di Paolo Dominici, Segretario regionale Uil Lazio.
Non vi parlerò dello smart working, non perché non lo ritenga importante. Penso invece che sia una svolta, perché costringe a ripensare ruoli e obiettivi, oggi ancor di più. Non ve ne parlerò perché lo fanno in tanti. Bisognerebbe tra l’altro abilitare veramente il lavoro agile nella pubblica amministrazione. Come organizzazioni sindacali ci siamo con tutto il nostro impegno. Oggi voglio parlarvi dell’altra faccia della luna: di quelli che lavorano nelle amministrazioni pubbliche e in questi giorni non possono restare a casa, ma sono a lavoro. Quelli che come hashtag potrebbero scrivere #iorestoallavoro.
Quando si fa il vuoto nelle nostre strade, nei nostri uffici, nelle stazioni e negli aeroporti, abbiamo la possibilità di vedere meglio quel che rimane. Vediamo così più chiaramente cosa è e cosa vuol dire avere un Servizio Sanitario Nazionale e ne vediamo i protagonisti altrimenti nascosti: gli infermieri, i medici, ma anche gli Oss i tecnici sanitari e il supporto amministrativo. Un Sistema che è basato sui principi di uguaglianza, equità, universalità e prende ispirazione dall’articolo 32 della Costituzione: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.
A volte ci dimentichiamo che questa conquista di civiltà non è stato un dono caduto dal cielo, è stato il risultato di una lotta coraggiosa di donne e uomini, nostri padri e nostri nonni, che hanno difeso e affermato dei valori che a noi oggi troppo spesso sembrano acquisiti una volta per tutte.
Basta girare un po’ il mondo, senza andare neanche troppo lontano, per vedere che il diritto alla tutela della salute non è un diritto ovunque riconosciuto e che l’impegno costituzionale di “garantire cure gratuite agli indigenti” è per molti Paesi e per centinaia di milioni di persone ancora un miraggio. Il Sistema Sanitario Nazionale è quindi un bene comune. Su questo credo che oggi nessuno abbia dubbi. Accanto ai medici e agli infermieri oggi restano non a casa, ma a lavoro anche tanti altri lavoratori pubblici che costituiscono l’impalcatura su cui si regge la nostra vita, ancor più ora da reclusi più o meno consenzienti: dalla nettezza urbana che è appena passata sotto casa alla gestione dei servizi pubblici essenziali, dalla garanzia della nostra sicurezza alla fornitura di lezioni online, sono centinaia di migliaia le donne e gli uomini che ora stanno lavorando per noi. Li ricordo non per romantico buonismo, ma perché anche la tanto bistrattata pubblica amministrazione è in un certo senso un bene comune.