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TRAPIANTO DI FEGATO: LA STORIA.

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La storia della trapiantologia epatica inizia in qualche modo in Italia, prima di oltrepassare l’Oceano; come viene infatti riportato negli Archivi ed Atti del 54° Congresso della Società Italiana di Chirurgia nell’ottobre 1952, viene pubblicata la prima serie occidentale di trapianti di fegato eseguiti negli animali di larga taglia da Vittorio Staudacher, Professore di Chirurgia all’Università di Milano.

Il primo trapianto di fegato umano fu eseguito negli Stati Uniti, cinque anni dopo il primo trapianto cuore,  il 1 Marzo 1963 dal Dott. Thomas E. Starzl all’Università di Denver; il paziente fu Bennie Solis, un bambino di tre anni, affetto da atresia delle vie biliari, una malattia per la quale non esisteva alcun trattamento e che non lasciava alcuna speranza di vita. Purtroppo questo primo tentativo fu gravato dall’insuccesso: il sangue del bambino non coagulò e, nonostante il tentativo di fermare l’emorragia, il bambino morì dopo 4 ore dalla rivascolarizzazione. A seguito di questo esito, Starzl fu subì pesanti critiche, ma cosciente che la strada aveva intrapreso fosse giusta, tentò di nuovo maggio 1963 su un uomo con cancro epatico:  al paziente vennero somministrate enormi quantità di fibrinogeno, proteina implicata nella coagulazione del sangue. L’operazione fu portata a termine e il paziente sopravvisse alla stessa per poi morire dopo tre settimane, sempre per complicanze emorragiche.

Starz a questo punto si dedicò allo studio per la prevenzione sia delle complicanze emorragiche sia del rigetto: bisogna ricordare che all’epoca non esisteva una terapia immunosoppressiva efficace. Nel 1967 gli si dedicò ad una serie di interventi su bambini e neonati affette da diverse patologie epatiche incurabili e con nessuna possibilità di sopravvivenza: questa volta gran parte degli interventi furono coronati dal successo e dalla sopravvivenza dei pazienti. Alla fine degli anni Settanta, complice anche lo sviluppo della Ciclosporina per le terapie antirigetto, il tasso di sopravvivenza dopo trapianto di fegato era del 40%.

Adesso possiamo ritornare nel nostro paese. Il primo trapianto di fegato italiano fu eseguito il 20 maggio 1982, presso la Seconda Clinica Chirurgia del Policlinico Umberto I di Roma, dal Professor Raffaello Cortesini e della sua equipe.

Il 1 Giugno del 1988 il gruppo del Professor Rodolf Pichlmayr esegue in Germania il primo trapianto di fegato “split”: la tecnica consiste nel dividere al banco l’organo in due emifegati che possono poi funzionare in maniera autonoma, per permettere di eseguire con un unico prelievo due trapianti.

Per il primo trapianto di fegato da donatore vivente bisognerà aspettare gli anni Novanta; più precisamente il 27 novembre 1993, quando all’Università di Shinshu, in Giappone, Masatoshi Makuuchi esegue con successo il primo intervento di questo genere.

Thomas Starzl legherà ancora una volta il suo nome a questa incredibile storia nel 1995, quando presenterà i risultati degli studi condotti all’Università di Pittsburgh, su una molecola denominata fino ad allora FK506, e successivamente diventata famosa come Tacrolimus, per la terapia antirigetto; l’introduzione del Tacrolimus nella pratica clinica  pian piano modificherà i protocolli terapeutici nel mondo, sostituendo la ciclosporina.

La strada è stata lunga, ricca di successi, ma anche, purtroppo, di insuccessi; eppure ha permesso di giungere ad oggi, momento in cui il trapianto di fegato è un intervento consolidato, con una bassa mortalità perioperatoria. Negli ultimi anni sono state approfondite anche tecniche mini-invasive che permettono una più rapida ripresa, una riduzione delle complicanze, del dolore postoperatorio e dei giorni degenza.

Inizialmente si è iniziato ad eseguire il prelievo dal donatore con tecnica laparoscopica, fondamentale per ridurre i rischi e migliorare la ripresa in un soggetto che, ricordiamolo, è sano e si sottopone ad un intervento chirurgico per permettere la guarigione di un altro; successivamente si è arrivati ad eseguire anche il trapianto stesso in laparoscopia e pochi mesi fa è stato possibile intervenire anche con tecnica robotica.

A marzo, infatti, è stato pubblicato il report del primo intervento di questo tipo sulla rivista scientifica “The American Journal of Transplantation”; il trapianto è stato eseguito su un uomo di 62 anni affetto da cirrosi da epatite C e carcinoma epatocellulare (HCC). Il video dell’intervento è anche disponibile su Youtube.

Dalla prima operazione sperimentale ai successi di oggi, la storia del trapianto di fegato riflette i progressi della medicina e della chirurgia, ma anche il coraggio di pazienti e medici che hanno creduto in un sogno comune: trasformare un’operazione rischiosa in una concreta possibilità di salvezza. Ogni trapianto riuscito testimonia la forza della solidarietà e dell’innovazione, ricordandoci quanto sia fondamentale sostenere la ricerca, incentivare la donazione e continuare a migliorare le tecniche, affinché un numero sempre maggiore di vite possa essere salvato.

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