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Il Green Deal è a rischio frenata a causa di veti incrociati e elezioni Europee | Lo scenario.

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L’allarme è scattato la scorsa settimana quando, davanti agli industriali francesi, Emmanuel Macron ha parlato dell’opportunità di una “pausa legislativa” al Green Deal. Le sue parole non sono passate inosservate. Anche perché, a pronunciarle, è stato uno dei massimi fautori del pacchetto ambientalista targato Ursula von der Leyen. La Commissione, a caldo, ha ostentato tranquillità.

Ma, nei palazzi brussellesi, comincia a circolare più di un timore. Il rush finale del Green Deal è in pericolo. E ad aumentare la sua fragilità non c’è solo il voto delle Europee – sarà tra il 6 e 9 giugno – ma anche lo scontro, neanche più tanto sottotraccia, tra Francia e Germania sul nucleare.

Alla Riunione dei Rappresentanti Permanenti Aggiunti (Coreper I) che si è tenuta a Bruxelles prima del lungo ponte dell’Ascensione lo scontro franco-tedesco è emerso in un duplice veto. Parigi, che guida i Paesi ‘nuclearisti’, ha bloccato il via libera alla direttiva sulle energie rinnovabili, sostenendo che serva maggiore spazio legislativo (e quindi economico) alle energie a basso contenuto di carbonio di origine nucleare. Posizione che, non a caso, è stata espressa a 24 ore dalla riunione dei 12 Paesi pro-atomo convocata dalla Francia, con l’Italia presente in qualità di osservatore. La presidenza svedese, di fronte al blitz transalpino, ha dovuto rinviare la discussione.

Ma a farne le spese, nel frattempo, è stato il regolamento sugli aerei green, il cosiddetto Refuel Eu, che introduce biocarburanti, carburanti a contenuto di carbonio riciclato e carburanti sintetici nelle miscele del kerosene dei velivoli.

Berlino, che guida gli anti-nuclearisti, ha sostenuto che, senza l’ok alla direttiva rinnovabili non è possibile dare luce verde neppure al regolamento sugli aerei ‘puliti’.

Lo stallo è dietro l’angolo. E, intanto, la corsa del Fit for 55 potrebbe rallentare anche in Commissione, portando al mese di luglio alcune misure che sono ancora da varare come quelle sul consumo del suolo o sulla produzione di piante genomiche.

L’Italia, per ora, si muove in un’area intermedia. L’interesse per il nucleare di ultima generazione è consolidato ma, ad esempio, sulla direttiva rinnovabili la posizione di Roma è stata in linea con quella della presidenza svedese.

L’attacco al Green Deal, tuttavia, è di portata più ampia.

Viene, ad esempio, dai Popolari, sebbene von der Leyen sia membro proprio del Ppe. Si estende al dossier dei pesticidi e a quello del packaging, sui quali l’Italia è in trincea. Ed è un attacco che, con la campagna per le Europee, potrebbe crescere ulteriormente, soprattutto da parte delle destre.

“Le Europee sono un’occasione per una nuova maggioranza in Ue”, ha auspicato il meloniano Nicola Procaccini, che co-presiede il gruppo Rcr con i polacchi del Pis.

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