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L’accesso all’informazione e l’amplificazione dell’effetto Dunning-Kruger.

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giovedì, Novembre 21, 2024

There are only two kinds of people who are really fascinating – people who know absolutely everything, and people who know absolutely nothing.
Ci sono solo due tipi di persone davvero affascinanti: quelle che sanno tutto e quelle che non sanno assolutamente nulla.

(Oscar Wilde)

L’epoca in cui viviamo si distingue per la facilità di accesso, scambio, transito e archiviazione di informazioni, situazione questa che non trova precedenti nella storia dell’umanità.
Lo scambio di informazioni e l’accesso all’informazione costituiscono la piattaforma necessaria per la sussistenza e lo sviluppo di tutte le attuali società umane, con rare eccezioni che costituiscono ormai gruppi emarginati dal resto del contesto.
La capacità di accesso e di scambio delle informazioni avrebbe dovuto costituire una conquista decisiva per accelerare il processo evolutivo di acquisizione e sviluppo della conoscenza, e fornire un nuovo impulso alla crescita dell’umanità ed al superamento delle barriere di divisione tra i popoli.
Le cose, però, non sembrano prendere la piega auspicata, e si registrano una serie di effetti distorsivi amplificati dalla facilità di accesso alle informazioni.

Nella colloquialità informale sentiamo spesso che le persone dichiarano di essere a conoscenza di verità incontrovertibili o di fatti assolutamente veri, per averli appresi attraverso internet o attraverso qualche piattaforma dei cosiddetti social network.
Si sono così affacciati due distinti problemi derivanti dalla facilità di accesso alle informazioni e conseguenti alla formazione del corrispondente livello di istruzione e di conoscenza, ovvero il problema della affidabilità delle fonti delle informazioni e dei loro contenuti, e il problema del valore e dell’utilizzo delle informazioni ricevute in rapporto alla capacità critica di analisi, approfondimento e collegamento delle persone che le ricevono.

Il tema di oggi è relativo ad una distorsione cognitiva conosciuta come “effetto Dunning-Kruger” o “sindrome dell’impostore”, per effetto della quale individui scarsamente competenti in un settore o in una materia tendono a sopravvalutarsi e a sovrastimare le proprie conoscenze per autodefinirsi, in forma del tutto ingiustificata e palesemente errata, esperti di quel settore o di quella materia, sottovalutando e sminuendo al contempo le capacità degli altri.

TABELLA DEI CONTENUTI

La vicenda che ha originato lo studio

Il problema della conoscenza

L’ignoranza e l’analfabetismo funzionale

L’analfabetismo funzionale e l’effetto Dunning-Kruger nell’era di internet

La vicenda che ha originato lo studio

Il 19 aprile 1995 a Pittsburgh, Pennsylvania, il signor McArthur Wheeler, insieme al complice Clifton Earl Johnson, rapinarono due banche, la prima nell’area di Greater, la filiale Swissvale della Mellon Bank, la seconda la Fidelity Savings Bank di Briton Heights usando delle armi come minaccia sul personale delle banche.
La singolarità dell’evento era costituita dal fatto che nessuno dei due rapinatori indossava maschere o adottava precauzioni per impedirne il riconoscimento.
Dai video della sorveglianza essi agivano con grande sicurezza a volto scoperto, malgrado la presenza di telecamere, e malgrado la clientela ed il personale presente in grado di riconoscerli facilmente.
La polizia allertata impiegò ben poco ad identificare gli autori delle rapine, in particolare il sig. McArthur Wheeler il quale, per le particolari caratteristiche fisiche (altezza e peso) connesse all’età, fu accuratamente descritto dai testimoni.

Quando fu arrestato dalla polizia, al sig. Wheeler furono mostrate le fotografie con le quali veniva identificato sulla scena del crimine. Il sig. Wheeler espresse tutto il proprio stupore e la propria meraviglia esclamando “ma indossavo succo di limone!!”: egli non credeva possibile il fatto di essere stato riconosciuto ed identificato perché sosteneva di essersi coperto il viso con succo di limone.

Secondo il sig. Wheeler il suo complice Johnson gli aveva riferito che il succo di limone aveva il potere di rendere le cose invisibili.
A dimostrazione di questo potere, l’amico gli aveva mostrato un foglio di carta sul quale aveva scritto delle parole utilizzando il succo di limone. La scritta era invisibile e diventava visibile esclusivamente avvicinando il foglio di carta ad una fonte di calore.
Wheeler si convinse, pertanto, che se si fosse cosparso il viso con succo di limone e si fosse tenuto lontano da fonti di calore, nessuno avrebbe potuto vedere il suo volto e neppure riconoscerlo.
Decise a quel punto di effettuare un’ulteriore prova: prese una macchina fotografica polaroid e, dopo essersi cosparso il volto di succo di limone, tentò di fotografarsi in viso: nella foto scattata non compariva il suo viso!!
Si seppe successivamente che, nel cospargersi con abbondante quantità di succo di limone, provocò una irritazione con bruciore agli occhi che gli impedì di fatto di inquadrare correttamente il suo volto per quello che potremmo definire un selfie.
Conseguentemente a queste prove empiriche, il sig. Wheeler si convinse che il succo di limone avesse effettivamente la capacità di renderlo invisibile, e con acquisita sicurezza si adoperò per portare a segno le rapine alle banche. Gli inquirenti rimasero letteralmente sbalorditi dalle dichiarazioni rese da Wheeler.

La vicenda venne pubblicata nell’edizione del 1996 di The World Almanac e suscitò la curiosità e l’attenzione del Professor David Dunning, titolare della cattedra di psicologia sociale presso la Cornell University, il quale approfondì la vicenda nel Pittsburgh Post-Gazette.
Il Professor Dunning concluse che: “Se Wheeler era troppo stupido per essere un rapinatore di banche, forse era anche troppo stupido per sapere di essere troppo stupido per essere un rapinatore di banche, cioè la sua stupidità lo proteggeva dalla consapevolezza della propria stupidità”.

Decise così di organizzare un programma di ricerca con un suo studente, Justin Kruger, per determinare se la competenza percepita da un individuo potesse essere misurata rispetto alla sua competenza effettiva.
I due ricercatori riunirono quindi un gruppo di volontari per compiere un esperimento: ai partecipanti fu chiesto di esprimere una valutazione sulla propria competenza in tre distinte aree (grammatica, ragionamento logico e umorismo), e dopo aver espresso la loro valutazione dovevano completare un test su ciascuna delle predette aree per verificare l’effettivo livello di competenza.

I risultati dell’esperimento diedero conferma ai sospetti dei ricercatori. Gli individui che si erano valutati come molto competenti, avevano ricevuto i punteggi peggiori.
Al contrario, quelli che avevano espresso una valutazione bassa si erano sottostimati.
Questo esperimento attestava da una parte l’incapacità per alcuni soggetti di riconoscere la propria incompetenza (effetto Dunning-Kruger), dall’altro la cosiddetta “sindrome dell’impostore”, ovvero quel fenomeno psicologico per effetto del quale le persone che sono effettivamente competenti in una determinata materia tendono a svalutarsi e ad attribuirsi delle scarse capacità, giustificando le loro competenze con l’attribuzione a fattori esterni o fortuiti.

Il problema della conoscenza

La comunità scientifica e filosofica ha affrontato il tema della conoscenza da lunghissimo tempo, fin dall’antichità.
Già dai tempi di Platone, nei suoi dialoghi il personaggio di Socrate era rappresentato da un uomo in cerca di risposte, in cerca della vera conoscenza e dell’accesso al sapere.
Nell’Apologia di Socrate, Platone narra che Cherefonte, amico e discepolo di Socrate, aveva chiesto all’oracolo di Delfi chi fosse l’uomo più sapiente.
La sacerdotessa rispose che era Socrate l’uomo più sapiente. Socrate non era convinto di questo responso, consapevole dei limiti delle proprie conoscenze, e per questo si impegnò a cercare qualcuno più saggio di lui. Dopo essersi confrontato con persone appartenenti alle categorie dei politici, dei poeti e degli artigiani, Socrate concluse che coloro che ritenevano di essere sapienti, di fronte alle loro carenze e contraddizioni dimostravano soltanto di essere dei presuntuosi ignoranti.
La conclusione di Socrate fu, quindi, che il responso dell’oracolo doveva essere interpretato nel senso di intendere come vera sapienza la consapevolezza della propria ignoranza. Per questo motivo, lo stesso Socrate, in quanto consapevole della propria ignoranza, poteva ritenersi il più sapiente.

Atene-Statua di Socrate di fronte al National Academy.

Nell’era dell’informazione, caratterizzata dallo sviluppo delle tecnologie di comunicazione e trasmissione e caratterizzata dallo sviluppo della rete internet, l’accesso alla conoscenza ha ricevuto un’improvvisa e decisiva accelerazione.
Di fronte a questo incremento esponenziale di capacità conoscitiva e di acquisizione di conoscenza ci si aspetterebbe un proporzionale abbattimento dell’ignoranza e dell’incompetenza, ed una elevazione del livello di preparazione degli individui in campo culturale, scientifico e e tecnico.
In realtà la storia e le analisi sociali e psicologiche dimostrano che l’accesso illimitato all’informazione ed alla possibilità di istruzione non ha comportato alcun incremento di conoscenza e/o di competenza nelle persone.

Anzi un recente studio del 2023 condotto dal paleoantropologo Ian Tattersall, curatore del museo naturale di New York, ha evidenziato che il cervello umano si è rimpicciolito rispetto a quello dell’Homo Sapiens del 12,7%.
Le dimensioni del cervello umano, tendenti alla crescita fino a circa 100.000 anni fa, hanno invertito la tendenza con l’Homo Sapiens. Il dato scientifico precisa che il cervello umano si è rimpicciolito negli ultimi 17.000 anni.

Il dato scientifico ha dato spunto alla formulazione di diverse teorie sulle cause di questo fenomeno: dai cambiamenti climatici (la fine delle glaciazioni ed il passaggio ad un clima più caldo favorirebbero una riduzione del cervello per un migliore raffreddamento della scatola cranica) alla elaborazione di un linguaggio simbolico e strutturato che richiederebbe dimensioni cerebrali minori, fino alla carenza di nutrienti alimentari che avrebbe causato una riduzione della massa cerebrale.
In ogni caso la riduzione del cervello sarebbe una risposta evolutiva adattiva a dei cambiamenti: la scienza dovrà indicare quali con certezza.

Il dato che ci interessa rilevare è quello dell’aumento dell’ignoranza nella popolazione contemporanea.
Occorre in proposito individuare con maggiore precisione cosa si intende per ignoranza.
Solitamente il termine ignoranza è comprensivo di diversi significati. Il primo è certamente quello della mancanza di conoscenza. Si può, tuttavia, indicare come “ignorante” una persona carente nell’istruzione o nella cultura. Infine si può attribuire il termine di ignorante ad una persona mancante di buone maniere, fuori contesto rispetto ad un determinato ambiente o a un codice di condotta.
In ogni caso il termine ignoranza indica la mancanza di conoscenza; una contrapposizione allo stato di conoscenza, ovvero una privazione della stessa. A questo punto, però, dobbiamo partire dal dato della conoscenza per definire l’ignoranza.
Anche per la conoscenza non abbiamo una definizione univoca. Il dizionario per il termine conoscenza ci indica l’atto dell’apprendere qualcosa, ovvero la presenza nell’intelletto di una nozione o di un sapere già acquisito.
Già da questo dato, relazionato con la natura umana dal punto di vista scientifico, ci rendiamo conto del fatto che “Ignoranza” esprime un concetto statico, un vero e proprio stadio dell’essere e del manifestarsi agli altri, mentre la “conoscenza” esprime un concetto dinamico ed acquisitivo, una trasformazione evolutiva dello stadio dell’essere e del manifestarsi, sia in termini di apprendimento di determinate nozioni, sia in termini di autocoscienza nel possesso di nozioni e informazioni.
Entrambi i concetti, quelli di ignoranza e di conoscenza, esistono ed acquisiscono contenuto e significato esclusivamente se posti in relazione con un soggetto e con un oggetto.
Poiché l’esistenza e la vita esprimono di per sé un processo dinamico, un sussistere nello spazio attraverso il tempo, il processo di acquisizione della conoscenza, e quindi di riduzione dello stato di ignoranza, avviene attraverso l’esperienza sensoriale e l’elaborazione intellettiva.
L’individuo alla propria nascita è sfornito di qualsiasi esperienza sensoriale ed intellettiva, e si può, pertanto, definire ignorante rispetto al mondo che lo circonda. I processi di acquisizione della conoscenza si consolidano nell’individuo riducendo lo spazio appartenente all’ignoranza; ma per quanto sia espansivo il processo di acquisizione della conoscenza, esso non riuscirà mai a soppiantare totalmente l’ignoranza.

L’ignoranza e l’analfabetismo funzionale

Nel termine ignoranza viene solitamente ricompreso il concetto di analfabetismo funzionale.
Il termine trova una propria definizione ufficiale al termine di un’indagine svolta dalle Nazioni Unite nel 1984 all’interno di alcuni nuclei familiari, svolta per l’esigenza di incrementare l’alfabetizzazione della popolazione.
L’alfabetizzazione era acquisita sulla base della scolarizzazione, ed era individuata sulla base delle competenze, delle applicazioni, dell’apprendimento e della capacità di analisi. Da questo concetto di base, veniva integrato quello di alfabetizzazione funzionale che rappresenta un livello più elevato di alfabetizzazione orientato alla pratica nel mondo del lavoro e all’uso continuativo dell’abilità di lettura e scrittura con l’obiettivo di rendere l’individuo maggiormente partecipe a tutte quelle attività che richiedono un determinato livello di conoscenza.
Per effetto di questa distinzione, mentre una persona analfabeta non è in grado di leggere e/o scrivere, una persona funzionalmente analfabeta seppur capace di leggere e scrivere non ha un livello di comprensione adeguato all’analisi dei contenuti ed al collegamento degli stessi in un discorso complesso.

Diversi sono gli effetti dell’analfabetismo funzionale rispetto alla comprensione della realtà, e tra questi appare attualmente significativo la scarsa capacità di riconoscimento e di verifica delle informazioni false o distorte, ed il travisamento delle informazioni stesse, oltre alla facilità di creare pregiudizi o false convinzioni.
L’UNESCO ha definito nel 1984 il concetto di analfabetismo funzionale come “la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”.
L’Italia risulta essere tra le nazioni con il più alto livello di analfabetismo funzionale.

L’analfabetismo funzionale e l’effetto Dunning-Kruger nell’era di internet

There are people who know everything, and unfortunately that’s all they know.
Ci sono persone che sanno tutto e purtroppo è tutto quello che sanno.

(Oscar WIlde)

Tornando, quindi, agli studi condotti da David Dunning e Justin Kruger, l’effetto registrato dai due ricercatori risulta maggiormente amplificato a causa del facilitato accesso alle informazioni e alla disponibilità delle stesse.
L’effetto Dunning-Kruger viene definito come una distorsione cognitiva per effetto della quale un determinato soggetto sopravvaluta le proprie capacità e le proprie conoscenze ritenendo di essere esperto in un determinato campo.

La distorsione cognitiva è causata da una sopravvalutazione che può trovare origine in alcune forme di analfabetismo funzionale.
Se prendiamo ad esempio la descritta vicenda del sig. Wheeler, la convinzione che il succo di limone lo avrebbe reso invisibile deriva certamente da una forma di analfabetismo funzionale (incapacità di valutazione critica delle informazioni, incapacità di distinzione delle notizie false ecc.) che ha determinato la distorsione cognitiva il cui effetto è stato quello di rapinare una banca a volto scoperto e perfettamente riconoscibile.

Nella società attuale la possibilità di accesso all’informazione ed alla conoscenza è stata notevolmente ampliata e facilitata dall’esistenza di internet e dei social media.
Le persone hanno la possibilità di acquisire maggiori conoscenze seguendo tutorial, corsi di formazione, addirittura corsi di laurea con tanto di riconoscimento della qualifica, corsi di aggiornamento delle competenze.
Ma la maggior parte dell’informazione attraversa il percorso di accesso della curiosità e gradimento. Potremmo dire che la maggior parte delle volte non è l’individuo che sceglie l’informazione e l’apprendimento, ma è invece l’informazione a scegliere l’individuo come un vero e proprio bersaglio da colpire.

La mole di informazioni ha altresì posto il problema delle fonti e dei contenuti; una delle questioni più sentite e dibattute è quella delle cosiddette fake news.
Un contesto di analfabetismo funzionale, nel senso di carenza di capacità di analisi, di discernimento e di collegamento, favorisce certamente l’amplificazione di tale forma di analfabetismo, nel senso della radicazione di errori e pregiudizi che diventano poi difficili da estirpare, fino a sfociare in forme di sconsiderato complottismo. Un contesto come quello appena indicato favorisce certamente anche un’amplificazione dell’effetto Dunning-Kruger, il manifestarsi di presunti professionisti, veri e propri guru nei vari settori, che dimostrano invece nei fatti di avere scarse attitudini e distorte convinzioni al riguardo.
Peraltro, altro connotato specifico di chi manifesta l’effetto Dunning-Kruger è quello di porsi verso gli altri con determinazione, sicurezza e credibilità, generando spesso e volentieri a primo impatto un certo grado di affidamento.

In alcuni ambiti, tra i quali quello della selezione del personale e quello del marketing, l’effetto Dunning-Kruger assume particolare rilevanza.
Soprattutto nel settore marketing, uno degli effetti conseguenti al sovrastimare le proprie conoscenze è quello di accedere a servizi o effettuare acquisti nella convinzione di padroneggiare conoscenze tecniche o di settore, o nella convinzione di trovarsi nelle particolari condizioni per sfruttare a pieno l’efficacia del prodotto.
Facciamo l’esempio degli strumenti finanziari e delle applicazioni di gestione investimenti e transazione di titoli.
I veri destinatari della diffusione di queste piattaforme sono una moltitudine di persone che non hanno i necessari strumenti e le necessarie competenze per rendersi conto della reale portata delle attività effettuate.
Lo stesso vale per l’acquisto di altri prodotti, a maggior ragione se caratterizzati da contenuti tecnici che prevedono un adeguato grado di conoscenza per il loro sfruttamento (computer, apparecchiature elettroniche, autovetture ecc.).
La questione sollevata dai ricercatori Dunning e Kruger tende, quindi, ad assumere crescente rilevanza proporzionale alla crescita dell’accesso alla conoscenza ed all’informazione.

In questo stato di cose, diverrà fondamentale elaborare forme di tutela e di intervento che possano evitare al genere umano di scivolare lungo il pendio della montagna della conoscenza per sprofondare nuovamente nella valle dell’ignoranza.

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