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LE CITTA’ DELL’APOCALISSE – SMIRNE.

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L’Agorà di Smirne.

“Da Efeso ci dirigemmo ad Izmir, grande città per lo più in rovina, munita di una cittadella e posta in riva al mare, ove prendemmo alloggio nella zawiya del pio e virtuoso shaykh Ya’qub della confraternita degli ahmadiyya.”

Ibn Battuta

Le parole del più grande viaggiatore del Medioevo, che per trent’anni esplorò il mondo conosciuto nel XIV secolo, dal Sahara fino in Cina, dalla Russia all’India, rappresentano un suggestivo viatico per introdurre la Perla dell’Egeo, la seconda delle Città dell’Apocalisse che stiamo trattando in questa serie di articoli dedicati alle città menzionate da San Giovanni e che costituivano le Sette Chiese d’Asia Minore.

Incisione di P. Dumouza che rappresenta Ibn Battuta in Egitto. XIX secolo
Foto: Roger Viollet/Cordon Press

Smirne, una città fiorente che ebbe due origini: la prima, arcaica, che conobbe la presenza dell’uomo sul monte Pagus già tremila anni fa; la seconda, ellenistica, quando Alessandro Magno, su comando della dea Nemesi che gli apparve in sogno, la rifondò ad otto chilometri di distanza trasferendone gli abitanti. Ebbe una storia lunga ed articolata: fece parte della Lega Ionica divenendo un centro importantissimo per il commercio nell’Egeo. Conquistata dai Persiani entrò poi nell’area ellenistica, assorbendone i valori culturali ecumenici. Passò poi a Romani, che la ereditarono con Pergamo, dei cui possedimenti faceva parte. Bizantini, Genovesi, Ottomani e Turchi si alternarono nel possesso di questa splendida città portuale, fino al grande incendio doloso che nel 1922 ne distrusse le vestigia più care, causando migliaia di vittime e che ancora oggi incide profondamente sulle relazioni tra Grecia e Turchia.

Oggi è una città moderna sotto la quale riposa la città antica, di cui purtroppo conosciamo ben poco e quel poco ci viene attraverso i resoconti dei viaggiatori dei secoli scorsi. Tuttavia, Smirne vanta la più estesa agorà che si può trovare finora in un centro cittadino: 13.000 metri quadrati in cui il visitatore può percepire la magnificenza che le conferì Marco Aurelio, restaurando la città dopo il devastante terremoto del 178 d.C.

E il Teatro: ritrovato sotto case abusive, sta lentamente riemergendo in tutta la sua imponenza. Con la sua capienza di 20.000 spettatori, completamente rivestito in marmo, esso rivaleggiava con Efeso. Una volta liberato definitivamente dall’opprimente abitato moderno, e restaurato, le autorità intendono farne, come il Colosseo, il nuovo simbolo di Smirne.

Ma è giunto il momento di andare a scoprire la “Perla dell’Egeo” in questo nuovo articolo della Rubrica “La Stele di Rosetta”, pubblicato in esclusiva per IQ. Buona lettura.

INDICE DEI CONTENUTI:

LA LOCALIZZAZIONE

IL NOME

LA STORIA

LA CITTA’ DELL’APOCALISSE

LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE

L’AGORA’

L’EROS DELL’AGORA’

IL TEATRO

IL PAGUS (KADIFEKALE)

LA CITTA’ MODERNA SULLA METROPOLI ANTICA

SMIRNE OGGI

LA LOCALIZZAZIONE

Il sito in cui sorge Smirne (oggi Izmir), grazie prima di tutto alla favorevole posizione sulla costa egea della penisola anatolica, all’estremità di un profondo golfo (Izmir Körfesı) dall’andamento tortuoso e irregolare, ha avuto una continuità di vita, dal Neolitico a oggi, le cui testimonianze sono diffuse nell’area occupata dalla città moderna.

La città è situata in una zona marcatamente collinare, con rilievi che possono arrivare a superare i 300 m s.l.m. A nord della città si sviluppa un’ampia pianura utilizzata per l’agricoltura: questa pianura corrisponde all’ampia vallata del fiume Gediz. In questa pianura si sviluppano le principali vie di comunicazione della città che la collegano al nord del paese e ad Ankara.
Il suo porto si sviluppa in un ampio golfo che ne ha facilitato il grande sviluppo: rivestono ancora oggi grande importanza i collegamenti marittimi che partono dalla città e sono diretti verso le coste dell’Egeo.

IL NOME

Ci sono diverse leggende sulle origini del nome di Smirne. Alcuni studi scientifici dicono che la parola Smirne derivi da Smyrna nel dialetto ionico antico ed era stato scritto come Smyrna anche nel dialetto attico (intorno ad Atene). La parola Smyrna in greco antico significa Mirra (e pertanto si riferisce alla presenza di tale arbusto nella zona dove la città è stata fondata) ma non era di origine greca: essa sembra derivare dalle radici linguistiche dell’Anatolia come molti altri nomi nella regione egea.

Arbusti spinosi di mirra.

Alcuni studiosi affermano che nei testi ritrovati nel sito di Kultepe a Kayseri e che risalgono al 2000 a.C., ci fosse un luogo chiamato Tismyrna e che la “Ti” iniziale del nome fosse stata omessa cosi che la pronuncia della città divenisse Smyrna. Altri parlano di una principessa delle Amazzoni col nome “Smyrna”.

Izmir è il nome turco, ufficializzato solo nel 1930. Nasce probabilmente dalla corruzione del nome più il prefisso Is- e il cambiamento della S in Z come accadde per Nicea (ora Iznik). In greco come anche in italiano e in altre lingue il nome classicizzante derivato dall’antico Σμύρνη, Smyrnē è rimasto consolidato nel lessico al posto del più recente nome turco.

LA STORIA

La storia della città antica si distingue nettamente, anche dal punto di vista topografico, in due periodi: l’arcaico e l’ellenistico. La Smirne arcaica stava a una distanza di circa 8 km. dalla Smirne ellenistica, che è continuata dalla Smirne attuale.
Il primo insediamento umano a Smirne può risalire al III millennio a.C. Si pensa che il suo sviluppo sia coinciso con quello di Troia. Intorno al 1500 a.C. essa venne occupata dagli Ittiti, ma con la caduta di Troia e della capitale Ḫattuša l’impero ittita entrò in crisi.
Nell’VIII secolo a.C., passata sotto il controllo di Mileto, Smyrna fondò diverse colonie in Libano, Siria, Grecia e lungo le sponde del Mar Nero, le quali la resero non più un piccolo villaggio, ma una vivace e ricca città commerciale. Nel 699 entrò a far parte della Lega ionica, dopo aver formato insieme ad altre città eoliche una dodecapoli con sede presso il Santuario di Apollo di Grineo. La regione della Ionia – di cui Smyrna faceva parte – fu uno dei poli del mondo ellenico: non a caso, molte tradizioni vorrebbero Omero originario proprio di questo territorio o al massimo della vicina isola di Chio.


Nel 688 alcuni abitanti di Colofone, rifugiatisi a Smirne per sfuggire alla conquista del re di Lidia, Gige, sfrutteranno una rivolta per occuparla. La sua posizione strategica la trasformerà in un porto fondamentale per il traffico di merci verso l’entroterra anatolico e nello specifico proprio verso il regno di Lidia, destinato a regnare su buona parte dell’Anatolia, compresa questa città. Proprio Gige tentò di impadronirsene, venendo però bloccato sulle sponde del fiume Ermo. Tuttavia la stirpe dei Mermnadi da lui creata si espanse sempre di più, riuscendo a conquistare gran parte dell’Anatolia occidentale, inclusa Smirne, che cadde per mano di Aliatte II fra il 610 e il 600 a.C.

La sua prosperità attirò l’interesse dei Persiani, i quali la occuparono, causandone così la decadenza e la distruzione. Per più di due secoli Smirne cessò di esistere politicamente. I cittadini superstiti si dispersero in villaggi, segno che il commercio marittimo era stato definitivamente troncato.

Il sogno di Alessandro
Il risorgimento venne solo con la ricostruzione progettata da Alessandro Magno, compiuta da Antigono Monoftalmo e poi da Lisimaco. La città antica fu quindi trasferita alle pendici del monte Pagus (in realtà una collina di 160 metri, dove sorge l’attuale quartiere di Kadifekale.

Del trasferimento della città da Bayraklı alle pendici del Pagus parla una leggenda riportata da Pausania (Periegesi della Grecia VII, 5) dove protagonista è lo stesso Alessandro. Questi, recatosi a caccia alle pendici del monte, al termine della battuta si sarebbe addormentato presso una sorgente davanti al tempio di Nemesi, la dea della vendetta. “Proprio qua c’era una sorgente ed un pioppo cresciuto con le acque della sorgente. Mentre dormiva all’ombra del pioppo vide nel sogno Nemesi che gli ordinò di fondare una nuova città e di trasferire la popolazione di Smirne nella nuova città.” E poi aggiunse: “Dopo di che la popolazione di Smirne mandò consoli a Claros (ad Apollo) e chiesero un suo parere in merito ed il Dio rispose: Coloro che andranno ad abitare oltre il sacro Meles su monte Pagus saranno molto più felici tre, quattro volte di com’erano prima.”

La leggenda è rappresentata su monete di Smirne di età romana. Strabone (Geografia XIV, I, 37) definì l’insediamento fatto realizzare da Antigono e Lisimaco, generali del Macedone, “la più bella delle città”.

Il periodo ellenistico
La nuova Smirne era posta in parte sulla collina e in parte sulle pendici che digradavano verso il mare, con strade lastricate ortogonali, una grande agorà dotata di portici a due piani e un porto ben protetto, che all’occorrenza poteva essere sbarrato con catene. Durante l’ultima parte del periodo Ellenistico diverrà parte del Regno di Pergamo, passando poi in eredità ai romani.

Il periodo romano
Sotto quest’ultimi, Smirne contese a lungo il trono di “Prima città d’Asia” alle vicine Pergamo ed Efeso, divenendo subito uno dei luoghi chiave per i primi cristiani. Nel 178 d.C. venne completamente distrutta da un incredibile terremoto, venendo poi ricostruita da Marco Aurelio, che non a caso è considerato uno dei fondatori di Smirne.

Su monete ed iscrizioni di età imperiale, la nuova Smirne si gloriò di essere stata insignita tre volte del neocorato, un titolo onorifico che derivava dall’antico mondo greco e al quale si legava il diritto alla custodia dei templi degli imperatori. In città operava una prestigiosa scuola di medicina, nel cui ambito il celebre Galeno di Pergamo (129-201 d.C.), medico di Marco Aurelio, si dedicò a ricerche sull’anatomia e seguì l’insegnamento del platonico Albino.

San Policarpo, incisione di Michael Burghers, 1685 circa.

Smirne fu sede di una delle Sette Chiese dell’Asia e la sua comunità cristiana fu tra le più antiche dell’Asia Minore e di tutto il nascente cristianesimo. In onore di San Policarpo, primo vescovo di Smirne, martirizzato nello stadio secondo la tradizione, fu costruito un Martyrium, i cui resti sopravvissero fino al periodo ottomano (XV-XX secolo).

Il periodo bizantino
Una volta che l’Impero Romano si divise in due (Romano d’Occidente e Romano d’Oriente), la città rimase un grande centro religioso, perdendo però quella ricchezza e quei fasti che aveva ottenuto sotto Roma: il suo sviluppo si fermò soprattutto a causa della crescita d’importanza della vicina Efeso. La ripresa del commercio medievale (soprattutto quello dei beni di lusso) sotto gli imperatori macedoni (867-1057) resero nuovamente importante Smyrna grazie alla sua posizione strategica. Ma nel 1076 essa fu occupata dai Turchi Selgiuchidi e decadde, non riuscendo a rifiorire neanche dopo la riconquista comnena avvenuta nel 1098.

Fu ceduta ai Genovesi nel 1261 e nacque allora una piccola colonia genovese. Successivamente fu ceduta da questi ai Cavalieri Ospitalieri (1320-1402) e infine conquistata dai Turchi Ottomani, che la possedettero per più di cinque secoli.

Il Sultano Bayezid I. Olio su tela della Scuola di Paolo Veronese, 1580 circa.

Il periodo ottomano
Nel 1389 il sultano ottomano Bayezid I portò per la prima volta il centro in mani ottomane, ma, nel 1402, dopo la vittoria ad Ankara, giungerà qui Tamerlano, il quale massacrò buona parte dei cristiani, allora maggioranza cittadina; tuttavia, a partire dal 1426 passerà definitivamente e stabilmente sotto gli Ottomani.

Sotto il dominio ottomano la città divenne un importante scalo commerciale sull’Egeo, snodo fra le piste carovaniere dell’Asia e le rotte mediterranee. La gente locale e stranieri, e soprattutto i levantini, si erano occupati nel commercio. Attorno al sedicesimo secolo c’era un aumento nei consolati dei paesi stranieri particolarmente dovuto alle “capitolazioni” (contratti che avvantaggiarono molte le potenze straniere nell’Impero ottomano) che il governo gli aveva consentito. Questi consolati partecipavano alle attività commerciali delle loro navi ancorati nel golfo di Izmir. Nel diciannovesimo secolo, si svilupparono anche i settori di imballaggio, l’assicurazione, e le operazioni bancarie.

Smirne diventerà poi un luogo chiave all’interno del processo di industrializzazione operato nell’Impero ottomano, cosa che la renderà sempre di più una città estremamente legata al commercio e, in generale, all’Europa. La sua popolazione era un modello tipico della società ottomana, multi-etnica, multi-confessionale e poliglotta.

Una cartolina di Smirne dei primi del ‘900, con il suo suggestivo lungomare (foto Flickr).

Gli stessi turchi la chiamavano gâvur Izmir cioè l’infedele Smirne, in riferimento all’alta percentuale di non musulmani (greci, armeni, ebrei, levantini) residenti in città. Secondo il censimento ottomano del 1893 circa la metà della popolazione cittadina era musulmana e i greci costituivano la più importante minoranza. Non a caso, con la caduta dell’Impero ottomano a seguito della Prima guerra mondiale, questo territorio verrà affidato ai greci, i quali lo occuperanno dal 1919 al 1922, anni della Guerra greco-turca.

La Smirne turca, il Grande Incendio e la cacciata dei Greci

Mustafa Kemal Pascià nel 1923, comandante in capo dell’esercito turco.

Dopo l’invasione greca del 1919 dell’Asia minore e la sconfitta greca a Dumlupınar, la città fu riconquistata dall’esercito turco repubblicano comandato da Mustafa Kemal più noto come Atatürk (padre dei turchi) (1922) e dopo giorni di massacri contro i Greci e gli Armeni, Smirne venne data alle fiamme che distrussero gran parte della città vecchia.
Durante l’incendio, tra devastazioni e saccheggi, le popolazioni cristiane, cercarono, per lo più invano, una via di fuga via mare, tentando di raggiungere le navi dell’Intesa che erano alla fonda nel porto. Il racconto degli ambasciatori inglesi e americani di quei giorni è agghiacciante: una ricostruzione dei fatti da sempre negata dallo stato turco, al pari del genocidio armeno e di tutte quelle operazioni di pulizia etnica fatte prima dalle autorità ottomane e poi da quelle turche.

L’incendio di Smirne.

L’incendio distrusse “casualmente” solo gli antichi quartieri greco e armeno, insieme a quello “franco” (il quartiere degli europei, italiani compresi) di Smirne. Le vittime tra i cristiani, morti tra le fiamme, massacrati o annegati buttandosi in mare, ammontarono a 30.000. Intere famiglie morirono, o sterminate dall’esercito turco o per annegamento, con le navi delle grandi potenze dell’Intesa al largo della Costa che si rifiutarono di aiutare le migliaia di profughi che chiedevano invano aiuto.
Grazie anche all’opera di don Policarpo Scagliarini solo alcune migliaia di Armeni ed ortodossi, relativamente pochi, trovarono scampo a quella che W. Churchill definì “un’orgia infernale”, e trovarono rifugio in Grecia e in Italia.

La fuga degli abitanti di Smirne.

La scacciata degli Elleni da Izmir, anche a causa della violenza dello scontro, rimane tutt’oggi un elemento incredibilmente importante e centrale nella storia turca, in quanto, a seguito di ciò, la Turchia poté ritenersi finalmente libera da minacce esterne e pronta a formare la sua prima repubblica, con Atatürk per presidente. Nel 1923 vi sarà lo scambio di popolazioni fra Grecia e Turchia, il quale metterà definitivamente fine ad ogni presenza greca nella città e dando ai due stati la conformazione etnica e religiosa che conosciamo oggi.

Proprio a causa di tale passato, İzmir è tutt’oggi uno dei luoghi in cui la tensione fra i due paesi è ancora particolarmente forte e sentita. Con la nascita della Repubblica di Turchia, quest’area è divenuta fra le più ricche e popolose di Turchia, tanto che il suo comune metropolitano è abitato da oltre 4 milioni di persone; il che la rende seconda solo ad Istanbul e ad Ankara per popolazione.

LA CITTA’ DELL’APOCALISSE

Non sappiamo quando vi giunse la predicazione cristiana e se vi fossero delle comunità paoline oltre a quella giovannea. L’unica menzione che si fa di Smirne nel Nuovo Testamento è costituita dalla lettera che l’Apocalisse indirizza alla comunità giovannea della città, la cui vita cristiana all’epoca doveva avere un tenore ottimale, perché essa è la sola – assieme a quella di Filadelfìa – a ricevere una lode incondizionata. “All’angelo della Chiesa di Smirne scrivi: Così parla il Primo e l’Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita: Conosco la tua tribolazione, la tua povertà — tuttavia sei ricco — e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di satana. Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere, per mettervi alla prova e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita.
Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte”
(Ap 2,8-11).

San Giovanni e le Sette Chiese dell’Asia, n.2 da ‘L’Apocalisse di Angers’, 1373-87 · Nicolas Bataille
Musee des Tapisseries, Angers, France / Bridgeman Images.

In contrasto con la situazione sociale della città, la Chiesa di Smirne era palesemente povera, ma ciò faceva risaltare maggiormente la sua grande ricchezza spirituale, dovuta al suo esemplare fervore, che non conosceva battute d’arresto nemmeno di fronte alle gravi tribolazioni provocate dalla continua ostilità della sinagoga locale, che viene stigmatizzata come “sinagoga di satana”.

A parte la testimonianza dell’Apocalisse, fonti tardive collegano l’origine del cristianesimo in Smirne con l’apostolo Paolo che per tre anni risiedette nella vicina Efeso. La situazione di lotta religiosa fra Cristiani e Giudei doveva essere particolarmente acuta e sarebbe presto sfociata in una violenta persecuzione con imprigionamenti e forse anche sentenze capitali, per cui il profeta dell’Apocalisse sente il bisogno di rassicurare la comunità invitandola a “non temere”, perché il momento della prova sarà breve (“per dieci giorni”).

LE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE

Il glorioso passato dell’antica Smirne giace ora al di sotto dell’odierna città. Ciò giustifica parzialmente la povertà dei reperti archeologici a noi pervenuti. I più rilevanti sono rappresentati dall’Agorà, dal Teatro e dalla Fortezza del Pagus.

La città antica è sepolta sotto quella moderna.

I primi scavi ebbero inizio nel 1933 e dal 2007, con l’autorizzazione del Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia, vengono eseguiti in Presidenza del Doc. Prof. Akin ERSOY a nome dell’università di Katip Celebi a Izmir. Durante gli scavi all’Agorà di Smirne vennero alla luce del giorno il Porticato Ovest, la Basilica, il Senato della Città, la costruzione coi mosaici ed un’opera edile risalente al periodo ottomano. Vediamoli nel dettaglio.

L’AGORA’

L’Agorà di Smirne. Molte colonne in stile corinzio sono state restaurate e rimesse in piedi, permettendo di immaginare lo splendore originale dell’Agorà.

L’Agorà di Smirne, che si trova proprio al centro del centro storico di Izmir, attualmente e a livello mondiale è, con i suoi 13.000 metri quadrati di estensione, una delle agorà più grandi che si trovano in un centro città. Fondata dopo Alessandro Magno verso la fine del IV secolo a.C. era il centro amministrativo, politico, giuridico e commerciale di Smirne. L’interno dell’area circondata dal porticato ospita i vari monumenti innalzati in occasione delle giornate speciali e degli accordi stipulati, diversi altari dove si facevano sacrifici per le divinità, monumenti e statue dedicati ai personaggi della città, esedre in marmo ed un templio ed altare dedicato a Zeus. Dopo il grande terremoto del 178 d.C. l’Agorà venne ricostruita con il contributo di Marco Aurelio. Buona parte delle opere che qui vengono scoperte di giorno in giorno sono di epoca romana.

Lapidi ottomane nell’Agorà di Smirne.

L’Agorà di Smirne mantenne le sue funzioni fino al VII secolo, quando la città cominciò a perdere di importanza.
Nel medio e tardo periodo bizantino e nel periodo ottomano il cortile venne adibito ad uso come necropoli. Mentre le opere edili antiche che circondano il cortile dell’agorà furono abitate a partire dal periodo ottomano fino alla fine del XX secolo.

Il Porticato Ovest

Il Porticato Ovest.

Il porticato che circonda l’Agorà è una costruzione monumentale semiaperta in modo da poter proteggere le persone dal sole nelle giornate calde, dalla pioggia e dal freddo.
Il porticato ovest ha tre gallerie e con il piano seminterrato è composto da tre piani e si estende per tutto il lato ovest del cortile dell’Agorà. Il piano sotterraneo del porticato che venne costruito sulle fondamenta della stoà esistente nel periodo ellenistico venne suddiviso in più vani e venne trasformato in una cisterna nel periodo bizantino. La cisterna raccoglieva le acque delle sorgenti provenienti da Kadifekale e forniva l’acqua per il fabbisogno dell’Agorà e dei intorni. Ancora oggi il condotto d’acqua in terracotta che trasportava l’acqua alla città bassa si può vedere nel piano sotterraneo del porticato ovest. Si calcola che la cisterna tutta piena d’acqua avrebbe potuto servire per settemila persone.

La Basilica

La Basilica.

Nell’antichità le basiliche erano impiegate anche per gli affari giuridici e commerciali. Marziale narrava che durante le udienze tenute nella basilica gli avvocati convocavano parecchi sostenitori che animavano l’aula con le loro grida di consenso e dissenso.
La Basilica dell’Agorà di Smirne, che venne eretta sulla stoà con due gallerie e ad un unico piano sopra al piano sotterraneo del periodo ellenistico venne ricostruita nel periodo romano su tre piani. Dopo il grande terremoto del 178 d.C. venne ricostruita di nuovo.
La caratteristica più importante della Basilica dell’Agorà di Smirne è costituita dai graffiti cioè dalle figure e dalle scritte che rispecchiano la vita quotidiana dell’epoca romana.

Graffiti ed iscrizioni

Basilica dell’Agorà di Smirne: Dipinto di una nave che naviga a sinistra. Carbone di quercia.

Uno degli aspetti più affascinanti dell’Agorà di Izmir sono i graffiti e le iscrizioni ritrovati sulle pietre e nei passaggi sotterranei. Questi segni, che vanno dal II al IV secolo, offrono uno spaccato della vita quotidiana degli antichi abitanti di Smirne, con disegni di animali, giochi e simboli che raccontano storie di commercianti, lavoratori e cittadini.

L’Agorà di Smirne, con la sua Basilica che contiene la collezione più ampia di scritte (circa tremila!) in greco antico, è una testimonianza del mondo romano dell’epoca. Cosa è raffigurato sulle pareti di 1800 anni fa? Gladiatori, navi commerciali e da guerra, concorrenza tra Efeso e Smirne, giochi di parole, indovinelli, occhi e scritte sulla loro salute, testi a tema cristiano ed ancora decine di scritte che testimoniano la vita quotidiana del popolo di Smirne.

Le iscrizioni sulle pareti delle due gallerie situate nell’ala sud del seminterrato della Basilica sono dipinte o incise sull’intonaco delle pareti e delle volte. Gli ornamenti in iscrizioni e figure, realizzate con colori ottenuti dal carbone di quercia, vengono tecnicamente chiamati dipinti, mentre gli ornamenti realizzati ad incisione, con un attrezzo a punta, si chiamano graffiti. I dipinti, siano scritte che figure, sono generalmente in nero e di rado si vede del rosso.

Il mercato coperto della Basilica

Il mercato coperto.

Si suppone che i 72 locali piccoli ricavati sotto la volta della terza galleria del piano seminterrato siano stati creati per formare un mercato coperto. Inoltre, si suppone che questi negozi fossero adibiti al commercio all’ingrosso di ossa, vetro e di oggetti in ceramica e, in particolare, certi di questi vani commerciali erano adibiti a dei laboratori per la lavorazione di ossa.

Condotto d’Acqua e Fontana dell’Agorà

Sappiamo che nelle diverse epoche per soddisfare il fabbisogno d’acqua della città vennero adottati diversi accorgimenti per portare l’acqua alla città con uso di condotte. Negli ultimi anni, grazie agli scavi sempre più intensi, si è scoperto che si faceva arrivare acqua anche da Kadifekale per alimentare la cisterna con dei condotti da cui poi veniva erogata alle fontane e ai palazzi pubblici della città.

Uno di questi condotti è ancora attivo da duemila anni e alimenta la fontana che si trova nell’Agorà. Il condotto in questione ha un diametro talmente grande che una persona può camminarci tranquillamente. Fu costruito per alimentare le terme romane dell’Agorà, ma poi fu impiegato per riempire la cisterna che si trova nel seminterrato del porticato ovest.

Senato Cittadino ed Edificio con i Mosaici

Gli splendidi mosaici che rivestono il pavimento dell’omonimo edificio.

Il Senato della Città di Smirne (Bouleuterion), dove si discuteva dell’amministrazione e dove si deliberava, era situato sulla parte nord dell’isolato di edifici che si trovava tra il Porticato Ovest dell’Agorà e la Via Bouleuterion. Il Senato venne costruito per ben tre volte nello stesso punto, una volta nell’epoca ellenistica e altre due volte nell’epoca romana. Il Senato, che nel primo periodo romano venne costruito a forma di un piccolo teatro sotto ai banchi per i partecipanti (come quello di Efeso), ospitava una galleria a mezza volta con 11 locali.
Le delibere del Senato erano trascritte su lastre di pietra e tali lastre venivano affisse nell’Agorà per essere viste dal popolo. Invece le delibere scritte sui papiri e su pergamena venivano conservate negli scaffali presenti nelle stanze dell’archivio sottostanti al senato.

Si suppone che l’edificio abbellito di mosaici e che si trova proprio sul lato sud del Senato fosse adibito ad accogliere attività sociali e culturali e ad accogliere riunioni politiche. L’edificio suddetto si chiama così per i mosaici a figure geometriche e floreali che ornano splendidamente tutto il pavimento. Parte della pavimentazione in mosaico è ben conservata e attualmente può essere visitata.

La Via Bouleuterion

La Via Bouleuterion.

La via si estendeva sul lato ovest dell’Edificio con i Mosaici e il Bouleuterion e collegava la Via Faustina alla via Nord dell’Agorà. L’accesso all’Edificio con i Mosaici, che si trovava sul lato est della via, era garantito da una scalinata. Si pensa che sull’isolato di edifici ad ovest ci fosse un ginnasio collegato alle Terme Romane dell’Agorà.

La Via Faustina

La Via Faustina.

La Via Faustina parte dalla Porta Faustina e va verso il porto. Sul lato destro della via che porta verso l’Edificio con i Mosaici esiste una fontanella con piscina e marciapiede a gradino che funge da entrata all’Edificio con i Mosaici. Nel punto in cui si incrociano il marciapiede con la fontana e i gradini venne installata all’inizio del V secolo d.C. una targa con lodi al governatore Isidoro. Buona parte della Via, come accadde anche per la via Bouleuterion, è stata distrutta a causa delle costruzioni del periodo ottomano.

La Porta Faustina

La chiave di volta con il ritratto dell’imperatrice Faustina.

La Porta Faustina si trova al punto di arrivo della Via Faustina che, partendo dal porto, giunge all’Agorà di Smirne. Della porta monumentale a due archi, l’arco nord è ancora intatto. Sulla chiave di volta dell’arco nord è presente il ritratto dell’Imperatrice Faustina e per questo motivo la porta venne chiamata con il nome dell’imperatrice.
La porta ebbe un’importanza simbolica per un fatto cruciale per la città. Smirne subì parecchi danni a causa del terremoto del 178 d.C. Quando la città si riprese grazie al contributo di Marco Aurelio, venne eretta questa porta per celebrare i benefattori. Una volta della porta portava il ritratto di Marco Aurelio. Probabilmente i resti della volta con il ritratto dell’Imperatore giacciono sotto la strada statale che costeggia il sito.

Le Terme Romane

Le Terme Romane vicino al porto.

Aristide, famoso oratore e scrittore del II secolo d.C. parla delle numerose terme romane che si trovano a Smirne e si lamenta perché non saprebbe quale scegliere per farsi i bagni.
Le terme romane erano situate vicino all’agorà e al porto per cui si crede che furono le più frequentate. Esse vennero costruite nel II secolo d.C. Le due arcate mettono in evidenza il frigidario, il tepidario e il calidario per 14 metri. I resti dei due archi, elementi portanti delle terme, vennero ritrovati con l’abbattimento della sala cinema e di altri edifici esistenti.

La Via Nord

La Via Nord.

La Via Nord dell’Agorà si estende in parallelo per il lato nord della Basilica. Ci sono due porte monumentali che danno accesso dalla Via alla Basilica. Queste porte collegano l’agorà, attraversando la Basilica, con la Via Nord e il resto della città. La via è importante per la sua posizione perché conduce coloro che provengono dall’entroterra o dal mare verso l’agorà.

L’Opera Ottomana

L’Opera Ottomana.

L’opera edile risalente al periodo ottomano che si trova al sud delle Terme Romane e si estende per una superficie di circa mille metri quadri. Grazie agli scavi, che sono in corso dal 2007, è stato scoperto che nel lato est esiste una strada le cui due porte danno accesso all’edificio. All’angolo formato con le pareti portanti sud ed est dell’edificio addossato alla parete sud esiste una fontanella con una cisterna.
Oltre alle pareti esterne del XIX secolo e alla fontanella con la cisterna, fino ad oggi si è scoperto ben poco sull’architettura interna dell’edificio. Tuttavia, si evince che l’edificio è rimasto in uso fino al XX secolo e sul lato nord ci sono i resti ben conservati delle stanze allineate e collegate tra di loro con dei corridoi che risalgono all’epoca repubblicana.

L’EROS DELL’AGORA’

Durante recenti scavi nella Basilica dell’Agorà, tra le macerie di una calcara (forno dove in età medievale si riciclavano gli elementi architettonici e scultorei per ottenere calce), è venuta alla luce una piccola testa infantile, di un bambino molto piccolo, al massimo di tre anni, ma senza la tipica treccia dell’infanzia (in età ellenistica questo tipo di statua si diffonde senza la treccia). Fortunatamente la testa sfuggì al forno a cui doveva essere destinata. Non si può escludere che la testa appartenga a una statua di Eros, realizzata probabilmente in età augustea, tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C.

IL TEATRO

Ricostruzione 3D del Teatro di Smirne. Immagine: İzmir Time Machine.

Il teatro di Smirne, del quale si dice che sia stato uno dei teatri di marmo più belli dell’Asia, si ritiene che abbia avuto una capacità di 20 mila posti. Gli scavi archeologici sono tuttora in corso e mettono in luce che, dopo la sua prima costruzione, gli interventi edili più importanti sono stati eseguiti nell’epoca dell’Imperatore Traiano (98-117 d.C.) e dell’Imperatore Adriano (117-138 d.C.). In questo periodo la struttura del palcoscenico dietro al proscenio (parte anteriore della scena) è stata innalzata a due piani. Si suppone che la forma definitiva del teatro sia realizzata con gli interventi eseguiti dopo il grosso terremoto del 178 d.C.

L’area del teatro antico sta venendo alla luce soprattutto dopo la demolizione delle case abusive nel 2014. Durante gli scavi si è scoperta una targa risalente al II secolo d.C. riportante 12 righe in cui è scritto che il primo sacerdote dei Templi Imperiali a Smirne Marcus Claudius Proksol, a nome del popolo della città, a titolo di dono all’imperatore ed alle divinità, fece aggiustare la fontana ed inoltre viene indicato che le acque di questa fontana vengono dal teatro.

Soprattutto negli scavi al palcoscenico si sono ritrovate diverse statue e delle incisioni. Tra diversi oggetti ritrovati sono da sottolineare i blocchi di fregi delle maschere del palcoscenico ed un bassorilievo raffigurante un Satiro. Questi ritrovamenti ci danno un’idea ben chiara di come era addobbata e ricca la facciata del palcoscenico del teatro nel II secolo d.C.
Sono state rinvenute diverse scritte ad incisione (graffiti) sulle pareti di pietra calcarea delle pareti dei locali interni del palcoscenico. Alcuni avanzi di produzione ritrovati durante gli scavi al palcoscenico risalgono al V e VI secolo d.C. e ci indicano che a partire al V secolo il palcoscenico è stato usato anche per altri scopi.

Dopo che il teatro perse le funzioni originarie, venne man mano ricoperto dalla terra che scendeva da Kadifekale per erosione. Inoltre, sia nel periodo bizantino che ottomano il teatro venne usato come cava di pietra e di calce. Una delle scoperte importanti ed interessanti durante gli scavi nel sito è il ritrovamento di una moneta del periodo di Aydinoglu coniato da Umur Bey (1334-1348). Mentre la prima moneta ottomana è del periodo di Bayazid I (1389-1402).

IL PAGUS (KADIFEKALE)

Veduta del monte Pagus (Kadifekale), a Smirne. Ca. 1890.

Smirne era composta da due centri di cui uno su monte Pagus, che era l’acropoli circondata dalle mura e l’altro la città portuale. Sul pendio che collegava le due parti trovavano posto i vari edifici pubblici che anch’essi erano circondati da mura.

Vista dal castello di Kadifekale.

Nelle fonti antiche Kadifekale viene definito come Fortezza di Pagus, l’acropoli dell’antica Smirne ed il centro del sistema di difesa della città nonché il centro spirituale e sacro. La collina dell’acropoli di Smirne dominava su tutto il golfo di Izmir dal lato mare e dal lato terra dominava la valle di Yesildere e la pianura di Bornova.
Le mura che circondano Kadifekale sono state erette tra la fine del IV e III secolo a.C. ed utilizzate anche nel periodo romano. Nel XIII secolo d.C., nel periodo bizantino, sia le mura che le torri vennero rinforzati aggiungendovi nuove torri e nuove mura.

Un’illustrazione di Evliya Celebi. Foto: Sarajevo Times.

Kadifekale venne conquistato dai Turchi nel XIV secolo. Fu restaurato nel XV secolo nel periodo di Fatih Sultan Mehmet (il Conquistatore) e nel 1671 quando Evliya Celebi (un gentiluomo-avventuriero turco ottomano) venne a Kadifekale narrò che “all’interno della fortezza ci sono solo vigneti ed orti, il caravanserraglio, bagni turchi, il mercatino e la moschea sono distrutti, ci vivono soltanto una trentina di giannizzeri assieme alle loro famiglie nelle case coperte di tegole”. intorno alla metà del XVIII secolo, la fortezza perse le sue funzioni e venne abbandonata del tutto.
Al giorno d’oggi grazie agli interventi di restauro in diverse epoche le mura dell’ala ovest sono tuttora in buone condizioni, mentre al sud, est ed al nord sono in buona parte crollate.

LA CITTA’ MODERNA SULLA METROPOLI ANTICA

Scorcio del quartiere di Basmane.

La sovrapposizione delle costruzioni moderne non consente di rintracciare facilmente la città antica. Nel quartiere di Basmane (nella parte bassa della città ai piedi del Pagus) è stato individuato un tratto della strada romana che collegava Smirne con le città poste a nord (Focea, Kyme, Miryna, Pergamo) e ad est (Thyteira, Magnesia ad Sipilum, Sardis).

Lungo la strada per Magnesia si trova un ponte a campata unica di età romana, ancora in buone condizioni, che attraversa il fiume Yesildere: fu utilizzato anche in età ottomana e in molte fonti è indicato come “Ponte della Carovana”.

Alfonse Rubellin, il Ponte della Carovana, 1875, ca.

Grazie alle fonti antiche, ai disegni, a incisioni e foto di viaggiatori occidentali fra il XVII e il XX secolo, si hanno notizie del porto e di molti altri edifici di età romana, che ormai non sono più visibili, quali lo stadio, il Tempio di Zeus Akraios (“che abita sul monte”), e di Zeus Olimpio, a sud-ovest di Kadifekale.

SMIRNE OGGI

Smirne vista dal Kadifekale.

Oggi Izmir, detta anche “la perla dell’Egeo“, è una città moderna con i suoi ristoranti e caffetterie lungo il mare, con diversi festival dell’arte e musica ed una fiera internazionale molto importante, con una moderna linea di metropolitana e collegamenti di traghetti, e con alta qualità della vita rispetto alle altre città. È anche una città turistica con buoni collegamenti ai siti antichi come Efeso, Pergamo, Mileto, Pamukkale e Sardi, e vicino alle bellissime spiagge come quelle di Çesme, Gümüldür, Foça, Didima ecc. Il suo un clima mite per tutto l’anno attira visitatori da tutto il mondo. Smirne, una delle Città dell’Apocalisse, è oggi proiettata verso il futuro, ma non dimentica il suo passato, proteggendolo per preservarne l’integrità storica.

Vi aspettiamo al prossimo articolo, dedicato alla terza delle Città dell’Apocalisse: Pergamo.

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