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PogaCapolavoro: 100 km all’attacco, Tadej è campione del mondo.

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Il 5 luglio 1954 Elvis Presley entrando negli studi della Sun Records di Memphis per incidere “That’All Right” non sapeva che in quel momento stava compiendo il primo passo della leggendaria storia del Rock. Allo stesso modo oggi Tadej Pogacar ha portato a termine un’impresa che sarà tramandata ai posteri per decenni, se non per secoli vincendo il titolo mondiale al termine di un’annata che non può essere descritta con altri aggettivi se non “leggendaria”. Come Merckx nel 1974 e Roche nel 1987 lo sloveno completa un tris con Giro d’Italia, Tour de France e maglia iridata, in una stagione che gli ha cucito addosso anche il soprannome di Nuovo Cannibale. Tadej si sta cucendo addosso l’appellativo di nuovo Merckx e non pensiamo di fare un torto a nessuna divinità dello sport con questo paragoni. Alla partenza del mondiale a Winterthur c’era la totalità dei migliori ciclisti del momento, Vingegaard escluso (tanto Pogacar già al Tour ha dimostrato di poterlo distruggere). Remco Evenepoel si presentava con tre medaglie d’oro (due olimpiche e una iridata a cronometro) pronto per la sua leggenda; Van der Poel cercava di difendere il titolo con alle spalle i successi al Fiandre e alla Roubaix, anche quello sarebbe stato un trittico da antologia. Poteva essere un triello western di quelli alla Sergio Leone, Pogacar sapeva bene che i suoi rivali nutrivano le stesse ambizioni e proprio per questo motivo ha agito con tenacia, imprevedibilità e anche con una certa dose di follia perchè attuare una strategia che comprende 100 chilometri di fuga quasi in solitaria non era preventivatile neanche per chi sull’Olimpo del Ciclismo ha già una stabile dimora. Tadej era comunque il principale favorito della gara, ma l’emozione di poter ammirare le gesta di un tale campione sta proprio nella sua capacità di sorprendere anche quando il risultato sembra scontato (per altro in suo favore). Non sarà mai una sorpresa veder trionfare Pogacar, ma assistere ad una fuga di 100 km (51 dei quali da solo) ad una mondiale era qualcosa di impensabile, un colpo da cinema già impresso nella storia dello sport, un Pogacapolavoro.

Tadej Pogacar

Pogacar storia infinita: Giro, Tour e Mondiale

Come la parata del Dibu Martinez su Kolo Muani, come i record mondiali di Duplantis e il doppio oro Jacobs-Tamberi, quella di Pogacar entra di diritto tra le più grandi imprese degli anni 2020. Lo sloveno ha neutralizzato gli outsiders in fuga quando mancavano 100 km all’arrivo. Fino a quel momento infatti, la fuga di giornata si stava facendo minacciosa e l’Olanda (unica assente davanti tra le nazioni favorite) si trovava costretta a chiudere il distacco per rilanciare Van der Poel, il Re detronizzato. Invece, a quel punto è stato Tadej a rompere gli indugi, servendosi dello sforzo di Roglic, non un gregario qualsiasi, ha ripreso i fuggitivi e anche l’altro connazionale Tratnik che gli è stato d’aiuto per sferrare l’attacco decisivo al gruppo di testa. Per un attimo gli resta alla ruota il nostro azzurro Andrea Bagioli e poi a lungo il francese Pavel Sivakov sfiancato ad un ritmo insostenibile fino alla Zurichbergstrasse. Evenepoel e VDP gli recuperano mezzo minuti nell’ultimo giro del circuito, ma sono troppo impegnati ad ostacolarsi a vicenda per costruire un contrattacco all’altezza della Leggenda. Pogacar è risucito dove anche i vari Pantani, Indurain, Coppi avevano fallito. Il Pirata l’anno della doppietta Giro-Tour non partecipò al mondiale in Olanda, lo spagnolo venne beffatto nella sua stagione magica da Bugno alla corsa iridata in casa a Benidorm, e Fausto nel 49 non riuscì ad anticipare l’impresa che poi lo consegnò agli annali nel 1954 a Lugano. Sempre su un arrivo affacciato su di un lago svizzero, il Campionissimo vinse dopo 85 km di fuga di cui 30 in solitaria. Il record assoluto appartiene ancora ad Adorni che ad Imola 1968 fece 90 km in solitaria, ma erano altri tempi, altre ere, altri campioni.

Tadej Pogacar

Siamo entrati nell’Era Pogacar. Tadej è uno di quei campioni in grado definire con il suo nome un intero periodo storico e mai come quest’anno sembra non incontrare rivali all’altezza sulla sua strada. Le sconfitte al Tour contro Vingegaard nel 2022 e 2023 sono ricordi lontani, persino il danese ormai ha dovuto subire la legge del fenomeno di Komenda. Avevamo scoperto il talento del nuovo cannibale nel 2020, nel Tour de France che per sfuggire alla morsa del covid era stato traslato a settembre. La cronometro sulla Planche des Belles Filles, in cui ha rimontato e sconfitto Roglic, è stato il primo squillo del campione, che ha subito chiarito di essere un fenomeno completo in grado di vincere in solitario, in volata e contro il tempo. Non poteva mancare al suo palmares la maglia iridata “Siamo venuti qui per vincere” aveva dichiarato prima della partenza sostenendo di avere molta pressione sulle sue spalle. Quando la fuga rischiava di lasciare nell’anonimato i campioni più attesi Pogacar ha agito di istinto: “A un certo punto la gara stava prendendo una piega che mi stava preoccupando. Non so cosa mi sia passato per la testa ma qualcosa dovevo fare, per fortuna ho attaccato, è stata la scelta giusta”. Sembra quasi che sia lui l’unico a credere di avere dei limiti, per quel che abbiamo visto oggi e nel resto del 2024 i cofini delle imprese di Tadej sono lontani dall’essere scoperti. Dopo Strade Bianche, Vuelta a Catalunya, Liegi-Bastogne-Liegi, Giro d’Italia, Tour de France, Gp di Montreal e Mondiale, lo sloveno sarà in gara ancora in Italia, partendo dalla Tre Valli Varesine e puntando al Lombardia cercando un finale perfetto per una stagione che va oltre i limiti della perfezione. Leggendario Tadej.

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