di Giovanni Galluccio (*)
IQ. 24/04/2013 – Caro Enrico, nel ringrazianti per l’attenzione che hai sempre dedicato alle generazioni future, che, anche in Trentino, dovranno tornare a emigrare, alla ricerca di nuove opportunità di crescita, culturale, personale ed occupazionale, ti segnalo un modello di lavoro, socialmente utile, che potrebbe essere replicato, su scala nazionale, ricercando le modalità economicamente sostenibili, per ogni territorio della nostra nazione, isole comprese. Un paradigma, si badi, che appartiene al passato e non replicabile tout court.
Questo modello, che appartiene al passato, è stato il cosiddetto “Progettone”, istituito grazie a una legge provinciale, la 32/90, dalla Provincia Autonoma di Trento, e che ha garantito, per oltre vent’anni, la possibilità di gestire le crisi, aziendali ed occupazionali, latu sensu, garantendo la ricollocazione di diverse decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori, tutte ultra quarantacinquenni, e tutti ultra cinquantenni, che, al momento del licenziamento o delle chiusure di alcune grandi fabbriche manifatturiere, del passato, trovavano, al termine del percorso di mobilità, nazionale o territoriale, un’occupazione, sostanzialmente stabile, che, pur ricorrendo a forme di stagionalità negoziale, grazie alla copertura della CISOA INPS, metteva al riparo la continuità reddituale, anche nei territori montani, fra i più remoti e svantaggiati. Da Riva del Garda a Borgo Valsugana, da Borghetto d’Avio a Roverè della Luna e San Michele all’Adige.
L’UNCEM ha sempre dedicato grossa attenzione al sistema trentino di Governo del lavoro, dalla cabina di regia, per il lavoro forestale, al sistema di lavoro socialmente utile, che, oltre che con il Progettone, che attualmente impiega 1.300 cittadini residenti in Trentino, interveniva con una serie di Azioni mirate, da parte dell’Agenzia del Lavoro, adesso sostanzialmente riassumibili in un asse d’intervento prioritario, l’Intervento 19, cofinanziato, generosamente, dal FSE, che occupa oltre 1.500 persone, cercando di garantir loro un lavoro stagionale, di almeno cinque mesi annui, e, con ciò di attingere al sistema della disoccupazione speciale, agricola, e dei nuovi sistemi di Assicurazione sociale, che hanno sostituito le vecchie disoccupazioni ordinarie ed a requisiti ridotti.
Questo sistema rischia oggi il collasso, e, se è vero che in Italia si perdono 2.000 posti di lavoro, al giorno, e che, in 150 giorni, rischiamo di raggiungere livelli di disoccupazione ante prima grande guerra, e, purtroppo, da Germania ante avvento del nazional socialismo, il sistema trentino rischia “soltanto” di uscire dall’Europa, Europa cui ha sempre cercato di appartenere, ricercando criteri che garantivano tassi di inoccupazione, stabilizzati, ed assimilabili alla fascia alta delle nazioni nord europee.
Dietro quel “soltanto” si nasconde un potenziale dramma, fra gli altri, quello che, col 2014, si esaurisca l’asse d’intervento del FSE sul territorio montano “svantaggiato” del Trentino, tutto.
Con questo ti invito a far pressing, ovunque in Italia, perché non si celino dietro interessi meramente pre-elettorali, imbarazzati silenzi istituzionali, che, anche in Trentino, fanno fatica a riconoscere, e ad avviare, un pubblico, e laico, dibattito sull’emergenza lavoro, dove industrie, imprese artigiane, sistema cooperativo, sistema del lavoro agricolo, agro-pastorale, sistema del lavoro idraulico forestale, lavoro socialmente utile, garantiscono, e potrebbero garantire ancor meglio in futuro, il Governo di un territorio che, patrimonio dell’umanità, rischia di diventare un simulacro del bel paese che abbiamo conosciuto, apprezzato, difeso ed esportato, nel mondo intero.
Se in Trentino la perdita di oltre 1.500 posti di lavoro socialmente utile, in coincidenza con il capodanno 2015 può sembrare eclatante, e, per questo, si fa fatica a parlarne, anche mediaticamente, sui tavoli competenti, sostanzialmente inesistenti, ben altre sono le emergenze, che, in forma ormai emorragica, colpiscono altri territori, dove le vite di alcuni lavoratori, e imprenditori, sono state spezzate dalla disperazione e la nuova resistenza si chiama sopravvivenza sulla soglia dell’indigenza.
La morsa creditizia in cui il sistema Italia è costretto, rende omaggio a uno stile di Governo, che più che tecnico è sembrato professorale, nella supponenza, ed evidente, quanto arrogante, nei suoi esiti catastrofici attuali.
Ci auguriamo che il 25 aprile riporti spirito d’appartenenza ad una comunità che rischia di sfracellarsi dietro le logiche dell’egoismo socialmente condiviso, o la retorica stentorea della riforma “in senso federalista” degli ammortizzatori sociali.
Buon lavoro, Enrico. Un giorno vedrò futuro anche per mia figlia, nata in un ex isoletta felice come il Trentino, cinque anni addietro, da due isolani, convintamente autonomi, mai tentati dalle sirene dell’autonomismo.
Una donna sarda, migrata per studiare, ed un uomo siciliano, che hanno avuto in dono, da madre natura, una figlia triplicemente temprata alla ricerca, prematura, di autonomia, per se stessa, ed il diritto di scegliersi il proprio futuro, quello che vedrà, anche quando noi non ci saremo, o non potremo essere al suo fianco.
Buon lavoro Presidente, e buon 25 aprile alle italiane ed agli italiani tutti.
(*) Cittadino mazziniano