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Prova del nove superata: Sinner campione a Pechino.

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Il 16 agosto 2008, sull’Olympic Green Tennis Centre di Pechino, il solenne inno russo risuonava con tre bandiere della federazione sullo sfondo. In Cina si stava celebrando la tripletta olimpica di Elena Dementeva, Dinara Safina e Vera Zvonareva. Chissà se dall’altra parte del mondo, un bambino di nome Jannik Sinner che proprio quel giorno compiva sette anni stava guardando quella partita in televisione. Probabilmente no, perché Jannik a quei tempi non aveva ancora immaginato la sua strada da campione della racchetta; sapeva benissimo che sarebbe diventato un vincente, ma il futuro gli prospettava una carriera trionfale nello sci e non nel tennis. Se come Herbert George Wells ed Emmett Brown dovessimo ipotizzare un viaggio nel tempo, spostando avanti le lancette di quindici anni e pochi mesi, vedremo ancora un russo su quello stesso campo, ma questa volta nelle vesti dello sconfitto. Jannik Sinner è stato il più forte e lo ha sconfitto proprio li dove la Russia ha scritto un importante pezzo della sua storia tennistica nazionale.

Jannik Sinner campione a Pechino

Sinner campione a Pechino, la prova del nove

Jannik Sinner ad Agosto aveva vinto il suo primo Masters 1000, ma il successo di Pechino vale anche di più. Non in termini di punti – in Cina si tratta solo di un 500-, bensì per livello di gioco, suo e degli avversari il torneo di Toronto impallidisce in confronto a quello cinese. Evans, Nishioka, ma soprattuto Dimitrov, Alcaraz e Medvedev, cinque vittorie da dominatore, il China Open è diventato il capolavoro della carriera, Jannik ha dipinto la sua Gioconda. Dopo aver superato Alcaraz, portando il confronto diretto sul 4-3 in suo favore (se non si considera un lontano Challenger ad Alicante), il giovane altoatesino ha sconfitto anche Daniil Medvedev: Davide ha sconfitto il suo Golia, un gigante che era stato un tabu in tutti i sei confronti precedenti. La vittoria contro il russo significa che adesso, tra i primi 10 del mondo restano imbattuti negli H2H con la Volpe Rossa solamene Djokovic e Rune, anche se attualmente è complicata pensare al danese stabilmente in top ten.

La vittoria di Toronto, che poi non ha dato continuità ne a Cincinnati (sconfitta al primo turno con Lajovic), ne a US Open (ottavi con Zverev), giungeva senza mai sconfiggere un top ten, con il ritiro di Murray e con tanta sofferenza contro Monfils. Sinner era chiamato a dimostrare ancora qualcosa, a vincere di più e confermare la sua posizione in classifica se non a migliorarla; quello canadese è stato l’ottavo titolo della carriera che gli ha subito posto di fronte una prova del nove. Con il ritorno dello swing asiatico ora si può dire che il test è stato superato a pieni voti, nove titoli e una quarta posizione in classifica mondiale che è una citazione al Panatta dei tempi migliori, per dirla con i Led Zeppelin adesso Sinner sta personificando il “riflesso vivente di un sogno”.

Jannik Sinner campione a Toronto

Alcaraz e Medvedev, ora non lo batte nessuno

Dopo questo torneo è impossibile non guardare in avanti, anche oltre quella quarta posizione nel ranking. Il prossimo step è Nicola Pietrangeli che all’alba della storia del tennis contemporaneo salì sul terzo gradino del podio. A Pechino intanto ha sconfitto due ex numeri 1 al mondo e lo ha fatto quasi senza ai soffrire. L’inizio della semifinale non è stato dei migliori, Alcaraz si era messo davanti da subito e sembrava aver iniziato la partita con un ritmo insostenibile, ma poi si è inceppato. “Per indurre il nemico a muovere gli si deve prospettare un vantaggio; per scoraggialo, fargli temere un danno”, quante volte gli insegnamenti di Sun Tzu sono stati parafrasati nelle manifestazioni sportive, è quel che è successo a Jannik contro Alcaraz. Il murciano dopo aver ottenuto un vantaggio iniziale ha provato ad affondare il colpo e risolvere rapidemente la pratica, subendo poi il recupero di Sinner (dalla palla del possibile 3-0 con doppio break al 2-2) è crollato su se stesso perdendo ogni sicurezza, temendo appunto di subire un “danno” ha perso il controllo dei nervi (calciando la pallina con il piede nelle fasi finali del secondo set) e con essi la partita. La Volpe Rossa non è la prima volta che batte Alcaraz, ma l’impietoso testa a testa con il finalista Medvedev rischiava di riaprire il tunnel di fantasmi che richiamava le sconfitte di Miami, Rotterdam e via dicendo. Invece questa volta Jan ha gettato la chiave di quei brutti ricordi, lasciandoli questa volta lontani dal campo di gioco e ha vinto concedendo grandi meriti all’avversario (31 prime di servizio consecutive), sbagliando lui stesso soprattuto con lo smash, ma incantando con un tennis sublime capace di conciliare errori e prodezze in un unico risultato: il nono successo della carriera.

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