Decisi nell’affermare la loro volontà di ottenere il riconoscimento dei diritti individuali, ad oggi negati, i caregiver familiari si sono dati appuntamento lunedì 29 maggio a Roma nella Sala Matteotti del Palazzo Theodoli Bianchelli, presso la Camera dei Deputati, per ragionare intorno ai temi dell’assenza dei diritti individuali di base e sui doveri imposti loro dall’attuale ordinamento.
I numerosi partecipanti al Convegno, espressione delle realtà territoriali locali e nazionali, giuristi e politici appartenenti ai diversi schieramenti sono stati coordinati dalle promotrici Sofia Donato, portavoce nazionale del Collettivo ‘Caregiver Familiari Comma 255’ e dall’Avv. Maria Limongi, Direttore della rivista ‘Lessico di diritto di famiglia’.
Patrocinato dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei Deputati, il Convegno ha avuto lo scopo di riflettere sull’importanza di far approvare quanto prima possibile la legge quadro per il riconoscimento della figura del caregiver familiare.
Presenti a distanza durante la sessione antimeridiana, Alessandra Locatelli ed Eugenia Maria Roccella, rispettivamente Ministra per le Disabilità e Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità sono state affiancate dai deputati Paolo Ciani, Chiara Colosimo e Marco Furfaro con l’intento, manifestato dalle proponenti, di coinvolgere le istituzioni nazionali nel riconoscimento dei loro diritti.
Richiamando la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e la Legge 227 del 2021, che assegna la delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di disabilità, la Ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli ha auspicato, durante il suo intervento, la ripresa dei lavori parlamentari e la definizione del percorso di assegnazione delle tutele per i caregiver familiari, in attesa da tempo.
Il Convegno ‘Il Caregiver Familiare non è la Persona con Disabilità: una nuova prospettiva’ è nato con l’intento di favorire un importante cambiamento culturale che, per volontà delle proponenti, si caratterizza per le molteplici azioni interpersonali e trasversali attuate, prive di pregiudizi di parte e perciò suscettibili di ottenere un ampio coinvolgimento sociale.
Il Caregiver familiare e il mancato riconoscimento giuridico
Prendersi cura di un congiunto con disabilità o con difficoltà psico-fisiche complesse, presente nell’ambito familiare più stretto, significa occuparsi quotidianamente dei molteplici aspetti che afferiscono alla sfera individuale e relazionale della persona quando l’espressione dell’autodeterminazione della stessa richiede continui sostegni.
Il caregiver familiare è dunque colei o colui che assiste in forma continuativa e totalizzante, con responsabilità e dedizione, le necessità fisiche, psicologiche e relazionali espresse dal familiare convivente, spesso con modalità non convenzionali a causa dell’assenza o della perdita della capacità di individuare ed esprimere i propri bisogni, desideri ed esigenze.
Tuttavia, è necessario considerare che l’art. 591 del Codice Penale punisce come reato l’abbandono del congiunto convivente incapace, in questo modo obbligando di fatto il caregiver familiare all’assistenza indipendentemente dalla sua volontà.
L’azione di sostegno al congiunto, come più sopra espressa, comporta per sua natura una fatica fisica e un impegno psicologico senza confini temporali tali da rendere oneroso l’intervento quotidiano protratto negli anni. Trascurare interessi personali e rinunciare al proprio lavoro dipendente o alla propria attività professionale pesano sul caregiver familiare che, in assenza di diritti soggettivi inalienabili riconosciuti ad ogni essere umano, si priva dello sviluppo della propria individualità, del riposo e di una salutare vita sociale extra familiare.
L’assenza di volontarietà comporta per il caregiver familiare la necessità di ottenere un assetto giuridico nazionale ad oggi mancante e il diritto al riconoscimento, al pari di altri, del suo status e della sua dignità di cittadina o di cittadino. Purtroppo non esiste ancora una norma che identifichi le tutele e le agevolazioni per chi si prende cura, a tempo pieno, di un familiare con disabilità tanto che il collettivo ‘Caregiver Familiari Comma 255’ si adopera in tutte le forme possibili per il riconoscimento di un sistema integrato di indennità economiche e tutele che lo riportino alla dignità di cittadino.
Nonostante i tentativi sin qui messi in atto, ad oggi quello dei caregiver familiari è uno degli ambiti in cui risulta più urgente intervenire a livello legislativo per tutelare i circa 8,5 milioni di persone in Italia, per la maggior parte donne, che in una percentuale alta delle situazioni hanno dovuto abbandonare l’attività lavorativa per dedicarsi alla cura a tempo pieno dei loro congiunti conviventi.
Il buco nero della pandemia
Il periodo pandemico, sopraggiunto subito dopo la costituzione del Collettivo nazionale ‘Caregiver Familiare Comma 255’, nato nel febbraio del 2020, ha comportato l’interruzione forzata dei servizi essenziali di assistenza alla persona con disabilità, chiusure generalizzate e abbandono totale dei caregiver familiari e dei loro congiunti da parte delle istituzioni, peraltro senza alcun riconoscimento economico.
La solitudine, sopraggiunta naturale nel lungo periodo di lotta al virus da covid-SARS 2019 ha generato nei caregiver familiari uno stato diffuso di stress che solo in parte ha trovato risposta nella solidarietà a distanza attuata dal gruppo nazionale caregiver familiari comma 255 che, nel mettere insieme esperienze e timori, hanno creato un sodalizio forte e capace di battersi per il riconoscimento dei loro diritti.
Ricordiamo che la figura del caregiver familiare ha avuto un primo riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico nell’articolo 1, comma 255 della Legge 205/2017 (Legge di Bilancio per il 2018), da ciò la denominazione del gruppo.
Caregiver familiare: genitori, coniugi, figli, fratelli
Parliamo soprattutto di genitori caregiver familiari dei propri figli con disabilità intellettivo-relazionali, neuro-diversità e ritardo cognitivo o comunque con compromissioni della sfera cognitiva che richiedono una presenza continua in ragione della loro non-autosufficienza dettata dalla mancata possibilità di autodeterminazione. Ad essi si aggiungono i figli, i coniugi, oppure l’altra parte dell’unione civile e i siblings, ovvero fratelli e sorelle di persone con difficoltà o situazioni loro assimilabili.
Il loro operato, da non confondersi con quello delle figure professionali sanitarie di accudimento e cura, con i badanti o con l’assistente personale si configura all’interno di una sfera ampia di competenze organizzative, decisionali e assistenziali che non possono essere sostituite da altro personale a ciò deputato.
Le testimonianze dirette dei caregiver familiari rimandano in più occasioni a stati di sofferenza personale, difficoltà di gestione delle complesse situazioni di cura, solitudine, difficoltà economiche e stress che spesso comportano l’insorgenza di stati di malessere psico-fisico o malattie vere e proprie.
Ringraziamenti
Con le loro relazioni conclusive, Sonia Ranieri ha sviluppato il tema ‘Caregiver familiare e persone con disabilità: una profonda differenza’; Marco Di Nicolò è intervenuto su quanto previsto dall’Art. 591 del Codice Penale ‘Abbandono di incapace, essere un caregiver familiare è davvero una scelta volontaria?’; Paolo Cendon ha trattato del ‘Rapporto tra la figura del caregiver familiare e l’amministrazione di sostegno’; Serena Mancini ‘Il lavoro e riscatto sociale: inserimento lavorativo e diritto a un’indennità’.
A tutte e tutti e ad Antonio Pelagatti, delegato della vice Ministra alle Politiche Sociali, on. Maria Teresa Bellucci va il nostro speciale ringraziamento per la competenza e la professionalità profuse nel corso dell’intero convegno.