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LA NASCITA DELL’ANESTESIA: HORACE WELLS E IL PESO DEL FALLIMENTO.

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La ricerca storica del primo medico, o dei primi medici, ad aver ottenuto la vittoria sul dolore non è semplice, in quanto molti personaggi diversi sono implicati. Fondamentalmente, come tutte le nuove scoperte, difficilmente si può trovare un unico padre, ma tutta una serie di studiosi che si approcciarono all’argomento, aggiungendo ognuno il proprio piccolo pezzetto.
Il problema per quanto riguarda il riconoscimento del vero padre dell’anestesia, si aggrava del fatto che una scoperta all’epoca rivoluzionaria, si prestava alla possibilità di enormi guadagni economici, non solo accademici; pertanto questa storia, iniziata con la scoperta di alcune sostanze, proseguita con applicazione di una di esse, da parte di Crawford Long, il quale però non pubblicò per tempo i suoi risultati, ha come protagonisti altri due attori, le cui vicende sono intrecciate. L’articolo presente parlerà di uno di questi, Horace Wells, l’ultimo protagonista sarà invece l’argomento del prossimo articolo.
Horace Wells nacque nel 1815 in una città del Vermont, negli Stati Uniti; egli iniziò la sua carriera come dentista, in un periodo in cui l’odontoiatria era agli albori: questo ebbe conseguenze sulla sua preparazione che fu molto pratica, più che teorica. Le cronache riportano una strana dicotomia nella vita professionale di Wells, il quale da un lato era molto apprezzato, oltre che ben considerato, dall’altra mostrava
comportamenti imbarazzanti, tanto che spesso, dopo un intervento odontoiatrico particolarmente complesso viveva delle fasi di angoscia tale da smettere di lavorare per settimane, meditando di abbandonare la professione.
Nel dicembre del 1844, egli si trovò ad assistere ad uno spettacolo circense, nel quale veniva somministrato a dei volontari del protossido di azoto, noto allora come gas esilarante, al fine di provocare uno stato simile all’ebrezza. Wells notò che uno di questi volontari dopo essersi ferito vistosamente ad una gamba, continuò a muoversi come se nulla fosse, come se non provasse alcun dolore; quella osservazione lo portò all’intuizione che quel gas poteva essere utilizzato nel corso degli interventi di chirurgia odontoiatrica per ridurre il dolore dei pazienti. Per non mettere a rischia vita e salute altrui, il dentista iniziò a testare la sostanza su se stesso, chiedendo ad un collega di usarla per estrargli un dente del giudizio: l’operazione fu eseguita perfettamente e Wells si rese conto di non aver sentito dolore; era giunto il momento di rendere pubblica la sua scoperta.
Fu così che egli si rivolse ad un suo amico, dentista anche lui, che aveva tentato gli studi di medicina senza successo e che lavorava in quel momento al Massachusetts Generali Hospital: si trattava di William Green Morton, l’ultimo protagonista di questa storia. Grazie alla sua intermediazione Wells fu messo in contatto con un famoso chirurgo, John Collins Warren che gli mise a disposizione la sala grande della scuola medica di Harvard per una manifestazione pubblica; non essendo programmati interventi chirurgici per quel giorno, si chiese un volontario tra il pubblico per una estrazione dentaria. Secondo le fonti, l’uomo che si fece avanti era particolarmente corpulento: per tale motivo la dose somministrata non fu sufficiente e il volontario iniziò a gridare di dolore. Il pubblicò fischiò Wells, additandolo come un imbroglione.
Quel giorno distrusse la vita di Horace Wells: l’ossessione per il fallimento, lo portò a sperimentare, quasi sempre su stesso, nuove sostanze; l’intossicazione che ne seguì, unita al fatto che il suo amico Morton, utilizzando l’etere, avrebbe poi ottenuto il successo che era stato negato a lui, ebbe conseguenze importanti sulla sua salute mentale.
Una notte in preda al delirio gettò dell’acido contro due prostitute a New York, il gesto non ebbe conseguenze sulle due donne, ma il dentista venne arrestato. Dopo qualche giorno di prigionia, chiese il permesso di essere scortato a casa per recuperare il suo rasoio, col quale, dopo aver inalato del cloroformio, per non provare dolore, si recise l’arteria femorale a livello dell’inguine, morendo il 24 gennaio del 1848. Ironico, come solo il destino sa essere.

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