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Franco Califano. Ora davvero tutto il resto è noia

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califano di Stefania Paradiso

IQ. 31/03/2013 – E’ morto Franco Califano. Il poeta dalla vita pericolosa si è spento ieri sera a 74 anni nella sua casa di Acilia, a Roma. Er califfo, autore sensibile e di talento, tanto rude quanto romantico, poeta e amante degli eccessi aveva racchiuso la sua filosofia di vita nella famosa canzone “Tutto il resto è noia”, che si era anche fatto tatuare sull’avambraccio destro. Autore o interprete di brani indimenticabili come “Tempo piccolo”,  “Minuetto”, scritta in coppia con Dario Baldan Bembo per Mia Martini, “E la chiamano estate” con Bruno Martino o “Un grande amore e niente più” per Peppino di Capri e molte altre ancora.

Amante instancabile e vanitoso, sosteneva di essere stato a letto con 1500 donne, poiché “Ero bello e me lo potevo permettere” ma si era sposato una sola volta a diciannove anni e dopo pochi mesi si era separato. Giovanissimo aveva avuto una figlia, Silvia, che ora fa la ballerina. Non aveva mai negato la sua paternità, le aveva dato solo il nome, ma era sparito qualche mese dopo la sua nascita. “Perché i figli si devono crescere e amare. Io, questa possibilità me la sono sempre negata”. Negli ultimi tempi frequentava le carceri, preparava concerti ed era amatissimo dai detenuti, che forse si riconoscevano nella sua storia personale. Er Califfo infatti era stato arrestato due volte, nel 1970 e nel 1983, accusato di possesso di droga, entrambe le volte però era stato poi assolto con formula piena. Era anche tornato anche in tv, partecipando a molti programmi. Paolo Bonolis, che lo aveva voluto a Ciao Darwin, ieri scriveva: “Credo che questa morte sia un sollievo per lui, l’epilogo non è stato all’altezza di come aveva iniziato: ha vissuto come un grandeur ma gli ultimi anni sono stati molto pesanti per lui. Quando l’ho frequentato ho capito che era un uomo di cuore. Ma ha vissuto oltre i limiti e questo non ti viene mai perdonato. Se non metti la divisa della persona perbene vieni additato a volte anche oltre il lecito”.  Aveva ancora tanti progetti da realizzare e da portare a termine. Il necrologio l’aveva già scritto da solo, come ricorda un altro suo grande amico, Rosario Fiorello, con cui aveva lavorato in Stasera pago io. “Diceva che voleva sulla lapide una sola frase: non escludo il ritorno. E spero che i familiari lo facciano davvero”. I suoi ultimi anni non sono stati facili. Era rimasto al verde e aveva richiesto l’aiuto della legge Bacchelli. Intanto, però, le nuove leve l’avevano riscoperto e voluto accanto; Fiorello gli ha dedicato una delle sue imitazioni più popolari, i Tiromancino hanno registrato con lui, come hanno fatto jazzisti importanti come Stefano Di Battista. Era ed è un fuoriclasse e non lo si poteva lasciare avviare ad un declino così triste. Scomodo, controverso, eccessivo ma bravo, talentuoso e diretto. Ha messo in scena la sua vita spericolata e al massimo e, forse, ha davvero amato solo la sua arte, ovvero la musica. Che brutta Pasqua per la musica italiana. A distanza di poche ore sono morti due autori eccezionali. Milano ha perso il suo Enzo e Roma ha perso il suo Franco. Tutta l’Italia perde autori di grande calibro. Ieri guardando una foto di Enzo Jannacci con Giorgio Gaber e una con Alda Merini mi è piaciuto immaginarli così, insieme, accanto ad un tavolo, a cantare, ridere e poetare. Oggi mi piace pensare che si sia aggiunto a quel tavolo anche lui, un altro grande ed immenso artista.

 

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