Con i Carmina Burana di Carl Orff, l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice sono tornati in Piazza San Marco, a Venezia, davanti a una platea di oltre duemila e trecento persone, nonché in diretta televisiva (Rai5) e radiofonica (Rai Radio3). Questo nuovo appuntamento si è aggiunto dunque alla lunga lista di eventi della Fenice nella straordinaria cornice della piazza probabilmente più conosciuta al mondo. Nel 1928, per esempio, furono allestiti Cavalleria rusticana e i Pagliacci, mentre negli anni Settanta, in collaborazione con la Biennale, vennero programmati gli spettacoli di danza con le compagnie di Merce Cunningham e di Maurice Bejart. Nel 2011, ancora, la Filarmonica della Fenice suonò con Sting e nel settembre del 2020, in piena pandemia, ci fu un concerto di musiche operistiche per dare inizio alle celebrazioni per i 1600 anni di fondazione della città. Piazza San Marco, infatti, ha da sempre un rapporto privilegiato con la musica, basti semplicemente ricordare che la Cappella Marciana prendeva parte alle processioni musicali davanti alla Basilica, come documentano le opere pittoriche di tanti grandi artisti del passato.
I Carmina Burana, una cantata scenica su testi medievali, eseguita per la prima volta a Francoforte nel 1937, non potevano che richiamare dunque un pubblico numeroso ed eterogeno, dal premio Nobel Carlo Rubbia a diversi artisti e attori, irresistibilmente attratti forse anche dalla presenza della televisione. Diciamo subito che l’esecuzione è stata all’altezza delle aspettative. Fabio Luisi ha diretto quello che è il lavoro più celebre di Orff con precisione ed eleganza. Il compositore tedesco crea qui il suo linguaggio peculiare, caratterizzato da una ricerca di arcaismi strumentali e vocali, da un’ossessiva insistenza ritmica e una scandita declamazione. Ci troviamo di fronte a un’opera arcaico-moderna che alterna oasi di pace a momenti percussivi, in uno “stile sinfonico per coro” di grande forza espressiva grazie ai testi tratti da un canzoniere di Benediktbeueren in Baviera. Luisi con duttilità evidenzia questi diversi aspetti, senza eccedere e senza ricercare il facile effetto. Ne assecondano il raffinato disegno interpretativo i complessi della Fenice (il coro è puntualmente preparato da Alfonso Caiani) e i Piccoli Cantori Veneziani, istruiti da Diana D’Alessio.
Tre i solisti: Regula Mühlemann si fa apprezzare per la sua voce di soprano lirico, limpida e senza forzature; il baritono Markus Werba ha un bel timbro e affronta con sicurezza la complessa scrittura di Orff; il tenore Michael Schade affronta con onore le ardue emissioni che evocano il lamento di un povero cigno arrostito. La pagina più conosciuta di questo lavoro è dedicata alla fortuna, imperatrice del mondo, che gira costantemente e che innalza e atterra. Orff pone questo coro all’inizio e a conclusione dei Carmina e l’altra sera è stato riproposto come bis, intonato anche dai tre solisti. Molto calorosi gli applausi del pubblico e magica la piazza veneziana, con i suoi colori, le luci e il cangiare del cielo con il calare della sera. Il prossimo anno l’appuntamento si rinnoverà molto probabilmente con la Nona di Beethoven.