benissimo il confronto invece con il successo che lo stesso Panatta ottenne nella finale del torneo di Stoccolma del 1975 quando battè Jimmy Connors qualificandosi tra i primi 8 per il Masters di fine anno. C’è da dire che la dicitura Masters 1000 è stata introdotta dall’Atp soltanto a partire dal 1990 (si chiamavano tornei Masters Series), ma tornando indietro nel tempo questa si può considerare la terza vittoria italiana in questa categoria di tornei dopo appunto Stoccolma 1975 (Stoccolma è stato Masters 1000 dal 1990 al 1994 ed occupava la prima data indoor autunnale, quella che ora è di Shanghai. Per convenzione, queste stessi tornei, si considerano Masters 1000 anche prima del 1990) e Roma 1976.