“Il mare mi porta lontano, penso a Istanbul, penso a Santa Sofia, sono molto addolorato”. Così il Papa, parlando dopo la preghiera dell’Angelus a San Pietro, ha voluto esprimere il suo rammarico per la decisione della Turchia di riconvertire in moschea l’ex basilica e ora museo di Istanbul. Dopo aver salutato “tutti coloro che lavorano sul mare, specialmente quelli che sono lontani dai loro cari e dal loro Paese”, Francesco ha alzato lo sguardo e ha espresso, non senza una nota di commozione nella voce, il suo dolore.
Il Consiglio mondiale delle chiese (Cec) ha scritto al presidente turco Recep Tayyip Erdogan esprimendo “dolore e sgomento” per la sua decisione di convertire Santa Sofia in una moschea.
Ioan Sauca, segretario generale ad interim della Cec, scrive nella lettera che dal 1934 Santa Sofia “è stata un luogo di apertura, incontro e ispirazione per persone di tutte le nazioni e religioni”.
La chiesa fu costruita per la prima volta 1.500 anni fa come cattedrale cristiana ortodossa e fu convertita in moschea dopo la conquista ottomana nel 1453. Nel 1935, tuttavia, divenne un museo ed è ora patrimonio mondiale dell’Unesco.
“Decidendo di riconvertire la Basilica di Santa Sofia in una moschea, si inverte quel segno positivo dell’apertura della Turchia, in un segno di esclusione e divisione”, prosegue, aggiungendo che purtroppo la decisione in Turchia è stata presa senza preavviso o discussione con l’Unesco in merito all’impatto della decisione sul valore universale di Santa Sofia.
Trasformare un “luogo emblematico” come Santa Sofia da un museo a una moschea “inevitabilmente creerà incertezze, sospetti e sfiducia, minando tutti i nostri sforzi per riunire persone di fedi diverse al tavolo del dialogo e della cooperazione”.