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Alla scoperta del mondo protestante: i Metodisti (Seconda parte).

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mercoledì, Febbraio 5, 2025

Non temono l’omosessualità, che benedicono. Credono nella giustizia sociale e nella responsabilità verso il creato. Hanno sfidato schiavitù, discriminazioni e povertà, ispirando figure come Mandela. In questa seconda parte dell’intervista, esploriamo le sfide e gli impegni della Chiesa Metodista, una comunità che unisce disciplina e impegno civile, fede e ragione, convinta che la santità non passi per la cruna del “giudizio”, ma per quella del “servizio”.

Dialogo, collaborazione o distanza? Come si sviluppano i vostri rapporti con le Chiese pentecostali e cattolica?”

Con i pentecostali, pur mantenendo varie differenze teologiche, abbiamo qualche collaborazione locale. Inoltre, la Federazione delle Chiese Pentecostali è da anni osservatrice nella Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, di cui la Chiesa Metodista è tra i membri fondatori. Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, il tempo delle scomuniche è ormai superato e le nostre comunità sono impegnate nel cammino ecumenico, sia a livello locale che nazionale. Condividiamo sensibilità comuni su temi come la salvaguardia del creato, l’accoglienza di migranti e rifugiati, la lotta alle disuguaglianze economico-sociali, il sostegno ai poveri e l’impegno per la pace. Tuttavia, ci sono differenze significative: ad esempio, sul piano teologico abbiamo il ministero pastorale e diaconale aperto alle donne, e sul piano etico effettuiamo la benedizione delle coppie omoaffettive dal 2010.

Metodisti e valdesi: un’alleanza di intenti o un’unione vera e propria? Quali sono i vostri legami concreti?”

Abbiamo un rapporto molto stretto con la Chiesa Valdese. Dal 1975 siamo strutturalmente uniti in un Patto d’Integrazione: ad esempio, condividiamo un unico Sinodo, che si riunisce ogni anno a Torre Pellice, e un unico corpo pastorale. Questo significa che un pastore metodista può servire in una Chiesa Valdese e viceversa. Siamo riconosciuti come chiesa unica dallo Stato italiano con il nome di “Chiesa Evangelica Valdese – Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi in Italia” e con tale nome accediamo insieme all’Otto per Mille, istituito dallo Stato.

Le differenze sono poche, soprattutto storiche. I valdesi nascono nel Medioevo come movimento pauperistico fondato da Valdo di Lione, mentre il metodismo nasce nel 1700 come movimento di risveglio all’interno della Chiesa Anglicana. Inoltre, i metodisti enfatizzano maggiormente il percorso di santificazione, mentre i valdesi si concentrano più sulla giustificazione per grazia. Differenti sottolineature dovute al periodo storico in cui si sviluppano i due movimenti divenuti chiese protestanti, ma che si fondano sullo stesso concetto teologico. La santificazione è riflesso e conseguenza della salvezza per grazia.

In Italia, quali sono le aree in cui la vostra comunità è maggiormente radicata?

Siamo presenti in quasi tutte le regioni italiane. Abbiamo un numero significativo di comunità in Emilia-Romagna, Friuli, Lombardia, Veneto e Campania. Inoltre, abbiamo opere diaconali sparse su tutto il territorio.

Nelle Capitale, in quali attività si traduce concretamente il vostro impegno?

La nostra comunità è multiculturale, con una forte presenza di membri filippini accanto agli italiani. Le nostre attività spaziano dalle celebrazioni religiose alla formazione continua, che inizia da bambini e prosegue per tutta la vita. Abbiamo una scuola domenicale per i più piccoli, il catechismo per gli adolescenti, studi biblici per gli adulti e attività dedicate alle donne, oltre a un coro multietnico.

Se qualcuno volesse avvicinarsi alla vostra comunità, quali passi dovrebbe  fare?

Abbiamo un sito dove si trovano informazioni, sermoni e circolari sulle nostre attività. Inoltre, trasmettiamo in streaming le celebrazioni domenicali, accessibili a chiunque. I nostri culti sono aperti al pubblico. A Roma la nostra Chiesa si trova in via XX Settembre 122, di fronte alla caserma dei Corazzieri.

Dalla solidarietà concreta al reinserimento sociale: quali sono le iniziative con cui la vostra comunità tende la mano a chi è in difficoltà?

Abbiamo un progetto di aiuto ai senza fissa dimora (Breakfast Time), attivo da sei anni. Offriamo colazioni, vestiario, coperte e assistenza per il recupero di documenti, la ricerca di lavoro e il reperimento di sistemazioni abitative. Organizziamo anche attività culturali e di socializzazione, come cineforum e laboratori di fotografia e teatro, per aiutare queste persone a uscire dall’isolamento e a reinserirsi socialmente.

Nel movimento metodista, le donne hanno combattuto su più fronti: dall’alcolismo al maschilismo. Chi furono le protagoniste di questa battaglia e quale eredità hanno lasciato?

Le donne metodiste furono tra le fondatrici della Lega della Temperanza, spesso ridicolizzate come ‘bacchettone’. In realtà, combattevano l’alcolismo, una piaga che distruggeva famiglie e alimentava violenza domestica e miseria. Molte erano benestanti e misero le proprie risorse al servizio dei più bisognosi. Parallelamente, si impegnarono anche nella lotta per il suffragio universale e l’abolizione della schiavitù, lasciando un’eredità profonda e duratura.

Quali donne hanno segnato il suo cammino di fede?

Non le ho scoperte subito, ma solo dopo essere diventata pastora e aver approfondito il mondo metodista in Inghilterra e negli Stati Uniti. Oltre alla  madre dei fratelli Wesley, Susanna, mi colpì la figura di Fanny Crosby, missionaria, poetessa e compositrice di inni rimasta cieca da giovane. Nonostante le difficoltà, ha scritto inni pieni di gioia e speranza, ancora oggi  cantati nelle nostre chiese. Un’altra figura straordinaria è Sojourner Truth (al secolo Isabelle Baumfree), una predicatrice afroamericana ed ex schiava, che ha trovato nella Bibbia la forza per evangelizzare e battersi sia per i diritti delle donne che per la liberazione degli oppressi. E infine Rosa Parks, attivista per i diritti degli afroamericani e fervente metodista, arrestata per aver rifiutato di cedere il posto a un bianco su un autobus negli Stati Uniti. Da questo episodio nacque il famoso boicottaggio e la protesta non violenta. Si dice spesso che non si alzò perché stanca dal lavoro, ma lei stessa scrisse che fu una scelta consapevole: era stanca di subire.

La Federazione delle Donne Evangeliche in Italia si avvicina al traguardo dei cinquant’anni: quali sono, a suo avviso, le sue conquiste più significative?

La Federazione, nata nel 1976, riunisce donne provenienti da diverse denominazioni evangeliche che propongono eventi e progetti al fine di rendere maggiormente consapevoli e sensibili le chiese e la società su temi che riguardano discriminazioni e violenze sulle donne, ma anche per promuovere lo sviluppo e la diffusione del pensiero teologico femminista.

Abbiamo trasformato spazi inizialmente riservati alle donne in luoghi di riflessione e condivisione per tutta la comunità. Il nostro impegno è per una società più equa, dove uomini e donne collaborano come compagni e compagne sulla scorta della volontà divina espressa nei primi due capitoli della Genesi. Il cammino è stato lungo e c’è ancora molto da fare, ma i frutti si vedono.

Da quando ha iniziato il suo pastorato, quanto è cambiato il ruolo delle donne nella vostra comunità?

Molte cose sono cambiate. Prima, le donne erano spesso relegate a ruoli secondari o esclusivamente ad attività femminili. Oggi rivestono invece ruoli “apicali” nelle nostre chiese (presidenti, moderatore, ecc.), ma è pure cambiato il modo di intendere la figura pastorale: non più verticistica e autoritaria, ma   riferimento per la cura e la formazione delle persone in un contesto comunitario aperto ed inclusivo.

L’inclusività nella Chiesa metodista: rivoluzione silenziosa o ferma dichiarazione contro i pregiudizi?

Nel 2010, il Sinodo metodista e valdese ha deciso di benedire le coppie dello stesso sesso. Questa decisione è stata il frutto di un lungo percorso teologico e comunitario. Accogliamo le persone per ciò che sono, senza paternalismi. Per noi, l’omosessualità non è un peccato, e riconosciamo la dignità delle relazioni affettive tra persone dello stesso sesso. Questo approccio si basa su una profonda riflessione biblica ed esegetica, che ci ha portati a comprendere e ad accogliere pienamente la diversità umana.

Aborto, eutanasia, ambiente. Temi spinosi, su cui molti preferiscono il silenzio. Qual è la posizione della Chiesa metodista su questi dilemmi etici?

Sull’aborto, lasciamo alla donna la responsabilità della decisione, consapevoli della sofferenza che comporta. Il nostro compito è accompagnare, non giudicare. Per quanto riguarda l’ambiente, la salvaguardia del creato è da tempo un tema centrale per noi. Già negli anni ‘70 e ’80 il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha lavorato su pace, giustizia e cura del creato.

Qual è il rapporto della Chiesa metodista con la scienza? La ragione è  un dono divino da coltivare o una tentazione da cui guardarsi?

La ragione è un dono di Dio, come ogni altra facoltà umana. La scienza è uno strumento che ci permette di esplorare e comprendere il creato, rafforzando la nostra relazione con Dio. Noi non adottiamo una visione creazionista, poiché i testi biblici devono essere letti nel loro contesto teologico, non come resoconti scientifici. La nostra relazione con la scienza è di pieno rispetto e riconosciamo che intelletto e fede possano convivere e arricchirsi reciprocamente.

La difesa dell’ambiente e la cura degli animali sembrano concetti moderni. Eppure, la Bibbia ci offre spunti chiari su questo. La vostra Chiesa ha anticipato i tempi?

Sì, è così: la Bibbia ci offre degli spunti in merito, ma il modo in cui i testi sono stati tradotti e interpretati ha portato a concezioni distanti, se non opposte. Il metodismo ha sempre sottolineato la connessione tra tutti gli esseri viventi, umani e non, anche se ci sono voluti molti decenni perché questo diventasse un approccio teologico consapevolmente ‘ecologico’. Questo  ha spinto le chiese metodiste a considerare gli animali non  “oggetti” da usare e sfruttare, ma  esseri viventi con cui entrare in relazione. Ciò rientra nella “connection”, uno dei pilastri del pensiero metodista, anche a livello organizzativo.

Siamo tutti parte della meravigliosa creazione di Dio e tutti interconnessi..

Per saperne di più : https://www.metodistiroma.it/ 

La pastora Mirella Manocchio.

Nota biografica: Mirella Manocchio è membro dell’esecutivo del Consiglio Metodista Europeo e presidente della Federazione Donne Evangeliche in Italia. Laureata in Scienze Politiche all’Università di Palermo con una tesi sui centri per immigrati in Sicilia, ha successivamente conseguito la laurea in Teologia presso la Facoltà Valdese di Teologia a Roma. È pastora metodista dal 2005 e ha guidato prevalentemente comunità metodiste interculturali. È stata coordinatrice della Commissione battista, metodista e valdese per il Culto e la Liturgia, nonché presidente dell’Opera per le Chiese Evangeliche Metodiste in Italia fino al 2022.

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