IQ. 13/05/2013 – Fra qualche giorno sarà tempo di mare e di vacanze. Ma lo sarà per tutti? Lasciando da parte, per un attimo, la crisi e il problema economico, per i disabili andare al mare e in vacanza non è così semplice. E’ vero che alcune spiagge si sono attrezzate con pedane e sedie Job (una sorta di sdraio con le ruote larghe che consente a chi ha difficoltà motorie di spostarsi sulla sabbia) ma questo non rende gli stabilimenti accessibili. Innanzitutto, bisogna sempre essere accompagnati perché l’idea del disabile che come un normale cittadino se ne va al mare non è contemplata.
Perché una sedia o una passerella non sono sufficienti a trasformare uno stabilimento balneare in una struttura accessibile. Nonostante l’articolo 23 della legge del 5 febbraio 1992 preveda una multa e la chiusura da uno a sei mesi dell’esercizio pubblico che discrimini una persona con disabilità, le spiagge a norma (il decreto ministeriale 236/1989 ne definisce le caratteristiche di accessibilità) sono molto poche in Italia. “I primi interventi che vengono effettuati in uno stabilimento balneare sono l’adozione di passerelle e delle sedie Job”, spiega Max Ulivieri, responsabile di Diversamenteagibile.it. “Certamente il personale che gestisce delle spiagge accessibili se ha esperienza con la disabilità rende un servizio migliore: ogni tipologia di disabilità ha le sue esigenze”. Eppure offrire un servizio completo ed accessibile migliorerebbe le tasche di imprenditori e proprietari di stabilimenti perché non è poi così piccola la fascia di utenza disabile che richiede vacanze accessibili. Certo le disabilità sono differenti così come l’accessibilità richiesta ma alcuni “accorgimenti” di base sarebbero necessari per ogni tipologia. Rendere uno stabilimento accessibile, pensando ad una pedana percorribile, bagni e docce a norma, un parcheggio nelle vicinanze e un bagnino che all’occorrenza sappia accompagnare in acqua la persona sarebbe già un gran passo in avanti. Scrollarsi di dosso l’idea che i disabili vanno sempre accompagnati e pensare, invece, a stabilimenti a norma dove ci si può andare sia da soli che in compagnia sarebbe una vera rivoluzione culturale e concettuale. Questo significherebbe, infatti, iniziare a pensare ai disabili anche come individui autonomi che possono scegliere in totale libertà se, dove e con chi andare al mare.