AGI – A tutti è capitato almeno una volta nella vita di copiare un compito in classe. Una pratica deprecabile, certo, ma (entro certi limiti) decisamente diffusa. Purtroppo come spesso accade il mondo digitale offre oggi l’opportunità di replicare su vasta scala quello che fino a prima era relegato ad un singolo episodio. E qui insorgono i veri problemi. Al punto dal richiedere l’intervento di ministeri e dipartimenti.
Tutti conoscono ormai ChatGPT, la app di intelligenza artificiale che può scrivere in pochi secondi e senza fatica testi ed elaborati esattamente (o quasi) come una persona in carne ed ossa. Una abilità definita “spaventosa” anche da profeti dell’innovazione e del progresso come Elon Musk.
E visto che giovani e studenti sono decisamente a loro agio con app e tecnologia in molti hanno deciso di “sperimentare” le sue funzionalità anche per i compiti in classe. Al punto che il dipartimento dell’Istruzione di New York si è trovato costretto a vietare l’uso della app. E che c’è già chi profetizza la morte dei compiti scritti.
“Siamo d’accordo sul fatto che l’uso dei sistemi di IA possa essere applicato in tutti aspetti dell’attività scolastica ovvero l’insegnamento, l’apprendimento e la valutazione, ma soprattutto i risultati degli studenti ma si tratta di uno strumento che, in quanto tale, va governato – ha spiegato all’AGI Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi – ciò vuol dire che occorre essere consapevoli delle opportunità così come dei rischi connessi al loro uso. La sfida è affascinante e la scuola del presente e del futuro non può non tenerne conto”.
“Se si va a vedere le statistiche si capisce con che rapidità si sta diffondendo questo strumento – ha spiegato all’AGI Francesco Greco, presidente dell’Associazione Nazionale Docenti – a confronto app come TikTok si sono diffuse lentamente quindi penso che non ci vorrà moto perché diventi un problema serio. La questione dovrà essere affrontata al più presto da ogni punto di vista. Quello degli studenti ma anche quello dei docenti: quanto ci vorrà prima di ipotizzare che almeno delle parti di lezione vengano demandate all’intelligenza artificiale?”.
E’ vero che iniziano a diffondersi i primi software in grado di analizzare i testi scritti e di capire, con un buon margine di approssimazione, se si tratta della produzione di una intelligenza artificiale o di un vero e proprio cervello, ma è altrettanto vero che non ci si può aspettare che un insegnante passi allo “scanner” ogni singolo elaborato. Tutte armi spuntate, secondo gli studenti, se messe nelle mani di una scuola troppo datata per difendersi da minacce così moderne.
“Se ne parla molto tra studenti ma non credo venga usato da tanti. Il problema è più radicale però. Il metodo in cui si viene valutati a scuola è un metodo del secolo scorso e non tiene in considerazione una infinità di questioni – ha spiegato all’AGI Paolo Notarnicola, coordinatore della Rete degli Studenti Medi – ovvio che se valuti gli studenti con un criterio di performance asettico l’intelligenza artificiale può essere usata, lo stesso sistema di valutazione va rivisto e adattati ai tempi. Basterebbe valutare gli studenti sulla base della capacità di riflettere, rielaborare e padroneggiare un concetto o una materia e tutto sarebbe risolto”.