Cala la spesa per la sanità rispetto al Pil.
E le opposizioni vanno subito all’attacco accusando il governo di voler privatizzare l’intero sistema. I dati presentati nelle tabelle tecniche della Nadef mostrano un calo dell’incidenza della spesa sanitaria sul Pil con un passaggio in 5 anni, tra il 2020 e il 2025, dal 7,4% al 6,2%. Numeri che devono comunque tenere conto della forte contrazione che nel 2020 ha registrato la crescita per effetto dell’emergenza Covid. Anche nel medio periodo il quadro non è molto dissimile. Con un orizzonte che guarda dunque al 2036 e presupponendo una crescita media annua del Pil di circa l’1%, la spesa pensionistica è stimata in aumento di quasi due punti rispetto al 2024, arrivando a toccare il 17,3%, mentre per la sanità il segno positivo si ferma a 0,4 punti e per l’istruzione invece c’è addirittura un calo dello 0,3 punti. Quanto basta alle opposizioni per parlare di “gravissimi tagli” e ai governatori per lanciare segnali d’allarme. Giorgia Meloni ha indicato la sanità come una delle “4 grandi priorità della legge di bilancio”, oltre al sostegno dei redditi bassi, alle pensioni, e al capitolo famiglia e natalità.
L’obiettivo dichiarato è “abbassare i tempi delle liste d’attesa”. Alla luce della Nadef, però, sono in arrivo meno dei “3 o 4 miliardi in più” che prima dell’estate il ministro alla Salute Orazio Schillaci definiva “necessari” per “risolvere i problemi”. Al servizio sanitario nazionale potrebbero esserne destinati un paio nella manovra che, preannuncia la Nadef, “finanzierà il rinnovo contrattuale del pubblico impiego, con una particolare attenzione al settore sanitario” e “prevederà stanziamenti, per il triennio 2024- 2026, da destinare al personale del sistema sanitario e per incentivare gli investimenti nel Mezzogiorno”. Dei 31 provvedimenti collegati alla Nadef, uno riguarda la riorganizzazione e potenziamento dell’assistenza territoriale nel Ssn e dell’assistenza ospedaliera, e uno è la delega in materia di riordino delle professioni sanitarie e degli enti vigilati dal Ministero della salute. Il governo, poi, conta sul Pnrr, in cui “c’è un finanziamento di oltre 15 miliardi”, ha ricordato più volte la premier, che a marzo nel decreto bollette rivendicava uno stanziamento da “oltre un miliardo per limitare l’impatto del payback e per rafforzare i pronto soccorso”.
Da anni l’Italia è sotto la media Ocse e Ue, che si assesta al 7,1% del Pil destinato alla spesa sanitaria. A legislazione vigente è prevista una diminuzione, da 134,7 miliardi nel 2023 (6,6%) a 132,9 nel 2024 (6,2%). “Senza un repentino aumento del fondo nazionale per la sanità pubblica di almeno 4 miliardi di euro, la nostra sanità, fiore all’occhiello del nostro impianto sociale e politico, rischia seriamente il default”, ha denunciato il governatore della Puglia e vicepresidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Michele Emiliano. Per il Pd l’esecutivo ha fatto una “scelta politica precisa di disinvestimento e privatizzazione della sanità pubblica”. “La risposta del governo è tagliare ancora fondi – attacca Elly Schlein -: un atteggiamento gravissimo e incomprensibile che non faremo passare sotto silenzio”. La manovra, secondo il M5s, “minerà le fondamenta” del sistema sanitario. E Carlo Calenda, leader di Azione, rilancia il lavoro con le altre opposizioni, “interrotto per ragioni a noi sconosciute”, “sul piano sanità per la legge di bilancio”. Dal suo partito, Isabella De Monte esorta anche il governo a “chiedere di riaprire i termini per accedere al Mes sanitario. Sono 37 miliardi di cui il Paese ha urgente bisogno”. L’altro Mes, il fondo ‘salva Stati’, tornerà in Aula alla Camera a novembre per una ratifica su cui la maggioranza non sembra aver fretta.