Voglio tutto e lo voglio ora, lo cantavano i Queen e oggi Tadej Pogacar ha realizzato questa richiesta che Freddy Mercury aveva espresso con il suo formidabile strumento vocale. Lo sloveno lo fa con il suo strumento sportivo, la sua bicicletta che all’arrivo del Lombardia ha alzato al cielo, come a voler distogliere l’attenzione da se stesso e centrarla sulla sua fedele compagna di trionfi, che sono sempre più scontati. Ormai Pogi ha finito le carte per sorprenderci, quando lui è in gara non c’è discussione sul nome del vincitore, gli stessi 255 km da Bergamo a Como attraversati in chiusura della stagione del ciclismo sono diventati una formalità. Un rapido studio del percorso aveva evidenziato come la Colma di Sormano poteva essere il punto ideale per l’attacco decisivo, lo avevamo intuito noi spettatori e figuriamoci se non lo aveva capito anche il fenomeno di Komenda. Detto fatto e quando mancavano 48 km alla conclusione, il gruppo riprende i fuggitivi di giornata e il campione del mondo saluta tutti chiudendo di fatto i ragionamenti per il primo posto. “Sono molto orgoglioso di quello che abbiamo conquistato oggi come squadra. L’inizio è stato molto duro, ma sono contento di aver alzato la bicicletta al cielo sempre qui a Como, non è stato un brutto finale” Tadej ha anche menzionato la scelta obbligata dal rischio di esondazione del Lago, di cambiare la sede storica della linea del traguardo, non più sul lungo Lario Trento, bensì in viale Felice Cavallotti. Proprio la scalata della Colma di Sormano ha rappresentato una novità; prendendola dal versante di Nesso i corridori hanno affrontato al contrario il ponte che nel 2020 spaventò il mondo intero per il volo di Remco Evenepoel. E’ proprio il belga il primo degli umani, distanziato di 3 minuti e 16 secondi al traguardo ha attaccato in discesa dopo la Colma cercando, in un disperato tentativo di ricucire quella distanza dallo sloveno, non ci è riuscito, ma per gli altri è stato ugualmente irraggiungibile. Inziando la salita da 13 km con una pendenza media del 6,4% e massima al 13% il gruppo dei favoriti (anche se ormai bisognerebbe usare il singolare) era attardato di 1’03 dai vari Kelderman (attivo fin dai primissimi chilometri), Rubio, Dunbar, Mohoric, Vansevenant, Molard (che è passato per primo all’iconica salita della Madonna del Ghisallo aggiudicandosi il premio Todisco) e altri tra i quali non figuravano gli italiani della Barhain Caruso e Tiberi, staccatisi nella salita della Roncola. A colmare il distacco sono gli UAE, la squadra di Tadej, con Christen, Adam Yates ed il lavoro straordinario di Sivakov prima del colpo di grazia che la maglia iridata ha dato alla corsa. Il tentativo attuato da lontano delle altre squadre (fuga con rappresentati di 14 team su 25) era chiaramente quello di rinunciare ad un impari duello corpo a corpo con Tadej anticipando il suo attacco. Tutto inutile perchè in questa occasione sono emersi i suoi compagni in grado di tenere alto il ritmo e controllare il distacco giunto al massimo a 4’30” a Lecco dove non ha tirato la UAE. Con Remco obbligato a non sfigurare la battaglia è stata aperta solo per il terzo posto raggiunto in conclusione dal nostro Giulio Ciccone. Lui che condivide il cognome con una star mondiale della musica (il vero nome di Madonna è Louise Veronica Ciccone), ha sconfitto in un confronto finale Pellizzari, Storer, l’instancabile Sivakov ed Adrià, raggiungendo un podio condiviso con il il bicampione olimpico ed il campione del mondo.
Pogacar, il Leviatano sovrano assoluto del ciclismo: come Merckx
Thomas Hobbes, filosofo del XVII secolo affermava che per liberarsi dalla condizione primitiva in cui ogni uomo era in competizione l’uno con l’altro era necessaria la figura di un onnipotente Leviatano. Tadej Pogacar nello straordinario 2024 hja indossato i panni del sovrano assoluto hobbesiano completando un’annata che ha pochi eguali nella storia del ciclismo, con la differenza che i vari Vingegaard, Evenepoel e Roglic sarebbero rimasti volentieri nello stato di natura del “tutti contro tutti”. Come e meglio di Eddy Merckx, il ciuffo di Komenda è il nuovo cannibale, lo affermiamo da maggio quando al Giro d’Italia collezionò qui sei successi e la conseguente maglia rosa e ne abbiamo avuta conferma anche adesso che ha concluso una stagione paurosamente simile a quella del belga nel 1972. Eddy quell’anno aveva vinto anche la Sanremo oltre a Giro, Tour, Liegi e Lombardia, Pogi invece sostituisce la Classicissima con il capolavoro ai mondiali di Zurigo, 100 km in fuga che fanno sembrare un’impresa da niente i 48 di ieri al Lombardia. Nove successi nello stesso anno, dalla Strade Bianche (in quell’occasione i km di fuga furono 81 partendo dal Monte Sante Marie, sembrava già qualcosa di assurdo, era solo l’inizio) alla classica delle foglie morte, passando per Giro di Catalogna, Liegi-Bastogne-Liegi, Giro d’Italia, Tour de France, Gp di Montreal, Mondiale e Giro dell’Emilia. Siamo sicuri che se si fosse corsa, avrebbe vinto anche la Tre Valli Varesine. Per scomodare altri inquilini dell’Olimpo del ciclismo, il successo al Lombardia di ieri è il quarto consecutivo, un poker che in passato era riuscito solamente al Campionissimo Fausto Coppi tra il 1946 al 1949 che rimane ancora il nome più scritto in questo albo d’oro (5 successi considerando anche il 1954). Erano diciannove anni che la maglia iridata non trionfava a Como (o a Bergamo negli anni in cui il traguardo era previsto in Viale Roma), l’ultimo a riuscirci è stato Paolo Bettini, un’altra impresa che il fenomeno di Komenda ha aggiunto alla sua collezione. D’altronde, un campione del genere non può che sperare di vincere tutte le gare del calendario e non sono molte quelle che ancora mancano per completare la sua collezione.
Quest’anno ha fallito in sole due occasioni, a Quebec City e alla Sanremo che stranamente continua a sfuggirgli, e per il 2025 non può che essere un obiettivo. Quella corsa uno sloveno l’ha già vinta, Matej Mohoric nel 2022, invece nessun ciclista dalla Slovenia ha mai vinto la tripla corona (Tour Giro e Vuelta in carriera), ci era andato vicino Roglic nel 2020 ma fu proprio Pogi a fermarlo sul più bello in Francia alla Planche des Belles Filles. Alla Vuelta vanta un terzo posto nel 2019, quando affrontava la prima grande corsa a tappe della carriera, un risultato che aspetta solo di essere migliorato, sarebbe l’ottavo nella storia a vincere questa sorta di Grande Slam del ciclismo. Manca solo la Vuelta per la Tripla Corona, sono due invece le Classiche monumento che ancora non brillano nel suo palmares, la Parigi-Roubaix (ma per quella ci vorranno ancora anni considerando che l’Inferno del nord richiede una preparazione specifica nei mesi precedenti e lui risulta ancora troppo leggero per essere competitivo sul pavé) e come detto la Milano Sanremo che lo stesso campione teme possa diventare una “maledizione” ripensando ai quattro tentativi andati a vuoto. Nel 2025 lo rivedremo sicuramente al Tour e al durissimo mondiale in Ruanda per difendere due delle tante maglie conquistate quest’anno e poi dovrà scegliere se rilanciarsi a caccia della rosa o puntare alla Roja spagnola, in ogni caso attendiamoci l’ennesimo Pogacapolavoro.