Joe Biden sente gli alleati europei e assume la guida anche in questo secondo fronte di guerra alle porte dell’Europa aperto dagli attacchi di Hamas in Israele. Il vertice in videocollegamento, cui si lavorava da ieri, è a cinque, con Emmanuel Macron, Olaf Scholz, Rishi Sunak e Giorgia Meloni. Ad annunciarlo, durante i loro colloqui bilaterali ad Amburgo, sono stati il presidente francese e il cancelliere tedesco, che hanno anticipato la linea di tutti: “Francia e Germania sono fermamente al fianco di Israele”, ha assicurato Scholz, ammonendo che “non bisogna permettere che il conflitto diventi una conflagrazione nella regione” e che qualcuno “alimenti ulteriormente il terrore in questa situazione”. “Il terrore non vincerà, l’odio non trionferà”, gli ha fatto eco Macron, aggiungendo che Parigi è con Israele “in questo tragico momento” e che “la lotta al terrore è una causa comune”.
Poi è arrivata la Casa Bianca, spiegando che Biden ha ordinato al suo team per la sicurezza nazionale di coordinarsi con i partner regionali per mettere in guardia chiunque cerchi di trarre vantaggio dalla situazione. Nel frattempo Meloni si era attivata telefonando al primo ministro libanese Najib Mikati e riaffermando “la volontà dell’Italia di continuare in questo delicato frangente a contribuire alla sicurezza e alla stabilità del Libano”, dove Roma ha guidato per quattro volte la missione di pace Onu Unifil.
Biden si è visto arrivare con un anno di anticipo l’October surprise, l’evento a sorpresa che può cambiare l’esito delle elezioni americane del mese successivo. Già alle prese con le prime crepe (interne ed esterne) nel sostegno a Kiev, il commander in chief è stato completamente spiazzato dall’attacco di Hamas a Israele e dalla conseguente apertura di un secondo fronte di guerra che rischia di oscurare il primo. Con l’aggravante in questo caso di almeno nove morti e un numero ancora imprecisato di ostaggi americani (come nella crisi con l’Iran di fine anni ’80 che costò la presidenza a Jimmy Carter), gli interrogativi aperti sul fallimento dell’intelligence statunitense (insieme a quella alleata israeliana) e lo spettro dei ‘boots on the ground’, ossia le truppe sul terreno sinora evitate in Ucraina dopo il caotico ritiro di quelle in Afghanistan. Oltre al congelamento di quell’imminente storico accordo di pace tra Israele e l’Arabia Saudita che doveva essere il più grande successo diplomatico di Biden prima del voto e che probabilmente più di qualcuno vuole sabotare, dalla Russia all’Iran, come ha lasciato intendere il segretario di stato Antony Blinken.
Sul fronte interno inoltre l’inquilino della Casa Bianca deve fare i conti sia con un manipolo di dem liberal, pronti a condannare Hamas ma non i cortei filo palestinesi, sia con i repubblicani, che lo accusano di aver liberato cinque ostaggi americani sbloccando 6 miliardi i dollari che l’Iran avrebbe utilizzato per sostenere gli attacchi di Hamas. Per questo Biden è costretto a mostrare pieno e incondizionato sostegno al premier Benyamin Netanyahu, dopo averlo criticato per la sua controversa riforma della giustizia. E a gonfiare i muscoli con l’invio di materiale bellico a Israele, nonché col dispiegamento di sei navi da guerra al largo del Paese alleato e il rafforzamento degli squadroni di jet basati nell’area: una mossa di deterrenza contro l’escalation del conflitto ma l’avvicinamento delle forze Usa servirà anche ad accelerare la risposta nel caso Washington decida di attaccare obiettivi nella regione o lanciare operazioni, comprese quelle per salvare ostaggi americani.
Il timore alla Casa Bianca è quello di un allargamento del conflitto che potrebbe coinvolgere direttamente gli Usa, dalla Cisgiordania ai nuovi fronti contro Israele che le milizie filo iraniane minacciano di aprire in Siria e Libano. L’obiettivo principale quindi è quello di “contenerlo a Gaza, per quanto terribile sia la situazione lì”, spiega una fonte dell’amministrazione americana. Ecco quindi i moniti di Biden contro i nemici di Israele, a partire dall’Iran, a non sfruttare questi attacchi per trarne vantaggio. E la girandola di telefonate del suo team per la sicurezza nazionale per mantenere allineati a difesa di Israele partner e alleati, dall’Europa al Medio Oriente. Ma finora l’azione diplomatica non ha prodotto una condanna totale di Hamas da parte degli Stati arabi raggiunti da Washington. Dopo che Blinken ha parlato sabato sera con Faisal bin Farhan bin Abdullah, la dichiarazione del ministro degli Esteri saudita si è fermata prima di mettere in croce Hamas, limitandosi a dire che Riad è contro gli attacchi ai civili.