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lunedì, Gennaio 20, 2025

La frittura.

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Croccante, dorata, irresistibile… ma anche un vero e proprio campo minato per la nostra salute, se non affrontata con la giusta consapevolezza. Sto parlando della frittura quel metodo di cottura tanto amato quanto demonizzato.

Partiamo da un concetto fondamentale: la frittura è un metodo di cottura che prevede l’immersione di un alimento in un bagno di olio bollente. Questo processo, se da un lato conferisce agli alimenti una consistenza croccante e un sapore appetibile, dall’altro comporta una serie di trasformazioni chimiche che possono avere conseguenze negative sulla nostra salute. Durante la frittura, infatti, l’olio subisce un processo di degradazione termica, che porta alla formazione di composti tossici come l’acroleina, le aldeidi e i polimeri ciclici. Queste sostanze, oltre a conferire all’olio un odore sgradevole e un sapore rancido, possono essere dannose per il nostro organismo, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari, infiammatorie e persino tumorali. Immaginate l’olio come un acrobata che si esibisce su un filo teso: finché le condizioni sono ottimali, l’acrobata compie evoluzioni perfette. Ma se il filo si surriscalda, l’acrobata rischia di cadere e di farsi male.

Ma non è solo la degradazione dell’olio a rappresentare un problema. Anche l’alimento stesso subisce delle modifiche durante la frittura. L’alta temperatura e il contatto con l’olio favoriscono la perdita di alcune vitamine termolabili, come la vitamina C e alcune vitamine del gruppo B, e l’assorbimento di una notevole quantità di grassi. Questo si traduce in un aumento del contenuto calorico dell’alimento e in una riduzione del suo valore nutrizionale. È un po’ come se l’alimento, durante la frittura, si “vestisse” di una corazza di grasso, diventando più pesante e meno nutriente.

E qui arriviamo al punto cruciale: l’interazione con il nostro fegato e il nostro microbiota. Il fegato, come abbiamo già visto parlando di alcol, è il nostro principale organo deputato alla detossificazione. Quando consumiamo alimenti fritti, il fegato si trova a dover gestire un surplus di grassi e di sostanze tossiche, sovraccaricandosi e rischiando di subire danni a lungo termine. Inoltre, l’eccessivo consumo di grassi, soprattutto se di scarsa qualità, può alterare la composizione e la funzionalità del nostro microbiota intestinale, favorendo la disbiosi e l’infiammazione cronica. Immaginate il nostro fegato come un efficiente impianto di depurazione: se gli riversiamo dentro troppi rifiuti tossici, l’impianto rischia di andare in tilt.

L’abuso continuativo e sregolato di frittura è quindi un vero e proprio attentato alla nostra salute. Aumenta il rischio di obesità, malattie cardiovascolari, malattie del fegato, disturbi digestivi e infiammazione cronica. È come se la frittura, a forza di “friggere” i nostri organi, finisse per comprometterne il corretto funzionamento.

Ma non disperiamo! Esistono alternative intelligenti e, soprattutto, un approccio più consapevole alla frittura. Innanzitutto, è fondamentale scegliere oli di buona qualità, con un alto punto di fumo, come l’olio extravergine di oliva o l’olio di arachidi, e sostituirli frequentemente. Inoltre, è importante mantenere la temperatura dell’olio costante e non troppo elevata, per evitare la formazione di composti tossici. E poi, ovviamente, la frequenza: limitare il consumo di fritti a occasioni sporadiche è la strategia migliore per preservare la nostra salute.

E qui arriviamo al consiglio “controcorrente”: la frittura, in rare occasioni, può essere utile in caso di intestino pigro. Questo perché i grassi, in generale, stimolano la motilità intestinale. In particolare, i grassi introdotti con la frittura, seppur con tutte le controindicazioni del caso, possono agire come un blando “lassativo naturale”, favorendo l’evacuazione. Questo meccanismo si basa sulla stimolazione della secrezione di bile da parte della cistifellea, che a sua volta stimola la peristalsi intestinale. È un po’ come se la frittura, in questo caso specifico, desse una piccola “spinta” al nostro intestino un po’ addormentato. Ma attenzione: questo non significa che la frittura debba diventare un rimedio abituale per la stitichezza! Esistono alternative molto più salutari e altrettanto efficaci, come l’aumento dell’apporto di fibre, l’idratazione e l’attività fisica.

In breve, l’abuso è dannoso per il fegato, per il microbiota e per la salute in generale. Un consumo occasionale, con le giuste precauzioni, può essere concesso, soprattutto in quelle rare occasioni in cui l’intestino fa un po’ le bizze. Ma ricordiamoci che la vera salute si costruisce con uno stile di vita equilibrato, che privilegia cotture più leggere e alimenti nutrienti.

Dott. Febo Quercia – Biologo Nutrizionista
Per info e contatti: cell. 347.5706003

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