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Festival di Salisburgo 2022 – Die Zauberflöte (Il flauto magico).

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Tra sperimentazione, scelte per nulla scontate e tanta musica del Novecento, l’edizione in corso del Salzburger Festspiele non dimentica di omaggiare, ovviamente, il “padrone di casa”, Wolfgang Amadeus Mozart, scegliendo anche un titolo e uno spettacolo che oseremmo definire confortanti, quasi a voler stemperare la tesa, corrusca drammaticità insita in altre interessanti proposte della prestigiosa kermesse austriaca (in primis l’inusuale dittico A kékszakállú herceg vára  (Il castello di Barbablù) di Béla Bartók e De temporum fine comoedia di Carl Orff, nella lettura icastica e spiazzante di Teodor Currentzis e Romeo Castellucci): Die Zauberflöte.

La rappresentazione, che in locandina appare come nuovo allestimento, è una ripresa, con sostanziali modifiche, della produzione già vista da chi scrive nel 2018 al Großes Festspielhaus e, per l’occasione, riproposta nella sede più raccolta dell’Haus für Mozart. L’idea di fondo, punto di partenza della regista statunitense Lydia Steier, è sostanzialmente la stessa: un nonno (interpretato da un attore di prosa – all’epoca del debutto l’inossidabile Klaus Maria Brandauer, oggi un pregnante ed espressivo Roland Koch) legge ai tre nipotini (i Drei Knaben), come fiaba della buonanotte, le imprese di Tamino, Pamina e degli altri personaggi del Flauto magico, che si materializzano magicamente. Il Großvater e i tre bambini sono sempre in scena, intervenendo spesso nell’azione, interagendo con i protagonisti della vicenda e suggerendo loro come agire; le parti di prosa lette dal nonno, scritte dalla regista e dai drammaturghi Ina Karr e Maurice Lenhard, vanno a sostituire i dialoghi originali di Emanuel Schikaneder. Nel 2018 la produzione aveva una forte impronta circense, oggi del tutto eliminata. Come arguibile dalle scene di Katharina Schlipf ravvivate dalle luci asettiche di Olaf Freese, nonché dai costumi di Ursula Kudrna, ci troviamo in un interno borghese dell’Austria fin de siècle, in una famiglia composta dal nonno (probabilmente Tamino anziano, spesso intento a contemplare il ritratto in bianco e nero di Pamina in abito da sposa che campeggia in una delle stanze), dal padre (Sarastro), dalla madre (Königin der Nacht) e dai tre figlioletti (Drei Knaben). Tutt’attorno, il variegato universo della servitù, con il figlio del macellaio (Papageno), la cuoca (Papagena anziana), le cameriere (le Drei Damen). Viene fortemente sottolineato, specialmente nel I atto, l’aspetto magico e fiabesco della storia, con trovate ed effetti a tratti ingenui e schietti, ma deliziosi da vedersi e di sicura presa sul pubblico: e così, il palcoscenico è, via via, invaso da un dragone verde di cartone che esce dall’armadio della camera da letto dei bambini, variopinte donne-farfalla e fanciulle-ortaggio, enormi orsacchiotti colorati di peluche e sirenette; Papagena è simile a un prelibato pasticcino ricoperto di panna e con una succulenta ciliegia in testa; la Königin der Nacht, durante la sua prima aria, si solleva dal tavolo della sala da pranzo assieme alla tovaglia ed esce di scena ascendendo al cielo, fra lo stupore dei tre genietti. Quest’aura incantata viene spazzata via quasi del tutto, nel II atto, dall’irrompere della Grande Guerra con i suoi orrori: i seguaci di Sarastro, decisi fautori di un intervento bellico, appaiono in divisa militare con armi ed elmetto, e durante le prove dei quattro elementi vengono proiettate angoscianti immagini d’epoca in bianco e nero di bombardamenti, cadaveri e soldati sfigurati (videoproiezioni di Momme Hinrichs), abbastanza stridenti con la musica flautata di Mozart; al termine, Monostatos e le Drei Damen verranno giustiziati. Un allestimento, complessivamente, gradevole e riuscito, forse eccessivamente carico di idee non sempre sviluppate appieno, dove lo stacco tra il mondo fiabesco e la violenza della guerra è eccessivamente netto.

Sensibile interprete mozartiana, Joana Mallwitz propende per una lettura fluida, agile e brillante, dall’agogica veloce e incalzante, attenta a mai soverchiare le voci in palcoscenico. Con gestualità scattante, ampia ed elegante, mai plateale o artefatta, ottiene dai Wiener Philarmoniker un suono morbido e luminoso, confermandosi come una delle direttrici più interessanti e valide dell’odierno panorama teatrale.

Nel complesso valente, con i relativi distinguo, il giovane cast scritturato. Specialista del ruolo, a Salisburgo affrontato già nel 2018, il Tamino di Mauro Peter si distingue per la vocalità rotonda e avvolgente, di timbro caldo, omogenea ed emessa con garbo, per l’espressività controllata, per la dizione chiara e nitida. Accanto a lui, il soprano svizzero Regula Mühlemann è una Pamina aggraziata e musicale, dalla voce non debordante adamantina e tersa, più corposa e a suo agio negli acuti limpidi e di puro smalto; credibile l’interpretazione fresca e dolce del personaggio. Debutta al Festspiele il basso austriaco Michael Nagl: il suo è un Papageno dallo strumento vocale voluminoso e pastoso, di bel colore scuro, solido nell’emissione e spassoso nella recitazione, senza però risultare mai caricaturale o sopra le righe. Nativo del Kuwait, il basso Tareq Nazmi delinea con eleganza e autorevolezza un Sarastro signorile e incisivo, sorretto da un fraseggiare efficace e da una vocalità profonda, risonante e di buon peso, duttile e ben appoggiata anche nell’ottava bassa. L’americana Brenda Rae è una Königin der Nacht scenicamente penetrante e volitiva, perfettibile vocalmente, soprattutto nei sovracuti delle due celeberrime arie “O zittre nicht” e “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen”, risuonati – specialmente nella seconda – piccoli e a tratti velati. Gustosa la Papagena del soprano russo Maria Nazarova, dalla voce cristallina e puntuta e dalla recitazione sapida e peperina. Ineccepibili e dalla vocalità immacolata i Drei Knaben dei Wiener Sängerknaben; mercuriale il Monostatos del tenore statunitense Peter Tantsits; puntuali Ilse Eerens (Erste Dame), Sophie Rennert (Zweite Dame), Noa Beinart (Dritte Dame), Henning von Schulman (Sprecher/Erster Priester/Zweiter geharnischter Mann) e Simon Bode (Zweiter Priester/Erster geharnischter Mann). Precisi e sonori gli interventi corali del Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, diretto da Jörn Hinnerk Andresen.
Teatro esaurito e, al termine, festante successo con manifestazioni di entusiasmo per gli interpreti principali. 

Salzburger Festspiele 2022
DIE ZAUBERFLÖTE
Opera tedesca in due atti, KV 620 su libretto di Emanuel Schikaneder
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart

Sarastro Tareq Nazmi
Tamino Mauro Peter
Königin der Nacht Brenda Rae
Pamina Regula Mühlemann
Erste Dame Ilse Eerens
Zweite Dame Sophie Rennert
Dritte Dame Noa Beinart
Papageno Michael Nagl
Papagena Maria Nazarova
Monostatos Peter Tantsits
Sprecher / Erster Priester / Zweiter geharnischter Mann Henning von Schulman
Zweiter Priester / Erster geharnischter Mann Simon Bode
Großvater Roland Koch
Drei Knaben Wiener Sängerknaben

Wiener Philarmoniker
Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor
Angelika-Prokopp-Sommerakademie der Wiener Philharmoniker
Direttrice Joana Mallwitz
Maestro del coro Jörn Hinnerk Andresen
Regia Lydia Steier
Scene Katharina Schlipf
Costumi Ursula Kudrna
Luci Olaf Freese
Video Momme Hinrichs
Drammaturgia Ina KarrMaurice Lenhard

Salisburgo, Haus für Mozart, 6 agosto 2022

Fonte: Connessi all’Opera- autore: Stefano Balbiani.

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