Oggi la nostra testata ospita con piacere l’interessante intervista a Ida Bove, laureanda in scienze infermieristiche ed ostetriche presso la facoltà di Tor Vergata, già in possesso di un master in coordinamento delle professioni sanitarie. Attualmente svolge il ruolo di infermiera presso l’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani e ha deciso di candidarsi alle prossime elezioni delle RSU con la Ugl Salute.
Quali sono state le condizioni di lavoro durante l’emergenza per la pandemia?
“È stata sicuramente la più grande prova professionale per gli operatori sanitari. Abbiamo dovuto mettere in campo coraggio, competenze ed umanità! Fortunatamente lo Spallanzani è il top per quanto riguarda le malattie infettive in Italia e nel mondo e questo ci ha dato sicuramente una marcia in più per affrontare la pandemia. Ma non chiamateci angeli o eroi, perché dietro ogni operatore ci sono anni di sacrificio per raggiungere una formazione teorica, pratica e relazionale, specificità che vanno riconosciute con il giusto peso economico, ma anche con una valorizzazione concreta di ogni profilo professionale. Le nostre competenze vanno riconosciute concretamente ed invece sono ancora troppi gli operatori che fruiscono di forme di contratto precarie. Per non parlare delle violenze, fisiche, verbali e morali che rischiamo quotidianamente di subire sul posto di lavoro. Non ci sentiamo angeli o eroi, come ci hanno spesso definito, ma professionisti della salute e pertanto vorremo essere riconosciuti come tali sotto ogni aspetto: economico, sociale e culturale”.
Quali sono i punti deboli che andrebbero rafforzati per avere un operatore della salute competente?
“Oggi agli operatori è richiesto uno sforzo sempre maggiore per rispondere alle esigenze dei pazienti. La maggiore complessità è dovuta alle nuove terapie farmacologiche, alle conoscenze in ambito clinico, alle attività di assistenza per soddisfare non solo il bisogno di cura della malattia dell’assistito ma tutta una sfera di bisogni che girano intorno a lui. Per questo bisognerebbe lavorare in un ambiente sereno e favorevole alla crescita di ogni operatore, per valorizzarne le qualità più attinenti la propria formazione e la propria inclinazione. Serve aggiornare le proprie competenze con corsi di formazione specifici. Creare una leadership di obiettivi con una spinta sulla motivazione di ogni operatore, nonché la giusta ripartizione delle competenze tra le diverse figure sanitarie presenti h24. Questo potrebbe far pensare a un aumento di costi del SSN, ma in realtà un operatore “sano” darà un’assistenza “sana”, pertanto migliore compliance del paziente, anche con una riduzione delle denunce, che mai come in questo momento storico della sanità sono così elevate”.
Cosa significa portare innovazione per un operatore?
“Fare ricerca, e nel mio specifico caso ricerca infermieristica. Questo per trovare delle risposte a problematiche o dei quesiti per sviluppare nuove teorie. Il futuro può e deve essere nelle nostre mani. Ogni operatore potenzialmente ha un bagaglio di competenze da sviluppare, migliorare, rimodellare e solo attraverso la ricerca può trovare delle risposte per tutti quei bisogni che sono intrinsechi nell’uomo ed apportare quel cambiamento qualitativo alle nostre professioni e all’assistenza, cardine del SSN”.