Condanna a morte per ‘il killer di Twitter’, alla quale il trentenne reo confesso Takahiro Shiraishi – colpevole di aver ucciso nove giovani, abusando di loro e smembrando i loro corpi – non intende appellarsi. Una storia cruenta, una sceneggiatura da film dell’orrore che ha sconvolto l’opinione pubblica giapponese e acceso ancora una volta i riflettori sull’influenza dei social media e le fragilità delle persone, i riflessi della solitudine in rete e la mancanza di punti di riferimento.
Con il nomignolo di ‘Hangman’ (boia), tra l’agosto e l’ottobre del 2017 Shiraishi adescò su Twitter otto giovani ragazze tra i 15 e i 26 anni, oltre a un uomo, riuscendo con successo ad intercettare le loro angosce associate a tendenze suicide.