L’Australia regala un risveglio rosso. Pur trovandosi agli antipodi l’isola continente sorride all’Italia, ed è da gennaio che l’inno di Mameli risuona per le strade di Melbourne. Prima Jannik Sinner e poi la Ferrari atterrano nella città-giardino e trionfano, contro i pronostici, contro le mille avversità. Quella del Cavallino, a differenza del successo di Sinner, è una vittoria ancora più insperata, ancora più sorprendente: i segnali positivi a Maranello si erano manifestati, ma l’impressione che Verstappen avrebbe dominato anche ad Albert Park era qualcosa di più che concreto.
Carlos Sainz, continuità rossa
Aspettavamo di sentire a tutto volume, anche agli antipodi del mondo, l’inno olandese. Invece, chi ha preferito dormire e ha acceso la tv solo a gara finita si è ritrovato con Carlos Sainz che ha ancora una volta intonato “Smooth Operator” a sei mesi dall’ultima volta. Max Verstappen torna invece ad assaporare il gusto amaro della delusione, un sapore che forse aveva anche dimenticato negli ultimi anni in cui ha lasciato le briciole agli avversari (l’ultimo ritiro risale al 2022, proprio in Australia). Con l’olandese tradito dai freni, che hanno causato anche un’esplosione e un principio di incendio al rientro ai box, si è aperta la competizione per gli altri che di solito sono relegati a disputarsi il secondo posto. Non è mai stato in gara Sergio Perez, eliminate le due Mercedes (problema meccanico per Hamilton e incidente all’ultimo giro per Russell), la vittoria è stata una disputa tra la Ferrari e le McLaren, risolta in favore del Cavallino grazie ad una favorevole strategia ai box. Sainz ha folgorato Max in pista nelle primissime battute del gran premio, Leclerc non lo ha mai attaccato ed è rimasto a distanza di sicurezza dal compagno di squadra. Dietro a Piastri è stato ordinato di lasciar passare Norris, proprio nel gran premio di casa del giovane australiano che continua a dar seguito alla maledizione che non ha mai permesso ad un pilota Aussie di vincere il GP dell’isola-continente. Fernando Alonso ha provato ad ambire al colpo grosso, superando Sainz e cercando di far rispettare le gerarchie iberiche quando il ferrarista aveva appena effettuato il pit stop. Poi l’inferiorità dell’Aston Martin, neanche vicina alla macchina dello scorso anno, si è manifestata e ha relegato il campione delle Asturie all’ottava posizione finale.
Imbarazzante Williams
Protagonista assente della giornata è stato Logan Sargeant. L’americano della Williams non ha neanche partecipato al gran premio d’Australia, ma è merito suo se Alexander Albon ha potuto lottare con Magnussen per conquistare (senza riuscirci) un punto in classifica. Per il thailandese è stato da subito un weekend in salita, e il violento crash del venerdì nelle prove libere lo avrebbe costretto a rinunciare alla gara poiché la Williams non era in grado di aggiustare la macchina per tempo. Il team ha deciso tuttavia di affidare ad Alex l’unica macchina a sua disposizione, quella di Sargeant a cui è stato chiesto di farsi da parte per questo gran premio nonostante l’errore l’avesse commesso Albon. Una sconfitta per tutti, una brutta figura da parte della Williams che è giunta nella città-giardino non pronta a disputare un weekend di gara. Senza il telaio di scorta, invece che responsabilizzare l’ex pilota Red Bull facendogli saltare la gara, gli hanno conferito piena fiducia chiedendo all’americano di farsi da parte, una bocciatura totale per un ragazzo esente da colpe, frutto di una serie di scelte imbarazzanti attuate da una nobile decaduta della Formula 1.