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Tunisia: i giornalisti dello SNJT accusano il presidente Saied e temono perdita delle libertà e dei diritti umani

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venerdì, Novembre 22, 2024

Il Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini (SNJT) teme un peggioramento esponenziale delle libertà e dei diritti umani nel Paese e si dichiara preoccupato per l’“escalation di attentati e di persecuzioni” e per l’aumento di procedimenti giudiziari nei confronti di civili davanti a tribunali militari. Tutto ciò andrebbe a pregiudicare “i guadagni della rivoluzione, i fondamenti dello Stato civile e i valori della democrazia, del pluralismo e della diversità” che hanno caratterizzato la Tunisia negli ultimi dieci anni.
Il sindacato ritiene il presidente tunisino Kais Saied “responsabile dell’eventuale declino delle libertà pubbliche e individuali” e lo invita a onorare i suoi precedenti impegni a garantire i diritti previsti dalla Costituzione.
Il sindacato, inoltre, afferma di rifiutare qualsiasi processo militare contro i civili sulla base di pubblicazioni, posizioni o espressione di opinioni, considerandolo un attacco alla democrazia e ai diritti umani e condanna le campagne di distorsione, demonizzazione e “stalking elettronico” dei dissidenti da parte di persone che si presentano come sostenitori del presidente. Questa dichiarazione è giunta dopo che, il 22 settembre, Saied ha adottato nuove “disposizioni eccezionali” che in sostanza hanno rafforzato i poteri presidenziali ed indebolito il governo e il Parlamento. Inoltre dal 25 luglio scorso ha rimosso dal suo incarico il primo ministro Hichem Mechichi e ha sospeso le attività del Parlamento, accentrando su di sé tutta l’autorità esecutiva e privando i deputati della loro immunità parlamentare e per questo è stato da più fronti accusato di tentato colpo di Stato e di aver gettato il paese nel caos istituzionale. Inoltre, per sedare gli animi, il 29 settembre ha nominato come nuovo premier Najla Bouden, la prima donna a guidare il governo nella storia della Tunisia. Questa scelta non ha comunque tranquillizzato chi pensa che i suoi comportamenti degli ultimi mesi possano minare il percorso intrapreso dalla Tunisia dalla rivoluzione del 2011.

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