Una sala piena di bambini – quasi a doppiare le numerose voci bianche presenti in scena – accoglie la matinée di Příhody lišky Bystroušky (letteralmente Racconti della volpe orecchie affilate di solito tradotto con La piccola volpe astuta) di Leoš Janáček, primo titolo del 2025 sul palco dell’Opéra Bastille (ma già in scena, con questa produzione, nel 2008 e nel 2009).
Se il ritmo veloce e leggero della vicenda, popolata di animali parlanti, e l’atmosfera sospesa tra il comico e il fiabesco ne fanno certo un titolo adatto all’infanzia, La piccola volpe astuta è però anche (e oggi più che mai) un’opera amara sul conflitto tra l’uomo e l’ambiente. Soprattutto, è una riflessione malinconica sul passaggio inesorabile del tempo e sul ciclico rinnovamento della Natura, che annulla il singolo e lo sublima in un eterno ritorno delle forze vitali: “Non sono quello che pensi… quello era mio nonno!” canta la piccola rana al guardiacaccia; ed è la chiusura, ciclica, dell’opera. Sicuramente questo ha in mente Juraj Valčuha mentre dirige: la sua bacchetta riesce a coniugare l’attenzione per le vivaci dinamiche sceniche con una lettura finissima e malinconica, che fa brillare tutti i suoni della foresta nascosti nella partitura, dall’incedere maestoso del cervo al querulo ronzio delle mosche.
Di buona qualità anche la messa in scena di André Engel, ripresa da Dagmar Pischel, che ha forse il punto forte nei costumi con i quali Élisabeth Neumuller ricrea, con ironia e mestiere, la fauna del bosco: quasi interamente umani ma, allo stesso tempo, inconfondibilmente animaleschi (segnaliamo la bellissima chioma rossa, à la Milva, della protagonista, ma anche le galline in lingerie e vestaglia o i cervi in cappotto pezzato). Nella prima parte dell’opera la foresta viene tramutata in un coloratissimo campo di girasoli (espandendo così la scena del libretto in cui il maestro ubriaco si dichiara proprio a un girasole, mosso dalla volpe Bystrouska). E nell’ultimo atto dell’opera i colori dell’estate lasceranno il posto a un desolato paesaggio invernale, su cui spicca il rosso delle volpi, salvo tornare a svelarsi di nuovo sulle battute finali dell’opera. La ferrovia e i pali del telegrafo ricordano, in ogni scena, l’ambigua presenza dell’uomo e della sua tecnologia. A risultare un po’ sacrificata è forse la coreografia: durante i numerosi squarci orchestrali presenti nella partitura, la regia decide infatti di far calare a mo’ di sipario, un vivace pannello che riprende i motivi della messa in scena. La scelta, a ogni modo, funziona, soprattutto per la bellezza di questo sipario su cui le varie scene dell’opera, dipinte con stile naïf, si inseguono tra una ferrovia e una ghirlanda di girasoli, contro un cielo blu.
Se è vero che in questo lavoro operistico atipico il canto sembra perdere d’importanza rispetto alla componente strumentale (si è parlato a questo proposito, addirittura, di poema sinfonico accompagnato), i solisti regalano una buonissima prova, a partire dall’esuberante volpe Bystrouska di Elena Tsallagova che domina la scena: perfettamente a suo agio con l’impervia vocalità richiesta dalla parte, unisce alle indubbie doti vocali una travolgente presenza scenica. Milan Siljanov restituisce invece un Guardiacaccia riflessivo e un po’ malinconico, che dà il meglio di sé nel bellissimo monologo finale, dove i colori della voce e l’eleganza del fraseggio possono finalmente spiegarsi a pieno. Tutto sommato buona, seppur con qualche sbavatura sugli acuti, la performance di Éric Huchet (che canta, oltre al Maestro, il piccolo ruolo della Zanzara), mentre meno a fuoco risultano lo Zlatohrbítek di Paula Murrihy, a tratti un po’ affaticato, e il Parroco Frédéric Caton, la cui voce ci appare un po’ ingolata. Tra i numerosi comprimari a spiccare è invece la voce squillante di Tadeáš Hoza (Harasta), e l’interpretazione del cane Lapak di Maria Warenberg. Un ottimo lavoro fanno le voci bianche, sotto la supervisione di Petr Louženský e, al solito, il coro dell’Opéra de Paris diretto da Alessandro Di Stefano.
Lo spettacolo ha dunque le carte in regola per diventare una delle migliori produzioni (ri)proposte dall’Opéra de Paris in questa stagione. Aiutano un cast musicale all’altezza e una direzione completamente a fuoco che ricevono meritatissimi applausi e convincono grandi e piccini.
Opéra Bastille – Stagione 2024/25
LA PICCOLA VOLPE ASTUTA
Opera lirica in tre atti
Musica e libretto Leoš Janáček
La volpe Bystrouska Elena Tsallagova
Il maschio di volpe Zlatohrbítek Paula Murrihy
Il guardiacaccia Milan Siljanov
Sua moglie Marie Gautrot
Il maestro di scuola Éric Huchet
Il parroco Frédéric Caton
Harasta Tadeáš Hoza
Il cane Lapak Maria Warenberg
Il tasso Slawomir Szychowiak
Il gallo Rocio Ruiz Cobarro
La chioccia Chocolka Irina Kopylova
La zanzara Éric Huchet
La civetta Marie Gautrot
La ghiandaia Rocio Ruiz Cobarro
Il Picchio Marie-Cécile Chevassus
Pasek Se-Jin Hwang
Sua moglie Anne-Sophie Ducret
Orchestra e Coro dell’Opéra Bastille
Direttore Juraj Valčuha
Direttore del coro Alessandro Di Stefano
Direttore del coro dei bambini Petr Louženský
Regia André Engel
Ripresa della regia Dagmar Pischel
Scene Nicky Rieti
Costumi Élisabeth Neumuller
Luci André Diot
Coreografia Françoise Grès
Parigi, 19 gennaio 2025
Guido Giachetti
Fonte: connessiallopera.it