“Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota”, non ci sarebbe nulla da aggiungere alle parole di Lucio Dalla nel ricordare, come ogni primo maggio, Ayrton Senna. Doveva essere un giorno di festa, una domenica in cui rilassarsi e godersi la propria passione, la Formula 1, guardando i propri idoli; chi era diventato il più grande di sempre e chi lo sarebbe diventato da li a circa un decennio di distanza. Quel 1 maggio 1994 Ayrton e Michael erano in pista, vicini fin dal venerdì spaventati per l’incidente di Barrichello, che negli anni successivi con il tedesco fomerà una delle più iconiche coppie della storia della Formula 1; vicini al sabato in lacrime quando Roland Ratzenberger non terminò quella curva del Tamburello; e vicini la domenica mattina, sulle prime due piazzole della prima fila di Imola, Senna al primo posto, Schumacher al secondo.
Non è più la stessa strada
La morte di Ratzenberger aveva già trasformato il 1 maggio 1994 in una domenica di lacrime, in una domenica che nessuno tra piloti, appassionati o semplicemente interessati al mondo della Formula 1 avrebbe mai dimenticato. Al terzo posto sulla griglia di partenza c’era Gerhard Berger, austriaco come Roland che mai avrebbe pensato di dover aggiungere altre ferite nel suo cuore così profonde scaturite proprio da quella curva del Tamburello. Una curva dove anche lui ha rischiato e ne ha testato la crudeltà nel 1989. Vicinissimo nell’inseguimento a Patrese nel corso dei primi giri cercava di imitarne le traiettorie, fino a quel tragico momento; le telecamere internazionali stavano inquadrando proprio quella battaglia e la Ferrari di Gerhard non seguì la linea del Tamburello andando dritta, ad oltre 200km/h senza sterzare e senza frenare. La vettura seguì il muro che delimitava l’autodromo fino a fermarsi, fino a dare l’impressione, per meno di un momento di aver evitato le conseguenze peggiori. Invece, perdendo la dinamicità, la benzina che era fuoriuscita nel terribile impatto avvampò e con un lampo avvolse la Ferrari, o quel che ne rimaneva, tra le fiamme. Berger venne salvato dai tempestivi interventi medici e potè ricordare quel 1989, potè ricordare il suo viaggio di ritorno dall’inferno del Tamburello, cosa che non è accaduta 5 anni dopo ad Ayrton.
“Corro veloce per la mia strada, anche se non è più la stessa strada” Lucio Dalla continua il suo racconto, bisogna fermarsi per assimilare il significato delle parole del cantautore. Senna aveva abbassato la visiera ed era pronto allo scatto, pronto a reagire allo spegnimento dei semafori, vicino al suo ormai decretato erede Michael e con la bandiera austriaca del suo collega Roland scomparso il giorno prima stretta tra le mani e ben salda nell’abitacolo. Fatica ad iniziare il Gp di San Marino 1994, anche se tutti noi vorremmo che non fosse mai partito; anche al via l’incidente che coinvolge JJ Lehto e Pedro Lamy fa temere il peggio, i piloti restano illesi, ma ad essere coinvolti sono gli spettatori colpiti dai detriti e uno di loro rimase in coma per alcuni giorni. Alla ripartenza Ayrton corre e segue quella strada, quella che lo ha portato a vincere e trionfare in 41 gran premi e a vincere 3 titoli mondiali, una strada che ha percorso alla massima velocità fino alle ore 14.17 del 1 maggio 1994.
Il potere di far tornare indietro il mondo
“Ho capito che Dio mi aveva dato il potere di far tornare indietro il mondo, rimbalzando nella curva insieme a me, mi ha detto chiudi gli occhi e riposa e io ho chiuso gli occhi…” rimangono sospese le parole che Lucio Dalla sembra far proferire all’anima di Ayrton che quel giorno di Maggio fu più sfortunato di Berger. Senna rimbalzò alla curva del Tamburello insieme alla sua McLaren intrappolato nei resti del mezzo che lo ha messo sull’altra strada, quella che continua a percorrere a tutta velocità, ma dove “non ci sono piloti, non ci sono bandiere”. Bandiere come quella austriaca estratta nella distrazione generale, dai resti della McLaren: una bandiera in onore di Roland Ratzenberger che Ayrton avrebbe voluto sventolare in caso di vittoria, è stata invece rinvenuta dopo l’elitrasporto del pilota all’Ospedale Maggiore di Bologna, è stata rinvenuta intrisa del sangue perso dal Campione brasiliano.
A novembre la stagione si concludeva, con le lacrime sospese i piloti terminavano il tragico campionato. Michael Schumacher in Australia all’ultimo gran premio chiuse una traiettoria a Damon Hill trascinando il rivale del mondiale al ritiro e quindi aggiudicandosi il suo primo titolo: una dinamica che ricorda i contatti tra Senna e Prost degli anni precedenti. Mesi dopo quel 1 maggio in cui il capo di Schumi, come quello di tutto il mondo sportivo, era chino, il 13 novembre 1994 Michael vinceva il mondiale e dedicava propio al predecessore brasiliano il successo perché come diceva Soren Kirkegaard: “In primavera si guarda la terra, in autunno si guarda il cielo”. Quel giorno di primavera Ayrton ha lasciato la Formula 1, lui che affermava di volersi fermare solamente “quando mi mancherà un centesimo di secondo rispetto al giorno prima” e possiamo essere certi che quel centesimo non sarebbe mancato ancora a lungo. Le gesta di Senna resteranno sempre nella memoria sportiva e nei libri di storia, quei successi che gli hanno permesso di superare i confini del sogno e di spingersi oltre la concezione umana del rischio, di oltrepassare un confine che anche Edgar Allan Poe non pensava superabile quando affermava: “Siamo destinati per sempre a stare in equilibrio sul confine dell’eternità, senza il tuffo definitivo nell’abisso”.
Senna è stato un mito per la mia generazione. E, sotto altri profili ovviamente, anche Lucio Dalla.
L’articolo ti proietta in un mondo pieno di passioni, ricreandone l’atmosfera. Molta nostalgia, molta dolcezza.
Buon primo maggio.
Una ricostruzione emozionante, in cui emerge tutto il dramma di quei momenti. Un pizzico di nostalgia e commozione da parte di chi quei momenti li ricorda direttamente per ragioni anagrafiche… Complimenti, un ottimo articolo.