Atlantide: il nome da solo riesce ad evocare suggestioni profonde in chiunque lo senta pronunciare. L’idea che in tempi remoti, ancora prima della primissima civiltà a noi conosciuta, ne esistesse un’altra già avanzata dal punto di vista sociale, economico, tecnologico e militare, è semplicemente affascinante nonché portatrice di considerazioni sull’effettiva presenza dell’essere umano sul pianeta, retrodatando di parecchio la sua comparsa su di esso. D’altronde, il ritrovamento di sofisticate strutture datate oltre 12.000 anni fa (vedi Gobekli Tepe), quando si credeva che gli uomini fossero solo degli ottusi bruti dediti alla caccia e alla raccolta, tende un po’ a rafforzare questa sensazione.
La prima menzione di Atlantide si ha nel Timeo e nel Crizia di Platone. In questi dialoghi, il filosofo descrive una terra felice, governata da re saggi, custodi di ricchezze immense, iniziati alle dottrine più elevate e che legiferavano in base a principi divini. La ricchezza materiale e la conoscenza avanzata, culturale e scientifica, resero possibile anche lo sviluppo di un impero marittimo, grazie alla potenza militare che da tali conoscenze derivava. Tuttavia, la natura umana prese il sopravvento e corruppe gli abitanti di Atlantide, rendendo i loro re avidi e immorali che trasformarono un impero illuminato in uno alla Star Wars, crudele, violento ed opprimente. A tale impero si oppose Atene, piccola ma retta da saldi principi morali. Il resto lo conosciamo tutti: al culmine della corruzione morale, gli dèi decisero di punire tale superbia e fecero sprofondare il Continente in un giorno e in una notte.
A molto si è dibattuto sulla veridicità o meno del racconto di Platone. Per alcuni si trattava dell’eco di avvenimenti reali talmente remoti da essere persi nelle nebbie del tempo, divenendo leggenda. Per altri, era una storia inventata dal grande filosofo a scopi morali e come metodo di insegnamento.
Ad ogni modo, a distanza di oltre duemila anni, il mito di Atlantide e più vivo che mai, influenzando romanzi, film, musica, fumetti, videogiochi e opere artistiche. Ma come nasce il mito, e perché esso si è trasformato per alcuni in una vera e propria ossessione? Quali personaggi hanno dato il loro contributo, scientifico o fantasioso, alimentando l’idea che il Continente Sommerso possa essere reale? E in quali zone del pianeta si è creduto di riconoscere i resti di Atlantide? È ciò che andremo ad indagare in questo nuovo articolo della “Stele di Rosetta”, in esclusiva per IQ.
INDICE DEI CONTENUTI
IL DIBATTITO SULL’ANTICHITA’ DELLA SPECIE UMANA
ATLANTIDE SECONDO IGNATIUS DONNELLY
LE IPOTESI SULLA COLLOCAZIONE DI ATLANTIDE
ATLANTIDE NELL’ATLANTICO? DIFFICILE
ATLANTIDE, LA FORTUNA DI UN MITO
NASCITA DI UNA LEGGENDA
A differenza di molte altre leggende, le cui origini si sono perse nel tempo tra mito e realtà, noi sappiamo esattamente dove e quando la storia di Atlantide è comparsa per la prima volta: la leggenda ha avuto origine nei dialoghi di Platone, nel Timeo e nel Crizia (o proseguimento del Timeo), scritti nel 330 a.C. circa. Nato nel 429 o 428 a.C., Platone nel 410 circa divenne il discepolo di un altro grande filosofo, Socrate, e nel 386 fondò una sua scuola. Fra i contemporanei era molto famoso e ancora oggi, a più di duemila anni dalla sua morte, è considerato e studiato come uno dei massimi pensatori nella storia dell’umanità. Riteneva che il miglior modo per insegnare fosse quello di coinvolgere gli studenti in discussioni, e scrisse molti trattati di filosofia sotto forma di dialoghi. I quattro personaggi che compaiono in entrambi i dialoghi di Platone sono due filosofi, Socrate e Timeo di Locri, e due politici, Ermocrate e Crizia, benché il solo Crizia parli di Atlantide. Nelle sue opere Platone fa ampio uso dei dialoghi socratici per discutere di posizioni contrarie nel contesto di una supposizione.
Il Timeo
Platone introduce Atlantide nel Timeo (17-27):
Il dialogo del Timeo inizia con Socrate che riprende la discussione del giorno precedente sulla società “perfetta”. Risulta chiaro dal contesto che Platone si riferisce al suo famoso dialogo Repubblica, scritto diversi anni prima del Timeo. Adesso Platone chiede di proseguire il dialogo della Repubblica e riassume le caratteristiche di questa ipotetica società, dove gli artisti e gli uomini sposati dovrebbero costituire categorie separate da quella militare e coloro che appartengono all’ordine militare dovrebbero essere compassionevoli, educati alla ginnastica e alla musica, vivere in comunità senza possedere oro o argento, né alcuna proprietà privata.
A questo punto, viene chiesto a Crizia se lui e i suoi ospiti possano ricordare una storia che esemplifica tale società. Crizia menziona un racconto storico che presumibilmente avrebbe costituito l’esempio perfetto e prosegue descrivendo Atlantide, come riportato nel Crizia. Nel suo racconto, l’antica Atene sembra costituire la “società perfetta” e Atlantide la sua avversaria, che rappresentano l’antitesi dei tratti “perfetti” descritti nella Repubblica. Crizia dice di aver udito questa storia “vera” da suo nonno, che la raccontò durante una festa. Il nonno di Crizia (che aveva il suo stesso nome) aveva detto di averla sentita dal padre, Dropides, che l’aveva a sua volta ascoltata dal vecchio saggio Solone, che l’aveva udita da alcuni sacerdoti in Egitto quando si trovava là poco dopo il 600 a.C. Quindi quando leggiamo Platone abbiamo di fronte una storia indiretta tramandata oralmente più di duecento anni prima.
Secondo Crizia, le antiche divinità divisero la Terra in modo che ogni dio potesse avere un lotto; a Poseidone fu lasciata, secondo i suoi desideri, l’isola di Atlantide. L’isola era più grande dell’antica Libia (Nord Africa) e dell’Asia Minore (Anatolia) messe assieme, ma in seguito venne affondata da un terremoto e diventò un banco di fango impraticabile, impedendo di viaggiare in qualsiasi parte dell’oceano. Gli Egiziani, affermava Platone, descrivevano Atlantide come un’isola composta per lo più di montagne nella parte settentrionale e lungo la costa, “mentre tutt’intorno alla città vi era una pianura, che abbracciava la città ed era essa stessa circondata da monti che discendevano fino al mare, piana e uniforme, tutta allungata, lunga tremila stadi (circa 555 km) sui due lati e al centro duemila stadi (circa 370 km) dal mare fin giù. […] a una distanza di circa cinquanta stadi (9 km), c’era un monte, di modeste dimensioni da ogni lato. […] L’isola, nella quale si trovava la dimora dei re, aveva un diametro di cinque stadi” (circa 0,92 km).
Nel Timeo si racconta di come Solone, giunto in Egitto, fosse venuto a conoscenza da alcuni sacerdoti egizi di un’antica battaglia avvenuta tra gli Atlantidei e gli antenati degli Ateniesi, che avrebbe visto vincenti i secondi. Secondo i sacerdoti, Atlantide era una monarchia assai potente, con enormi mire espansionistiche. Situata geograficamente oltre le Colonne d’Ercole, politicamente controllava l’Africa fino all’Egitto e l’Europa fino all’Italia. Proprio nel periodo della guerra con gli Ateniesi un immenso cataclisma fece sprofondare l’isola nell’oceano, distruggendo per sempre la civiltà di Atlantide.
Secondo la storia raccontata da Crizia, i sacerdoti egizi avevano detto a Solone che i Greci erano poco più che “fanciulli”, ignari dei molti cataclismi che si erano abbattuti sull’umanità nei tempi antichi. Poi gli avevano parlato dell’antica Atene, “ottima in guerra e in tutto, e specialmente governata da buone leggi“. Di fatto, è quest’antica Atene di molti secoli prima che nella storia di Crizia serve come modello per lo Stato perfetto.
I sacerdoti avevano raccontato a Solone le gesta più eroiche dell’antica città di Atene e di come aveva sconfitto in battaglia “un grande esercito che insolentemente invadeva a un tempo tutta l’Europa e l’Asia […], muovendo di fuor dell’Oceano Atlantico […]”. Poi avevano proseguito descrivendo e identificando questo potere distruttivo che minacciava il resto del mondo: “Questo mare era allora navigabile e aveva un’isola innanzi a quella bocca, che si chiama, come voi dite, Colonne d’Ercole“. I sacerdoti avevano rivelato che il nome di questa grande potenza situata nell’Oceano Atlantico era l’isola-stato Atlantide.
Il Crizia
Nel dialogo successivo, il Crizia, rimasto incompiuto, Platone descrive più nel dettaglio la situazione geopolitica di Atlantide, collocando il tutto novemila anni prima. Crizia sembra aver ascoltato con grande attenzione la descrizione resa dal suo maestro della società perfetta; dal suo racconto emerge che l’antica Atene è identica in ogni dettaglio alla società ipotizzata da Socrate. Secondo la storia raccontata da Crizia, nell’antica Atene artigiani e uomini sposati erano separati dai soldati, che non possedevano né proprietà privata, né oro, né argento. Crizia racconta che il dio Poseidone s’innamorò di Clito, una fanciulla dell’isola, e “recinse la collina dove ella viveva, alternando tre zone di mare e di terra in cerchi concentrici di diversa ampiezza, due erano fatti di terra e tre d’acqua”, rendendola inaccessibile agli uomini, che all’epoca non conoscevano la navigazione. Rese inoltre rigogliosa la parte centrale, occupata da una vasta pianura, facendovi sgorgare due fonti, una di acqua calda e l’altra di acqua fredda. Poseidone e Clito ebbero dieci figli, il primo dei quali, Atlante, sarebbe divenuto in seguito il governatore dell’impero. Tutti gli Atlantidei discendevano da quei dieci uomini.
La civiltà atlantidea divenne una monarchia ricca e potente e l’isola fu divisa in dieci zone, ognuna governata da un figlio del dio del mare e dai relativi discendenti. La terra generava beni e prodotti in abbondanza, e sull’isola sorgevano porti, palazzi reali, templi e altre maestose opere. Al centro della città vi era il santuario di Poseidone e Clito, lungo uno stadio (177 metri), largo tre plettri e alto in proporzione, rivestito di argento al di fuori e di oricalco, oro e avorio all’interno, con al centro una statua d’oro di Poseidone sul suo cocchio di destrieri alati, che arrivava a toccare la volta del tempio.
Gli Atlantidei producevano oggetti d’argento e d’oro e commerciavano in lungo e in largo; possedevano una flotta navale di milleduecento navi e un esercito con diecimila bighe. Sia l’impero che la sua influenza nel mondo si erano andati espandendo in maniera esponenziale. Intorno al 9600 a.C. l’impero dell’isola aveva conquistato la maggior parte dell’Europa Occidentale e dell’Africa, schiavizzando i propri nemici. Questa data colloca la vicenda in un periodo storico che coincide con la fine dell’ultima glaciazione e la nascita delle prime città-stato, scoperte nell’attuale Iraq.
La virtù e la sobrietà dei governanti durarono per molte generazioni, finché il carattere umano ebbe il sopravvento sulla loro natura divina. La civiltà decadde ed essi divennero corrotti ed avidi. Caduti quindi preda della bramosia e della cupidigia, gli abitanti di Atlantide si guadagnarono l’ira di Zeus, che decise allora di impartire loro una lezione a causa dell’avarizia e del loro arrogante proposito di governare il mondo. Zeus riunì quindi gli altri dèi per esporre loro il suo piano. Il dialogo si interrompe a questo punto e non fu mai ripreso. Pochi anni dopo Platone morì.
LO SCOPO DEI “DIALOGHI”
Essendo una storia funzionale ai dialoghi di Platone, Atlantide è generalmente vista come un mito concepito dal filosofo greco per illustrare le proprie idee sulla natura divina contro quella umana, le società ideali, la graduale corruzione della società umana. Infatti, la fonte originaria di questo mito popolare, che ha ispirato oltre duemila fra libri e articoli. non era affatto dedicata ad Atlantide. Il continente scomparso è poco più di uno spunto. La storia fa riferimento a una presunta Atene antica: è questa la protagonista, l’eroina e il focus della storia di Platone. Atlantide è l’antagonista, l’impero decaduto la cui sconfitta, da parte di Atene, descrive il funzionamento della società perfetta ipotizzata da Socrate.
Atlantide, un impero corrotto, con una tecnologia sofisticata ma alla bancarotta morale, cerca di dominare il mondo con la forza. A sbarrare la sua strada c’è però l’antica Atene: un gruppo relativamente piccolo di uomini spiritualmente puri, incorruttibili, con saldi principi morali. Minacciati da soverchianti forze nemiche dotate di una superiore tecnologia, gli ateniesi sono in grado di sconfiggere questo avversario tanto più potente semplicemente con la forza dello spirito.
Curiosità: la versione greca di “Star Wars”…
Il racconto di Crizia è il risultato della richiesta avanzata il giorno prima da Socrate ai discepoli di raccontare una storia nella quale il suo ipotetico Stato perfetto venisse messo alla prova da una guerra. Crizia narra la storia di una civiltà convenientemente posta a un’enorme distanza spazio-temporale dalla sua Atene, i cui resti giacciono in fondo all’Atlantico, e che i Greci dell’epoca di Platone non potevano certo né ritrovare né verificare.
Tutti questi presupposti somigliano in maniera impressionante alla saga di “Star Wars”. Perché? Platone colloca Atlantide novemila anni prima del suo tempo e per di più nell’Oceano Atlantico poco conosciuto (dagli antichi greci). Guerre Stellari avviene “Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana”. Atlantide, con il suo sofisticato apparato militare e l’enorme flotta, può essere paragonata all’Impero con le sue Stormtroopers e la Death Star. Gli ateniesi sono la controparte, un gruppo raccogliticcio di ribelli comandati da Luke Skywalker. Questi ribelli e gli ateniesi sono entrambi vittoriosi, certamente non perché militarmente superiori ma perché la “Forza” li accompagna.
L’OPINIONE DEGLI ANTICHI
Dopo che Platone morì lasciando incompiuti il dialogo di Crizia e la storia di Atlantide, non troviamo alcun altro riferimento al continente scomparso per più di trecento anni. Infatti, al di fuori dei dialoghi Timeo e Crizia di Platone, non esistono testimonianze concrete su Atlantide. Nonostante alcuni nell’antichità avessero ritenuto un fatto storico il racconto riportato da Platone, il suo allievo Aristotele, come abbiamo vista dalla citazione qui sopra, non diede peso alla cosa, liquidandola come un’invenzione del maestro.
Crantore da Soli
Alcuni autori antichi videro Atlantide come frutto dell’immaginazione, mentre altri credettero fosse reale. Il primo commentatore di Platone, il filosofo Crantore da Soli, allievo di Senocrate, a sua volta allievo di Platone, è spesso citato come esempio di autore che ritenne la storia un fatto autentico, in quanto gli fu riferito di cronache su Atlantide scritte sulle stele dell’antico tempio di Sais in Egitto. L’opera di Crantore, un commento al Timeo di Platone, è perduta, ma essa è nota grazie alla testimonianza di Proclo, che ne scrisse sette secoli dopo.
Diodoro Siculo
Diodoro Siculo (I secolo a.C.) – confermato sostanzialmente da Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) – collocava la capitale di Atlantide a Kerne, avamposto cartaginese sulla costa atlantica dell’Africa fondato da Annone il Navigatore: probabilmente nel Río de Oro, ex Sahara spagnolo.
Ammiano Marcellino
Lo storico romano del IV secolo d.C. Ammiano Marcellino, dissertando sulle perdute opere di Timagene, uno storico attivo nel I secolo a.C., scrive che i Druidi della Gallia riferirono che parte degli abitanti di quella terra erano migrati lì da isole lontane. Alcuni hanno inteso che si parlasse di sopravvissuti di Atlantide giunti via mare nell’Europa occidentale, ma Ammiano in realtà parla di “isole e terre oltre il Reno”, un’indicazione che gli immigrati in Gallia vennero dal Nord (Britannia, Olanda o Germania). Secondo Diodoro Siculo, comunque, i Celti che venivano dall’oceano adoravano gli dèi gemelli Dioscuri che apparvero loro provenienti dall’oceano.
LEGGENDA O REALTA’?
Parlare di archeologia con Atlantide è azzardato (e nemmeno corretto). Tuttavia non c’è studioso che non si sia approcciato a questo mito con una metodologia che non fosse professionale: perché tutti sognano di trovare l’isola sommersa raccontata da Platone. Trovare delle informazioni su questa mitologica isola vuol dire aspettarsi di viaggiare tra leggende e folclore, quasi mai storia, partendo dal presupposto che fa parte dei grandi miti del nostro Pianeta, dove forse non ci sarà mai una vera risposta.
Nel corso dell’antichità, eruditi, storici, geografi e filosofi formularono molte congetture intorno al racconto di Platone e all’esistenza di Atlantide, sostanzialmente riassumibili in tre posizioni principali, poi individuabili anche nel dibattito che caratterizzerà l’età moderna e contemporanea:
- Atlantide è un’invenzione di Platone;
- Atlantide è esistita realmente e Platone ha fornito precise informazioni sulla sua posizione geografica, la struttura geologica, la configurazione urbanistica e sociale;
- l’Atlantide di Platone rappresenta il ricordo impreciso, poi rielaborato e romanzato, di un importante evento geologico avvenuto in un tempo lontano.
Alcuni argomentano che Platone si basò sulla memoria di eventi passati come l’eruzione vulcanica di Thera o la guerra di Troia, mentre altri insistono che egli trasse ispirazione da eventi contemporanei come la distruzione di Elice nel 373 a.C. o la fallita invasione ateniese della Sicilia nel 415–413 a.C.
Bisogna comunque ricordare che quella di Atlantide non è l’unica leggenda che racconta di un continente, un’isola o di una città affondata. Racconti simili sono tramandati in tutto il mondo e pare che alcuni di essi siano veri. Per oltre due millenni nessuno ha indagato in maniera approfondita sulla veridicità dei racconti di Platone in merito ad Atlantide.
L’IPOTESI DI SANTORINI
Se la storia di Atlantide è un mito, aveva almeno come base un fatto o una serie di eventi reali? In altre parole, Platone basò gli elementi della sua storia – e cioè la distruzione di una grande civiltà a causa di un cataclisma – su eventi storici soltanto vagamente ricordati dai Greci all’epoca in cui la scrisse? La risposta è quasi certamente sì. In un certo senso, tutti i racconti fantastici devono basarsi su un fatto reale.
L’antica civiltà minoica a Creta potrebbe essere stata per lui un modello logico e plausibile. Lo spettacolare tempio della capitale minoica di Cnosso fu costruito circa 3.800 anni fa. Al suo apice, il tempio copriva un’area di circa ventimila metri quadrati e conteneva un migliaio di stanze e un cortile centrale incorniciato da colonne, un bagno cerimoniale e grandi scalinate. Alcune parti del tempio erano alte tre o anche quattro piani.
Un elemento chiave di possibili collegamenti tra la fantastica Atlantide di Platone e la civiltà minoica si basa su una catastrofe che colpì l’isola di Creta nel 1450 circa a.C. A quel tempo ci fu un’eruzione vulcanica sull’isola oggi chiamata Santorini (i Greci antichi la chiamavano Thera) 120 km a nord di Creta. Le forze esplosive dell’eruzione a Thera furono quattro volte più potenti di quelle del Krakatoa, nelle Indie orientali olandesi, che nel 1883 uccisero trentaseimila persone. Fu un’eruzione “super-colossale”, classificata di livello 7 (su 8) nell’indice di esplosività vulcanica, una delle eruzioni più distruttive nella storia dell’umanità.
Non deve sorprendere che la distruzione di Thera avesse avuto un forte impatto sulla civiltà minoica. La stessa eruzione, accompagnata da altri, gravi terremoti, danneggiò molti insediamenti a Creta. Onde gigantesche (tsunami) provocate dai terremoti sottomarini prodotti dall’eruzione a Thera cancellarono i porti minoici sulla costa nord dell’isola.
Come rileva lo storico William Stiebing (1984), le prove della distruzione di Creta in coincidenza con l’eruzione di Thera sono abbondanti, ma le prove dei lavori di riparazione che seguirono sono altrettanto copiose.
C’è ancora un altro grande problema per l’identificazione di Creta minoica come unica fonte dell’Atlantide platonica. È significativo che il tema più importante nella storia di Platone, la sconfitta di una forte potenza militare da parte di Atene, sia rimasto senza risposta. La civiltà cretese minoica non subì una sconfitta militare per mano di Atene. Se Creta è stata l’ispirazione per la storia di Atlantide, questo aspetto chiave della storia fu totalmente inventato.
A questo punto, si potrebbe concludere che la civiltà di Creta non era Atlantide, per lo meno non interamente. Le analogie sono evidenti, a partire dalla catastrofe per proseguire sul livello evoluto della civiltà Minoica (sia culturale che tecnologico), tanto da pensare che Platone si sia ispirato a questa tragedia realmente accaduta o che il passare del tempo abbia agito come lente di ingrandimento ingigantendo ulteriormente la vicenda e contribuendo alla creazione del mito. Tuttavia altri studiosi ritengono comunque improbabile il riferimento al vulcano di Thera, perché mille anni sono troppi per mantenere il ricordo preciso di un evento.
LA “RISCOPERTA” DI ATLANTIDE
Riscoperta dagli umanisti nell’era moderna, la storia di Platone ha ispirato le opere utopiche di numerosi scrittori dal Rinascimento in poi. La rivalutazione del mito avvenne in Età Moderna: nell’ottobre 1492 Cristoforo Colombo dimostrò come oltre l’Oceano esistesse realmente una terra emersa.
Bartolomé de Las Casas sostenne che la stessa impresa di Cristoforo Colombo era stata sollecitata dal desiderio di vagliare il mito dell’esistenza di Atlantide. Nel capitolo ottavo della sua Historia de las Indias, Las Casas scriveva che Colombo sperava di raggiungere le Indie anche appoggiandosi a isole che erano ciò che restava del mitico continente.
Inizialmente, le discussioni sull’esistenza e la collocazione di Atlantide furono portate avanti soprattutto da storici ed eruditi preoccupati di stabilire la legittimità dei possedimenti coloniali delle potenze europee e di inserire le popolazioni americane all’interno di una cornice storica e cronologica che non fosse in contraddizione con la Bibbia.
La nuova Atlantide di Francesco Bacone del 1627 descrive una società utopica, chiamata Bensalem, collocata al largo della costa occidentale americana. Un personaggio del libro sostiene che la popolazione proveniva da Atlantide, fornendo una storia simile a quella di Platone e collocando Atlantide in America. Non è chiaro se Bacone intendesse l’America settentrionale o quella meridionale.
Lo scienziato Olaus Rudbeck (1630–1702) scrisse nel 1679-1702 Atlantica (Atland eller Manheim), un lungo trattato dove sostenne come la propria patria, la Svezia, fosse la perduta Atlantide, la culla della civiltà, e come lo svedese fosse la lingua di Adamo, da cui si sarebbero evoluti il latino e l’ebraico.
Verso la fine del Settecento l’astronomo e letterato francese Jean Sylvain Bailly tornò a parlare di Atlantide, nelle sue opere più importanti, tra cui l’Histoire de l’astronomie ancienne (1775) e le Lettres sur l’Atlantide de Platon (1779). Egli unì la tradizione di Atlantide al mito di Iperborea, una leggendaria civiltà nordica di cui Erodoto e altri storici antichi avevano lasciato delle testimonianze. Bailly sosteneva infatti la tesi secondo cui un’Atlantide nordica fosse la civiltà originaria del genere umano, che essa avesse inventato le arti e le scienze e che avesse “civilizzato” i Cinesi, gli Indiani, gli Egizi e tutti i popoli dell’antichità. Egli posizionò questo popolo primordiale nel lontano nord dell’Eurasia, nell’isola di Spitzbergen, nei pressi della Siberia, argomentando che quelle dovevano essere state le prime terre abitabili quando la Terra, originariamente incandescente e inospitale alla vita secondo le ipotesi paleoclimatiche teorizzate da Buffon e Mairan, aveva incominciato a raffreddarsi. Il costante raffreddamento della Terra le aveva però, successivamente, rese inabitabili e aveva seppellito l’ancestrale territorio di questa civiltà sotto delle lastre di ghiaccio, in modo da perdere completamente le tracce degli Atlantidei, e obbligando i loro discendenti a spostarsi più a sud per colonizzare le altre zone del globo.
IL DIBATTITO SULL’ANTICHITA’ DELLA SPECIE UMANA
Il punto di partenza della storia era naturalmente rappresentato dagli eventi narrati nella Bibbia e accaduti dopo il Diluvio universale. Tuttavia, nel corso dell’Ottocento, i dibattiti sull’origine della Terra, sull’esistenza dei fossili e sulla trasformazione delle specie avevano contribuito a rafforzare la convinzione, ormai presente da almeno un paio di secoli fra i cultori di storia naturale, che la storia dell’universo, del sistema solare e del nostro pianeta dovessero essere spostate all’indietro (e di molto) rispetto alla cronologia tradizionale. Fra gli anni ’50 e ’60 del XIX secolo, le prove dell’esistenza di fossili umani appartenenti ad epoche assai lontane, rispetto a quella in cui si supponeva si fosse verificato il Diluvio universale, divennero sempre più evidenti.
Dopo l’uscita dell’Origine delle specie (1859) di Charles Darwin, molti testi vennero dedicati ad esaminare il tema dell’origine e dell’antichità dell’uomo, questione che Darwin aveva inizialmente escluso dalla sua trattazione. Un numero sempre maggiore di scienziati e uomini di cultura maturò così la convinzione che la comparsa dell’umanità sulla Terra risalisse ad un’epoca assai lontana nel tempo e che l’inizio della civiltà dovesse essere di molto retrodatato rispetto alle stime tradizionali.
Sensazionali scoperte archeologiche, come le favolose città dei Maya nello Yucatan, individuate da John Lloyd Stephens e Frederick Catherwood, il quale realizzò splendidi disegni di Copán, Palenque, Uxmal e Chichén Itzá (1839-41), e della mitica Troia da parte di Heinrich Schliemann (1868), stavano inoltre a dimostrare come nel passato potessero celarsi ancora numerosi segreti, che riguardavano la storia dell’uomo e che non potevano non rimandare al mito dell’antica sapienza (già sviluppato a partire dal Quattrocento, ma all’interno della cronologia biblica), cioè all’idea che in un passato remoto gli uomini avessero raggiunto un livello di conoscenza superiore a quello attuale.
La scoperta di Schliemann (a cui abbiamo dedicato un articolo, clicca sul link per approfondire), in particolare, ebbe sull’immaginario collettivo un impatto senza precedenti, dando un impulso straordinario alla ricerca archeologica sul campo e alla ricerca delle civiltà perdute e dimenticate; inoltre, i successi dell’avventuriero tedesco rafforzarono la convinzione che in questa materia i dilettanti avessero da dire molte più cose interessanti ed importanti di quanto non potessero fare gli esponenti della cultura ufficiale.
ATLANTIDE SECONDO IGNATIUS DONNELLY
L’idea che Atlantide fosse un luogo realmente esistito è molto recente, proposta inizialmente da uno scrittore chiamato Ignatius Donnelly nel 1881. Egli credeva addirittura che molte delle conquiste umane (come la metallurgia, l’agricoltura, la religione ed il linguaggio) avessero avuto origine proprio ad Atlantide. Secondo le sue supposizioni, nessun popolo antico avrebbe avuto le conoscenze necessarie per sviluppare in autonomia tali conquiste, che devono essere state diffuse da qualche sconosciuta ed antica civiltà. La sua teoria è simile a quella degli “antichi astronauti”, civiltà aliene che sarebbero intervenute sulle conoscenze di popoli evoluti come gli Egizi.
Donnelly era nato nel 1831. Aveva studiato legge e alla giovane età di ventotto anni era diventato vicegovernatore del Minnesota. In seguito fece parte della Camera federale dei Rappresentanti per parecchi anni e due volte concorse alla vicepresidenza degli Stati Uniti.
Fu grazie a Donnelly se le discussioni su Atlantide cominciarono ad uscire dalle stanze degli specialisti per diventare uno dei terreni privilegiati di azione di appassionati e non professionisti. Nel 1882 Donnelly pubblicò l’opera dal titolo “Atlantis: The Antediluvian World“, nella quale veniva presentata una personale e disinvolta rielaborazione di tutte le tipiche tematiche che avevano attraversato il dibattito sull’esistenza di Atlantide nei due secoli precedenti, attraverso l’enunciazione di tredici affermazioni fondamentali:
- Un tempo nell’oceano Atlantico, di fronte alle Colonne d’Ercole, esisteva un’isola immensa, che era quanto restava di un continente noto nell’antichità con il nome di Atlantide.
- La descrizione di tale isola fornita da Platone non era – contrariamente a quanto si era a lungo ritenuto – frutto di fantasia, ma un autentico resoconto storico.
- Atlantide fu la prima area del mondo dove l’uomo passò dalla barbarie alla civiltà.
- Nel corso del tempo Atlantide divenne una nazione popolosa e potente, dalle cui migrazioni le coste del Golfo del Messico, del fiume Mississippi, del Rio delle Amazzoni, della costa pacifica del Sud America, del Mediterraneo, delle coste occidentali di Europa e Africa, del Baltico, del Mar Nero e del Mar Caspio furono colonizzate, sviluppando a loro volta popolazioni locali civilizzate.
- Si trattava del vero mondo Antidiluviano, ossia del Giardino dell’Eden, del Giardino delle Esperidi, dei Campi Elisi, del Giardino di Alcinoo, del Mesomphalos, dell’Olimpo, dell’Asgard delle storie degli antichi popoli, a rappresentanza della memoria universale di una grande terra, popolata a lungo da un’umanità arcaica, pacifica e prospera.
- Gli dei e le dee degli antichi Greci, dei Fenici, degli Indù e degli Scandinavi non erano altro che re, regine ed eroi di Atlantide, e le azioni attribuite loro nella mitologia sono un insieme confuso di eventi storicamente accaduti.
- Le mitologie di Egitto e Perù ritraevano la religione originaria di Atlantide, veneratrice del sole.
- La colonia più antica degli Atlantidei fu probabilmente in Egitto, la cui civiltà riproduceva quella dell’isola originaria.
- I manufatti dell’Età del Bronzo europea avevano avuto origine in Atlantide; furono gli Atlantidei a lavorare per primi il ferro.
- L’alfabeto fenicio, progenitore di tutti gli alfabeti europei, derivava da quello di Atlantide, che fu trasmesso ai Maya dell’America centrale.
- Atlantide fu l’originaria dimora del gruppo dei popoli Ariani o Indo-Europei, così come dei popoli Semitici e probabilmente anche dei Turanidi.
- Atlantide perì a seguito di un terribile disastro naturale, in cui l’intera isola sprofondò nell’oceano, trascinando con sé quasi tutti i suoi abitanti.
- Solo alcuni scamparono a bordo di navi e zattere e, ovunque approdarono, narrarono la spaventosa catastrofe; quelle storie sono giunte a noi in forma di leggende su inondazioni e diluvi avvenuti in diverse zone del mondo antico e moderno.
Nel tentativo di dare un peso scientifico alle sue teorie su Atlantide Donnelly studiò con grande attenzione il racconto di Platone riguardante Atlantide e cominciò poi a compiere ricerche su tutti i terremoti e tutti gli inabissamenti di proporzioni catastrofiche ed apocalittiche avvenuti in tutti i tempi storici. In particolare per provare che un cataclisma come quello che avrebbe provocato la sommersione del continente di Atlantide era scientificamente possibile Donnelly studiò tutti i terremoti ed i conseguenti maremoti che avevano causato la scomparsa di isole o di fasce costiere a Giava, a Sumatra, in Sicilia e anche al largo dell’Oceano Indiano dove si era inabissata una terra molto estesa.
A dire di Donnelly tuttavia l’Oceano Atlantico era la zona più instabile e mutevole tra tutte le aree del globo terrestre. Nel XVIII secolo vi furono in Islanda vari terremoti che fecero emergere un’isola la quale poi se ne tornò immediatamente in fondo al mare.
A detta di tutti, Donnelly era un individuo eccezionale, un lettore vorace che collezionò una quantità enorme di informazioni su storia, mitologia e geografia. Chiaramente però non era molto selettivo nei suoi studi e nelle sue ricerche; sembrava incapace di discriminare ciò che aveva un senso da ciò che non ne aveva. Donnelly è il padre degli studi moderni su Atlantide e, come ha rilevato Daniel Cohen (1969), il libro da lui scritto, “Atlantis: the Antediluvian World” (Atlantide: il mondo antidiluviano), è la “Bibbia” della leggenda assunta a verità.
ATLANTIDE E L’OCCULTISMO
Nel corso della fine dell’Ottocento le idee sulla natura leggendaria di Atlantide si combinarono con storie di altre ipotetiche “terre perdute” nate nel frattempo come Mu e Lemuria.
I teosofi di Madame Blavatsky
I sostenitori più estremi di Atlantide furono i teosofi, membri di un movimento fondato da Elena Petrovna Blavatsky (1888) a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Questa filosofia includeva credenze sugli stadi dell’evoluzione umana attraverso varie “razze originarie”. In uno di quegli stadi eravamo una specie di esseri astrali gelatinosi e, in un altro, ermafroditi con quattro braccia che depositavano uova. Il quarto stadio, o razza, viveva in Atlantide, aveva macchine volanti, bombardava i nemici con esplosivi e coltivava un tipo di frumento importato dagli extraterrestri. I teosofi credevano anche che nell’Oceano Pacifico esistesse un’altra Atlantide, chiamata Mu.
Madame Blavatsky, scrisse nel suo libro “La dottrina segreta” (1888) le informazioni contenute in un antico manoscritto perduto intitolato “Le Stanze di Dzyan“, tra cui le storie degli Atlantidei nordici che sarebbero stati eroi culturali (mentre Platone li descrive dediti principalmente alle arti militari), e che erano la quarta “razza radicale” (Root Race) dopo quella polare, iperborea e lemurica, a cui sarebbe ora succeduta la quinta e attuale “razza ariana”: questa sarebbe dunque composta da persone che avrebbero già vissuto, in vite precedenti, su quel continente remoto.
Le rivelazioni della Blavatsky e di altri teosofi come Annie Besant, Charles Webster Leadbeater, Rudolf Steiner, derivanti da indagini occulte nell’akasha (termine sanscrito per indicare l’etere) condotte tramite presunte capacità chiaroveggenti, contribuirono a diffondere una concezione di Atlantide come del luogo primordiale della sapienza e della civiltà umane.
Edgar Cayce
Dopo la scuola teosofica, sarà il sensitivo americano Edgar Cayce a menzionare Atlantide per la prima volta nel 1923, asserendo in seguito che essa era collocata nei Caraibi e proponendo che fosse un’antica civiltà, altamente evoluta, ora sommersa, dotata di forze navali e aeree mosse da una misteriosa forma di cristallo di energia. Egli predisse inoltre che delle parti di Atlantide sarebbero riemerse nel 1968 o 1969. La Bimini Road, una formazione rocciosa sommersa con pietre rettangolari appena al largo di North Bimini Island (di cui parleremo più avanti), è stata descritta come una possibile prova di questa civiltà.
RUDOLF STEINER E ATLANTIDE
L’esoterista Rudolf Steiner scrisse in merito ad Atlantide come del quarto grande periodo di evoluzione della Terra, precedente quello attuale. Egli la descrisse come un continente perennemente immerso dentro nebbie e vapori, per la costante presenza di anime in procinto di incarnarsi, e situabile all’incirca dove oggi si trova l’oceano Atlantico; le isole Canarie rappresenterebbero l’ultimo avamposto sopravvissuto dopo che esso sprofondò nel mare.
Gli Atlantidei avrebbero posseduto facoltà di chiaroveggenza oggi scomparse, in virtù del fatto che all’epoca il loro corpo fisico era piuttosto separato dalle altre componenti spirituali. Questa costituzione favoriva la possibilità che entità più progredite si incarnassero nei loro corpi per guidarli come maestri spirituali all’interno delle scuole iniziatiche.
Un retaggio del modo in cui appariva un individuo di Atlantide, con la parte eterica della testa più evoluta, sovrastante l’aspetto fisico ancora animalesco, secondo Steiner sarebbe visibile tuttora nelle sculture delle Sfingi dell’antico Egitto: la Sfinge rappresenterebbe lo sviluppo incompiuto dell’essere umano, il cui corpo attende di essere modellato dalla testa già compiuta.
ATLANTIDE E I NAZISTI
Il concetto di Atlantide attrasse anche i teorici nazisti. La “teoria del ghiaccio cosmico” (1913) di Hanns Hörbiger (1860-1931) aveva infatti conquistato un vasto appoggio popolare in Germania e venne promossa dal regime nazista per le sue implicazioni razziali. Hörbiger riteneva che la Terra fosse soggetta a periodici cataclismi provocati dalla caduta di una serie di corpi celesti che da comete erano diventati satelliti; la sommersione di Atlantide e di Lemuria sarebbero state provocate dalla cattura dell’attuale satellite della Terra, la Luna. I periodi di avvicinamento dei satelliti avrebbero provocato (per diminuzione della gravità) la nascita di stirpi di giganti di cui parlano la varie mitologie.
Alfred Rosenberg (Mito del XX secolo, 1930) parlò di una razza dominante “nordico-atlantiana” o “ariano-nordica”.
Nel 1938 il Reichfürer Heinrich Himmler (allora capo supremo delle SS del Terzo Reich) organizzò una ricerca in Tibet allo scopo di trovare le spoglie degli Atlantidei bianchi (ne abbiamo parlato nel fortunatissimo articolo dedicato all’Ahnenerbe: clicca sul link per approfondimenti).
Julius Evola, in “Rivolta contro il mondo moderno” (1934), riprendendo chiaramente le tesi di Bailly, identifica in Atlantide uno dei molti riferimenti presenti nelle opere antiche alla sede iperborea, luogo d’origine di esseri “più che umani” regnanti durante l’età dell’oro, a sua volta ritenuta essere il polo nord, ancora non colpito da un clima rigido, ma anzi regione definita “solare”.
LE IPOTESI SULLA COLLOCAZIONE DI ATLANTIDE
Essendo, come abbiamo visto, una storia funzionale ai dialoghi di Platone, la città è generalmente vista come un mito concepito dal filosofo per illustrare le proprie idee politiche. Tuttavia, in moltissimi hanno provato a ipotizzare una collocazione geografica per questa misteriosa isola, e questi potrebbero essere i luoghi in cui potrebbe trovarsi. Alcune ipotesi sono più serie in quanto teorizzate da ricercatori ed archeologi, altre sono state avanzate da medium oppure a seguito di ricerche pseudoscientifiche. Molti dei luoghi proposti condividono alcune caratteristiche della storia dell’isola (acqua, fine catastrofica, periodo storico) ma per nessuno di questi esistono prove schiaccianti che li possano identificare alla storica Atlantide. Proviamo a vederne alcuni.
Cadice, in Andalusia
Recentemente, il mito del continente scomparso è tornato alla ribalta grazie alle scoperte di un team di ricercatori americani. Studiando delle foto satellitari che ritraevano la zona a nord di Cadice, in Spagna, hanno notato un particolare sito che presentava delle anomalie. Hanno poi organizzato delle immersioni nelle acque del Parco naturale di Dona Ana e sostengono di aver trovato le rovine di una città strutturata ad anelli concentrici, proprio la struttura che Platone ha descritto.
Bimini Road
Vicino alla parte settentrionale dell’isola di Bimini, nelle Bahamas, a metà degli anni sessante, i subacquei incontrarono quasi un chilometro rettilineo di pietre uniformemente distanziate. Tuttavia, secondo gli studi, la datazione al carbonio e la mancanza di segni di utensili, sembra che l’erosione naturale sia responsabile della loro creazione. Ciò che i sommozzatori avevano interpretato come interstizi fra i blocchi della costruzione erano solo le giunture naturali di un fondo calcareo roccioso che si forma molto rapidamente sotto l’acqua. Tale tipo di roccia è soggetto a erosione in seguito all’azione delle maree, che provocano rotture o giunture a intervalli regolari e con angoli retti. Giunture naturali simili sono state osservate anche sul fondo roccioso vicino la costa dell’Australia.
Pianura di Souss-Massa in Marocco
Un’analisi del 2008 di cinquantuno descrittori platonici di Atlantide identificò diverse possibili coordinate, comprese queste dune costiere, che presentano intriganti letti concentrici di fiumi asciutti, ma nessuna prova di civiltà perdute.
Spartel Bank
Platone disse che la città perduta si trovava oltre le colonne d’Ercole, lo stesso luogo in cui si trovava l’isola di Spartel, sempre in Marocco, ma scomparsa alla fine dell’ultima era glaciale a causa dell’innalzamento del livello del mare. Oggi può essere trovata a 56 metri sotto la superficie dell’oceano.
Doggerland
Non tutti lo sanno, ma le isole britanniche una volta erano collegate all’Europa da una massa continentale bassa. Tuttavia, quando un mega tsunami (che potrebbe verificarsi in Alaska da un momento all’altro) colpì intorno al 6000 a.C. la regione, quest’ultima scomparve.
Est Europa
Nell’area del Mar Nero ci sarebbero, inoltre, altre tre location proposte: Bosporus, Sinop e Ancomah. Il vicino Mar d’Azov è stato proposto come un altro sito nel 2003, così come vari gruppi di isole nell’Oceano Atlantico, in particolare le Azzorre (che sono un territorio del Portogallo).
Helike
Uno tsunami colpì questa città greca ai tempi di Platone e molti presumevano che i suoi resti si trovassero nel Golfo di Corinto, ma fu trovata, invece, a quasi un chilometro nell’entroterra, sepolta da un processo chiamato liquefazione delle sabbie.
L’Antartide
Una delle teorie più controverse afferma che Atlantide sarebbe sprofondata vicino l’Antartide, secondo il nostro italiano Flavio Barberio, perché nei tempi remoti il clima di quel territorio era temperato e una civiltà vi ci si sarebbe potuta tranquillamente sviluppare; poi le glaciazioni l’avrebbero completamente distrutta.
Il Polo Nord
Il primo a elaborare l’ipotesi di un’Atlantide nordica fu, molto probabilmente, lo svedese Olaus Rudbeck che, nel XVII secolo, posizionò – soprattutto per motivi nazionalistici – il continente perduto in Svezia.
Le sue idee furono riprese, modificate e razionalizzate dall’astronomo e letterato francese Jean Sylvain Bailly che, nella seconda metà del Settecento, arrivò a posizionare Atlantide nelle remote regioni siberiane, in prossimità dell’isola di Spitzbergen. Come abbiamo già detto prima, il popolo atlantideo avrebbe abitato, secondo Bailly, le regioni brulle e ghiacciate della Siberia, che – a suo giudizio – in epoche remotissime dovevano essere moderatamente temperate e abbastanza fertili, mentre un caldo torrido affliggeva il resto del globo rendendolo praticamente inabitabile. La Siberia infatti, secondo l’ipotesi di Bailly, anticamente doveva essere ben più calda e quindi abitabile, mentre le zone equatoriali dovevano essere praticamente incandescenti, inabitabili e quindi inabitate. Perciò non poteva che ricercarsi a nord l’origine dell’umanità e dunque l’origine delle scienze.
Le remote regioni tartariche, o quelle artiche furono di conseguenza la sede primitiva della scienza, la dimora della più antica razza umana, i celebri Atlantidei che, nei secoli successivi, discendendo a sud dalle pianure della Scizia, attraversarono le steppe caucasiche e portarono con loro nell’Asia meridionale i rudimenti delle arti e delle scienze e il culto del sole e del fuoco, che, come asseriva Bailly, poteva essersi originato soltanto in una zona dal clima freddo, e dunque nel “freddo impero della notte polare”.
ATLANTIDE IN SARDEGNA?
Nelle sue opere, Platone descriveva Atlantide come “un’isola grande più della Libya e dell’Asia posta al di là delle Colonne d’Ercole“, i cui abitanti erano “costruttori di torri devoti al dio Poseidone“, una terra “ricca di acqua e foreste e dal clima dolce, al punto tale da rendere possibili più raccolti all’anno”, ma anche “ricca di minerali e metalli usati per edificare mura protettive concentriche“.
Seconda una recente teoria, supportata tra l’altro da alcuni dati raccolti attraverso l’aerofotogrammetria, la Sardegna avrebbe molte caratteristiche in comune con l’Atlantide descritta da Platone:
- Gli antichi consideravano la Sardegna addirittura più estesa della Sicilia;
- È posizionata al di là delle Colonne d’Ercole (se si considera la geografia precedente agli scritti di Eratostene, il responsabile dello spostamento delle colonne dalla Sicilia allo Stretto di Gibilterra);
- Gode di un ottimo clima, che permetteva a quei tempi tre raccolti l’anno;
Era, ed è tutt’ora, ricca di foreste e acqua; - Era ricca di miniere di piombo, zinco, argento e la società era metallurgica fino dagli albori;
- Era la patria dei Tirreni, cioè i “costruttori di torri“, che non sarebbero altro che i famosi nuraghi.
Proprio su quest’ultimo punto si basa la teoria. Dalle fotografie aeree si evince che la maggior parte dei nuraghi situati a basse quote sono quasi totalmente ricoperti di fango (tra questi anche la grande reggia nuragica di Barumini, che venne disseppellita dopo 14 anni di scavi). La ragione di ciò potrebbe essere ricondotta ad un tragico tsunami di proporzioni enormi che avrebbe colpito la Sardegna, distruggendo porti e città, decimando la popolazione e portandola di fatto all’estinzione; sorte molto simile a quella del popolo atlantideo.
Le varie riflessioni, gli studi, in realtà non hanno dato vita a nessun riscontro che confermasse che la Sardegna fosse in realtà la mitica Atlantide. Nel 2005 numerosi studiosi, 250, tra archeologi, storici, geologi, glottologi, antropologi e professionisti di varie discipline compilarono un documento: “La Sardegna non può essere la mitica Atlantide” per mettere fine a quel dibattito durato generazioni e provocato da convinzioni che sono state definite “errate” e senza supporto di un metodo scientifico e di fondamenta archeologiche.
ATLANTIDE COME NUMENOR
Come ricompensa per le loro sofferenze nella lotta contro Morgoth, i Valar, i guardiani del mondo, donarono agli Edain una terra dove potessero vivere al riparo dei pericoli della Terra di Mezzo. La maggior parte di essi attraversò il mare; guidati dalla Stella di Eärendil, giunsero alla grande isola di Elenna, la più occidentale delle Terre mortali. Ivi fondarono il reame di Númenor.
(J. R. R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Appendice A, Annali dei re e dei governatori, “I Re Numenoreani”)
Chi, come lo scrivente, ha letto il Silmarillion di Tolkien (1977), non ha potuto fare a meno di notare come la caduta dell’isola di Númenor ricordi molto da vicino il mito di Atlantide. Nella cornice dell’opera, l’evento viene ricordato come “La Caduta” – che nella lingua elfica inventata da Tolkien diventa “Atalantë”. Dato che l’opera di Tolkien intende descrivere una “mitologia immaginaria” del nostro mondo, l’implicazione evidente è che Númenor sia di fatto Atlantide.
L’isola di Númenor fu creata dai Valar all’inizio della Seconda Era di Arda, facendola sorgere dal Mare a metà strada tra Valinor e la Terra di Mezzo. Questa nuova terra fu offerta come ricompensa agli Edain che avevano combattuto contro Morgoth nella Prima Era. Ad essi i Valar concessero una durata della vita cinque volte superiore a quella degli altri Uomini; la terra benedetta su cui vivevano, inoltre, li rese più alti e forti degli Uomini della Terra di Mezzo.
Durante i regni di Tar-Ciryatan e di suo figlio Tar-Atanamir, un’ombra si abbatté sull’isola. Gli uomini iniziarono a temere la morte più di qualsiasi altra cosa e a desiderare la vita immortale degli Eldar e dei Valar. Molti, tra cui lo stesso re Tar Atanamir, iniziarono a parlare apertamente contro i Valar e a chiedersi se il Bando da Valinor fosse stato pronunciato come punizione per non raggiungere la vita immortale.
L’ossessione per la morte e per come evitarla crebbe nell’isola, tanto che i suoi abitanti cominciarono a perdere i doni a loro dati dai Valar. Più erano ossessionati dal vivere a lungo, più la loro vita si accorciava e desideravano sempre maggiori ricchezze e potenza. Cominciarono a conquistare e sottomettere vaste zone sulle coste della Terra di Mezzo. I territori dove in passato erano stati considerati re benevoli ora erano costretti a pagare pesanti tributi, in denaro e schiavi. Solo uno dei re che seguirono Tar-Atanamir tentò di cambiare le cose e riavvicinare Númenor alla grazia dei Valar, ma invano. Tar-Palantir morì infatti lasciando un regno dilaniato dalle lotte interne, lasciando una sola figlia, che divenne regina con il nome di Tar-Miriel.
Quando l’usurpatore Ar-Pharazôn (nipote di Tar-Palantir) era ormai vecchio e vedeva la morte avvicinarsi, Sauron lo ingannò convincendolo che avrebbe potuto conquistare l’immortalità con la forza invadendo Valinor. Ma, nel momento in cui Ar-Pharazôn sbarcò a Valinor, i Valar invocarono l’aiuto di Eru Ilúvatar: questi rispose cambiando la forma del mondo, e distruggendo Númenor e le sue navi; Ar-Pharazôn e i suoi uomini, che erano effettivamente sbarcati a Valinor, furono sepolti da un terremoto; inoltre Ilúvatar sottrasse Valinor ai confini del mondo e la trasferì in un’altra dimensione, così che in seguito essa potesse essere raggiunta dalle navi degli Eldar (gli Elfi), ma non da quelle degli Uomini.
Le analogie Avendo un minimo di familiarità con la mitologia greca, dopo aver letto la storia di Númenor è abbastanza immediato pensare al celebre mito di Atlantide, menzionatoci per la prima volta da Platone nel Timeo e nel Crizia. Atlantide sarebbe stata una grande isola situata di fronte alle Colonne d’Ercole, terra ricca e prosperosa, forte militarmente e regina dei mari.
Tra gli intellettuali più illustri appassionati al mito di Atlantide, dobbiamo includere J. R. R. Tolkien. In alcune sue lettere, infatti, afferma di avere una vera e propria “ossessione” per Atlantide, tanto da definire questo suo tormento come “complesso di Atlantide”. Tolkien confessa, senza troppi giri di parole, di aver creato Númenor proprio per adattare alla sua mitologia la tradizione di Atlantide.
I punti di contatto tra Númenor e Atlantide sono molteplici. Partendo dalle caratteristiche fisiche, entrambe sono delle grandi isole, poste lontane dalla costa continentale e quindi difficili da raggiungere.
È interessante porre l’attenzione sulla loro fine: entrambe, dopo un periodo di estrema prosperità, in brevissimo tempo subiscono un declino che le porta al totale collasso. Esso è dovuto, in entrambi i casi, all’avidità, ambizione e sete di dominio che colpiscono i loro abitanti, i quali peccano di una sorta di “hybris”, contro i Valar nel caso di Númenor e contro gli Dei, in particolare Poseidone, nel caso di Atlantide. La distruzione delle due isole è irreversibile: non ne resta, infatti, più traccia.
Entrambe, inoltre, ci vengono presentate come delle gemme preziose all’interno dei loro mondi, dei loci amoeni in cui era possibile condurre una vita felice e tranquilla. Sono luoghi che sembrano essere di gran lunga migliori rispetto al resto dei territori circostanti, eppure crollano per via dell’arroganza degli uomini che li abitano.
ATLANTIDE NELL’ATLANTICO? DIFFICILE
Non ci sono prove di un grande continente sommerso nell’Oceano Atlantico. Di fatto, la nostra conoscenza moderna dei processi geologici di masse tettoniche esclude questa possibilità. La crosta terrestre non è un guscio solido: consiste invece in numerose “masse” rocciose geologicamente separate. Le masse rocciose si muovono facendo sì che anche i continenti si spostino. Sappiamo infatti che l’attuale configurazione dei continenti era diversa nel passato. Oltre duecento milioni di anni fa essi facevano parte di una massa unica chiamata Pangea. Centottanta milioni di anni fa i continenti dell’emisfero nord (Laurasia) erano in parte collegati a quelli del sud (Gondwana). La separazione dei continenti negli emisferi orientale e occidentale e la formazione del bacino Atlantico avvennero successivamente, prima di sessantacinque milioni di anni fa. L’Atlantico da allora ha continuato ad allargarsi, mentre Europa e Nord America seguitano ad allontanarsi l’una dall’altra, quale risultato dell’espansione del fondo marino lungo l’intersezione delle masse rocciose. Nel Pacifico, un movimento tettonico simile lungo la costa orientale del Nord America ha provocato il tremendo terremoto che ha colpito la zona di San Francisco-Oakland nell’ottobre del 1989.
Una catena di montagne si è formata in milioni di anni all’intersezione delle due croste rocciose al centro dell’Atlantico. Questa formazione sta lentamente emergendo. Non avviene invece che masse rocciose vengano risucchiate sotto l’oceano. La geologia è chiara: nella zona in cui Platone colloca Atlantide non ci poteva essere in superficie un’estesa massa di terra, poi inabissatasi.
L’archeologia e la geologia moderne forniscono assieme un verdetto privo di ambiguità: non è mai esistito un continente atlantico e forse neppure è mai esistita la grande civiltà chiamata Atlantide.
ATLANTIDE, LA FORTUNA DI UN MITO
Il mito di Atlantide è un mito che mai smetterà di cessare perché non si deve mai smettere di credere. Come la ricerca degli oggetti sacri dal Santo Graal a l’Arca dell’Alleanza, insieme ad El Dorado l’isola sommersa con i suoi tesori è un qualcosa che continuerà a stimolare studiosi e avventurosi in futuro proprio per il suo fascino e mistero. Ad essa sono state dedicate migliaia di libri e saggi.
Atlantide rimane uno dei misteri più affascinanti e duraturi della storia umana. Nonostante le numerose teorie e le ricerche approfondite, la verità sull’esistenza e la localizzazione di questa leggendaria civiltà resta avvolta nel mistero. Tuttavia, è proprio questa mancanza di certezze definitive a rendere Atlantide così intrigante e a stimolare l’immaginazione collettiva.
L’interesse per Atlantide va oltre la semplice curiosità storica o archeologica; tocca questioni fondamentali sulla natura umana, sulla nostra storia e sulle civiltà che sono fiorite e poi scomparse dalla faccia della Terra. Atlantide ci invita a riflettere sulla nostra propria civiltà, sui suoi valori e sulla sua durata nel tempo.
Sembra che l’uomo abbia bisogno di credere in un mondo scomparso. Un mondo in cui magari vivesse una gente civile, capace di istituire un governo pacifico e avanzato, verso la quale provare nostalgia. Forse perché, come dice L. Sprague de Camp, la ricerca di Atlantide risveglia una speranza che tutti portiamo dentro, “la speranza tante volte accarezzata e tante volte delusa che certamente chissà dove, chissà quando, possa esistere una terra di pace e di abbondanza, di bellezza e di giustizia, dove noi, da quelle povere creature che siamo, potremmo essere felici”.
Atlantide potrebbe essere rimasta nascosta sotto le onde o esistere solo nel regno delle idee, ma il suo fascino e il suo mistero continuano a ispirarci, a insegnarci e a ricordarci che, in ogni leggenda, c’è un nucleo di verità che aspetta di essere scoperto.
Concludiamo questo articolo con un doveroso omaggio al maestro Franco Battiato, riproponendo il suo brano “Atlantide”.