Spostare interi boschi da un luogo all’altro per ricostruire ecosistemi e salvare piante e animali dal rischio di estinzione: è la ‘traslocazione vegetale’ una tecnica che in questi decenni ha permesso si salvare dalla scomparsa centinaia di specie, anche animali perché le piante sono i ‘pilastri’ di ogni ecosistema.
Ne discutono gli esperti da tutto il mondo in questi giorni a Roma, nella prima International Plant Translocation Conference organizzata dall’Università Roma Tre.
“Le traslocazioni sono azioni a scopo di conservazione, di cui ormai abbiamo tantissimi casi, solo in Italia in questi anni si sono eseguiti poco meno di 200 operazioni di questo tipo”, ha detto all’ANSA l’ecologo Thomas Abeli, dell’università Roma Tre e organizzatore del convegno.
Uno degli esempi più noti è quello dell’abete del Nebrodi, presente fino a poco tempo fa solo in pochi esemplari in una zona molto ristretta della Sicilia, ma che un lungo lavoro di traslocazione verso altre aree caratterizzate da habitat idoneo ha permesso di salvare dal rischio estinzione.
“Ovviamente sarebbe molto meglio evitare di portare le piante al rischio estinzione ma in casi come questi la traslocazione diventa una soluzione inevitabile”, ha precisato Abeli. Da tecnica sperimentale, in questi ultimi anni la traslocazione è divenuta un’azione strutturata, basata sulle conoscenze scientifiche apprese sul campo e l’obiettivo di questa prima conferenza internazionale sul tema punta a mettere a confronto le esperienze accumulate negli anni in tutto il mondo.
Quella dei ‘traslochi’ forzati delle piante non è solo un tentativo di salvaguardare singole specie vegetali a rischio ma di preservare dai cambiamenti climatici intere popolazioni di specie viventi, anche animali: “tendiamo ad essere cechi nei confronti delle piante, generalmente ne sottovalutiamo l’importanza eppure sono la base di ogni ecosistema”, ha concluso Abeli.
( ANSA)