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BOUDICCA, LA FURIA DI UNA REGINA.

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Britannia centromeridionale, anno 60 d.C. In un luogo imprecisato lungo la Strada di Watling, nel bacino del fiume Anker, si fronteggiano due imponenti eserciti. Da una parte, sotto il comando del legato imperiale Svetonio Paolino, sono schierati 12.000 uomini tra legionari della Legio XIV Gemina, della Legio XX Valeria Victrix e ausiliari germanici di arcieri e fanteria leggera, oltre a due ali di cavalleria ausiliaria composte da 1.000 uomini. Dall’altra, un esercito forte di 50.000 guerrieri, oltre ad un certo numero di carri, sotto il comando della regina degli Iceni Boudicca. Da questa battaglia- detta poi di Watling Street- dipenderà il futuro della provincia di Britannia, che potrebbe liberarsi dal pesante giogo romano. E, dato il grande squilibrio numerico fra i due eserciti, questo sogno potrebbe davvero realizzarsi.

Quali sono le cause che hanno portato a questo giorno? Iniziamo col conoscere la potente tribù celtica degli Iceni. Erano stanziati approssimativamente nelle attuali contee inglesi di Norfolk e Suffolk, nella Britannia orientale e si allearono volontariamente con i Romani durante l’invasione dell’Isola da parte dell’Imperatore Claudio nel 43, mantenendo la loro indipendenza in cambio di ingenti tributi. Essi si ribellarono nel 47 quando il proconsole Publio Ostorio Scapula minacciò di disarmarli a causa di diversi disordini in corso. Sconfitti in battaglia, fu loro concesso tuttavia di mantenere l’indipendenza. Al posto del re ribelle Antedio venne quindi insediato il filoromano Prasutago come re-cliente di Roma. E Prasutago era marito di Boudicca, che sposò nel 47, dalla quale ebbe due figlie. Boudicca era nata nel 33 nell’odierna zona di Norfolk da una famiglia nobile icena e, secondo le fonti, sarebbe andata a vivere all’età di sette anni con una seconda famiglia, presso cui rimase fino ai 14 anni. Fu in questo periodo, si dice, che apprese storia, tradizioni, religione e cultura delle tribù celtiche, imparando anche l’arte militare. Quando Boudicca tornò dalla sua famiglia di origine, essa la diede in moglie a Prasutago.

Secondo Cassio Dione Cocceiano, nell’opera Romana Historia, Boudicca “era una donna molto alta e dall’aspetto terrificante. Aveva gli occhi feroci e la voce aspra. Le chiome fulve le ricadevano in gran massa sui fianchi. Quanto all’abbigliamento, indossava invariabilmente una collana d’oro e una tunica variopinta. Il tutto era ricoperto da uno spesso mantello fermato da una spilla. Mentre parlava, teneva stretta una lancia che contribuiva a suscitare terrore in chiunque la guardasse”. Molto probabilmente, la collana d’oro di cui parla Cassio Dione era una torquis, una pesante collana celtica simbolo di nobiltà e del legame con l’aldilà.

Secondo la tradizione dei territori occupati dai Romani, Prasutago avrebbe dovuto nominare erede dei suoi possedimenti l’Imperatore romano stesso, all’epoca Nerone, completando la pacifica transizione delle tribù sotto il dominio di Roma. Tuttavia, il re degli Iceni aveva nominato come coeredi anche le sue due figlie sperando, come riportato da Tacito negli Annales, di preservare la sua stirpe e salvare il suo popolo dall’assoggettamento. Nel 60 Prasutago morì e dal momento però che la legge romana non riconosceva alle donne il diritto di regnare, i veterani romani della XX Legio che risiedevano nella capitale della provincia Camulodunum (l’odierna Colchester) invasero i territori degli Iceni, annettendoli de facto alla provincia. I nobili britanni furono trattati come schiavi e spogliati dei propri possedimenti, come era costume dei Romani, i quali erano soliti riassegnare tali territori ai veterani. Come scrive Tacito, le appropriazioni arbitrarie di terre e di beni ai danni degli indigeni erano all’ordine del giorno, così come la cooptazione di giovani uomini per servire nelle truppe ausiliarie o per lavorare nei cantieri pubblici. Quando nel 59 il legato Svetonio Paolino venne nominato governatore della provincia, tale situazione non fece che peggiorare. Allorchè Boudicca cercò di protestare contro tale trattamento presso gli amministratori romani, essi la fecero denudare e frustare sulla pubblica piazza e fecero violentare per ore dai legionari le sue due figlie.

La reazione furiosa della regina non si fece attendere. I Romani commisero l’errore di lasciarla vivere e ciò costò loro la perdita di ingenti vite umane. Gli Iceni e i loro vicini, i Trinovanti, si ribellarono sotto la guida di Boudicca, che voleva comprensibilmente vendicarsi di tutte le offese, la quale organizzò un grande esercito di 100.000 guerrieri, un numero spaventoso che la diceva lunga sul grado di esasperazione raggiunto da quei popoli a causa dei soprusi subiti. E così nel 60, approfittando del fatto che il governatore Paolino era impegnato contro la roccaforte druida sull’isola sacra di Anglesey, Boudicca e i suoi guerrieri lanciarono l’attacco contro la capitale della provincia, Camulodunum. Era questa una città con case ed edifici pubblici e industriali, frequentati da commercianti. Lì era stato costruito il massiccio ed imponente tempio in pietra in stile classico consacrato al culto dell’Imperatore Claudio per commemorarne la conquista. I ribelli incendiarono l’edificio distruggendolo completamente, massacrando i difensori che vi si erano rifugiati resistendo ad un assedio di due giorni. Per distruggere gli odiati simboli del potere imperiale, decapitarono anche la statua bronzea dell’imperatore la cui testa fu ritrovata solo nel 1907 a 60 km da Colchester in un fiume. In tale occasione, gli Iceni riportarono la più importante vittoria militare contro un esercito organizzato: la Legio IX Hispana, allora al comando del legato Quinto Petilio Ceriale, che era mossa in soccorso di Camulodunum venne travolta e sconfitta dai ribelli, spazzando via la sua intera forza di fanteria. L’annientamento di questa Legione, ha dato vita a molte ipotesi fantasiose, alcune delle quali sono state trasposte sul grande schermo con il film “Centurion” del 2010 e “The Eagle” del 2011, che vede un centurione alla ricerca della verità sulla fine della IX Hispana. Dopo aver massacrato rapidamente e brutalmente l’intera popolazione di Camulodunum, i Britanni si spostarono ad occidente, verso Londinium (l’odierna Londra). Rapidamente costruito sulle rive del Tamigi, questo insediamento romano, ancora privo di mura, era il secondo centro urbano più importante della provincia. Svetonio Paolino, che fu costretto a ritirare le sue truppe impegnate, come abbiamo visto, contro la roccaforte druida di Anglesey, marciò su Londinium ma decise di non dare battaglia ai Britanni in quel luogo. Infatti, sprovvisto di adeguate truppe e preoccupato dalla sconfitta di Petilio, decise di sacrificare la città per salvare la provincia. Gli abitanti fuggirono prima che l’insediamento fosse attaccato e si unirono alla colonna di Paolino. Coloro che non lo fecero furono tutti torturati ed uccisi dai ribelli di Boudicca, che saccheggiarono e diedero alle fiamme l’insediamento. Alcuni scavi archeologici hanno evidenziato prove di distruzione da fuoco, sotto forma di uno strato di cenere rossa al di sotto della città, risalente al periodo in questione. Il terzo obiettivo della rivolta guidata dall’implacabile regina fu Verulamium (oggi St Albans) che all’epoca era un insediamento di notevoli dimensioni, il quale subì lo stesso trattamento dei due precedenti. Tacito scrive del barbaro trattamento riservato agli abitanti di queste città dai rivoltosi, osservando che si stimava che fossero stati uccisi un totale di 70-80.000 tra Romani e abitanti della provincia. Tali successi travolgenti da parte dei Britanni furono possibili se consideriamo che le forze romane nell’Isola all’inizio della rivolta erano sparse: la XIV Gemina, distaccamenti della XX Valeria e numerosi reparti ausiliari erano impegnati con Paolino inizialmente nel nord del Galles, la II Augusta era di stanza ad Isca Dumnorum, in Cornovaglia, molto lontana dall’epicentro della rivolta. Infine, la XI Hispana di stanza nei pressi di Lindon. In pratica, le forze romane erano sparse perchè impegnate a presidiare i confini della Provincia. L’errore dei Romani fu quindi quello di procedere all’annessione del regno degli Iceni senza adeguate forze di supporto. E tale errore facilitò la ribellione e la distruzione di tre importanti insediamenti romani e il massacro di innumerevoli vite. Infatti i Britanni non avevano alcun interesse a prendere o vendere prigionieri, ma solo ad ucciderli con gabbie sospese, fuoco o crocifissione. Il racconto di Cassio Dione fornisce particolari più cruenti, che decidiamo di omettere in tale sede. Ma possiamo dire che tali supplizi “furono accompagnati da sacrifici, banchetti e comportamenti sfrenati” in luoghi sacri, in particolare nei boschetti di Andraste (dea celtica del coraggio e della fortuna, della sicurezza e della vittoria in battaglia)

Svetonio Paolino riuscì a reclutare 13.000 uomini. Pochi, decisamente pochi, ma non vi era altra possibilità e qualsiasi rinforzo da Roma avrebbe impiegato settimane per arrivare. Non aveva altra scelta che affrontare, sebbene in svantaggio, l’armata di Boudicca che contava, come abbiamo visto, 50.000 guerrieri.

Ed eccoci, quindi, all’inizio di questo articolo. Le due formazioni si fronteggiano. Da un lato, il problema di Paolino era la disposizione della fanteria: se avesse creato una linea di legionari con una estensione pari a quella dell’avversario, questa sarebbe stata troppo sottile e passibile di essere bucata. Una disposizione più concentrata, quasi a quadrato, sarebbe stata facilmente accerchiata e distrutta dal soverchiante numero di guerrieri avversari. Per questo il Legato cercò di equilibrare l’inferiorità numerica con la scelta accorta del campo di battaglia: alcune colline, piccole ma abbastanza scoscese sui lati e sul retro avrebbero impedito l’accerchiamento, convogliando il nemico solo sul fronte. Paolino posizionò i legionari, accompagnati da due gruppi di mercenari germanici di fanteria leggera sui lati, e due contingenti di cavalleria nascosti fra le colline per sbucare al momento più opportuno sui rispettivi fianchi dell’avversario. Boudicca, invece, non concepì alcun piano particolare. Era convinta che Paolino si fosse imbucato in una vera e propria trappola, e posizionò i suoi guerrieri al centro pronti a massacrare i Romani. Le famiglie dei guerrieri si disposero con i loro carri a semicerchio, dietro il campo di battaglia, per assistere allo “spettacolo”. La regina esortò le truppe dal proprio carro, le figlie accanto a lei: Tacito ce la descrive mentre fa un breve discorso in cui si presenta non come un’aristocratica che vendica la sua ricchezza perduta ma come una persona comune, una donna che che vendica la sua libertà perduta, il suo corpo martoriato e la castità violata delle sue figlie. Disse che la loro causa era giusta e che le divinità erano dalla loro parte; l’unica legione che aveva osato affrontarli era stata distrutta. Lei, una donna, era decisa a vincere o a morire. Se gli uomini volevano vivere in schiavitù, quella era una loro scelta. Detto questo e invocata la dea Andraste, al suo comando la battaglia ha inizio. La prima mossa toccò alla regina, che pensò di spezzare la fanteria romana lanciando contro le file dei legionari dei carri pesanti. Ma non si trattava di carri da guerra bensì da trasporto che vennero gestiti e neutralizzati abbastanza facilmente dai Romani. La seconda mossa fu di Paolino. Le Legioni potevano contare sull’artiglieria, in particolare dei micidiali “scorpioni”, frecce e due giavellotti per ogni soldato. L’esercito di Boudicca, ripetutamente bersagliato dalle frecce romane, venne pesantemente decimato e indebolito, mentre la confusione iniziava ad aumentare sul campo di battaglia. Al momento del contatto tra le due fanterie, Paolino diede ordine ai legionari di posizionarsi a triangolo. Si trattava di una formazione adatta a “bucare” le file avversarie e penetrare rapidamente in mezzo ai soldati nemici. In questo modo, dopo ore di combattimento, i guerrieri di Boudicca iniziarono a confondersi e a retrocedere. E in questo momento, l’intervento degli ausiliari germanici e le cavallerie nascoste fu risolutivo. Circondati anche dai lati e sul retro, i Britanni di Boudicca persero completamente il controllo. Il loro grande numero si trasformò così in uno svantaggio: gli uomini iniziarono ad accavallarsi l’uno sull’altro e il panico trasformò la moltitudine in una folla disperata che cercò in ogni modo di scappare. A questo punto, con tragica ironia, il semicerchio di carri posizionato dalle famiglie britanniche per assaporare la vittoria, diventò un ostacolo alla fuga dei guerrieri, che non ebbero scampo e vennero crudelmente falcidiati dai legionari di Paolino, che quindi ottiene una schiacciante vittoria grazie alla superiorità tattica e alla disciplina dei soldati dell’Impero. Costretta ad arrendersi, Boudicca fu condotta in carcere ma qui, pur di non sottomettersi ai nemici, si uccide avvelenandosi. Aveva 27 anni. Non si sa dove sia stata sepolta. Per alcuni, riposa a Stonehenge, per altri nel Norfolk. Nessun documento storico riporta la sorte delle sue due figlie. Gli Iceni, dopo questo conflitto, furono controllati da un rigido governo militare, ma negli anni ’80 ricevettero nuovamente un governo autonomo su iniziativa romana.

Con Boudicca, si spegneva la rivolta britannica, ed alla civiltà celtica si sostituì lentamente quella romana che, dopo la serie di ingiustizie subite, avrebbe portato all’isola tre secoli di pace prosperità. Tuttavia, la rivolta da essa guidata ebbe un impatto così negativo sul morale e sulla forza di combattimento delle truppe romane che non furono fatti ulteriori tentativi di conquista della Britannia per i successivi dieci anni.

Boudicca.

Non bisogna stupirsi che una donna, pur di eccezionale carattere, venne scelta come guida per respingere il nemico nell’Europa continentale e liberare la Britannia dal giogo romano che imponeva pesanti tasse, la soppressione delle pratiche religiose celtiche e il controllo di molti aspetti della vita delle antiche tribù dell’isola: a differenza dei Romani, i Britanni non badavano al sesso dei loro condottieri. Prova ne è il fatto che la giovane Boudicca venne addestrata nell’arte della guerra. Il trattamento inflitto a lei ed alle sue figlie fu una condotta oltraggiosa che i Romani stessi devono aver considerato alla stregua di un “crimine di guerra”. Alcuni storici inglesi sostengono che il maltrattamento di una famiglia aristocratica fedele a Roma dev’essere stato particolarmente scioccante per i lettori romani di Tacito.

La storia di Boudicca rimase persa tra le pieghe della Storia fino a quando, nel XIV secolo, il lavoro di Tacito non venne riscoperto e studiato approfonditamente. Fu in epoca Vittoriana che la Regina Celtica divenne uno dei simboli dell’orgoglio britannico di fronte alla conquista dei Romani. Boudicca- il cui nome deriva da “Boudiga”, dea celtica della guerra- infatti significa “Vittoria”, omonima quindi della regina britannica. Durante il XX secolo divenne un’icona per le suffragiste e nel 2017, l’allora Primo Ministro Teresa May fu soprannominata “la Boudicca del Brexit” Anche se un paragone tra l’Unione Europea e l’Impero Romano è da considerarsi profondamente sbagliato, tale evocazione dimostra la forza che l’immagine di Boudicca ancora possiede nella Gran Bretagna di oggi tanto che, quando nel 2004, nei dintorni di Hunstanton, a Norfolk, venne ritrovata la seconda parte (la prima era stata ritrovata 40 anni prima) di una collana che gli storici ritengono appartenuta proprio a lei, tale notizia commosse fortemente gli Inglesi. E per concludere aggiungiamo che nel 1902 Alberto di Sassonia commissionò a Thomas Thornycroft un’imponente statua in bronzo di Boudicca con le sue figlie mentre guida il suo carro da guerra che oggi fa bella mostra di sè accanto al ponte di Westminster e al Parlamento inglese, posizionata al centro della città che la regina stessa rase al suolo alla ricerca della libertà.


Statua bronzea di Boudicca davanti a Westminster.

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