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Il decreto cultura è legge. Giuli, ‘nuovo ossigeno’.

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Il decreto Cultura è definitivamente legge: dopo il via libera della Camera, il principale provvedimento del ‘nuovo Mic’ è stato velocemente archiviato anche dal Senato che lo ha approvato con 80 voti favorevoli, 61 contrari e senza la fiducia, come invece accaduto a Montecitorio.

Il nuovo strumento targato Alessandro Giuli avvia l’ormai noto ‘Piano Olivetti per la cultura’, per favorirne lo sviluppo, la rigenerazione culturale di periferie, aree interne e svantaggiate, per valorizzare le biblioteche, l’editoria libraria, gli archivi e gli istituti storici e culturali.

Sostanzialmente sarà, come ha detto il ministro, “una grandissima boccata di ossigeno per la filiera dell’editoria”.

Giuli l’aveva annunciata agli editori in occasione del suo insediamento da ministro e ha mantenuto la promessa: circa 30 milioni di euro andranno ad alimentare, almeno per l’anno in corso, la filiera libraria e degli editori che però lamentano ancora il sostanziale blocco di un altro strumento che aveva contribuito molto alla diffusione della lettura tra i giovani, la carta 18App sostanzialmente azzoppata dal precedente ministro Gennaro Sangiuliano.

Col decreto Cultura va anche un sostegno agli editori che punta, ricorda Giuli, ad un “ampliamento dell’offerta culturale delle pagine dei giornali”. Nessun impegno nel decreto, invece, per il settore del cinema e dell’audiovisivo.

Un comparto che, dopo la “sbornia” di aiuti tramite il tax credit, sta ora patendo la dieta imposta sempre dal predecessore di Giuli. Il nuovo ministro, però, ha già pronto un nuovo provvedimento, un decreto correttivo della riforma del tax credit targata Sangiuliano. Il decreto è già stato inviato al Mef con cui il Mic lo condivide.

L’obiettivo è quello di alleggerire alcune rigidità del provvedimento originario per attenuarne i potenziali effetti distorsivi o limitativi delle nuove norme. Il decreto dovrebbe essere licenziato molto a breve, anche perché pende il giudizio del Tar che il 4 marzo deve decidere sul ricorso presentato da alcune società di produzione contro la riforma Sangiuliano.

Nel provvedimento ci saranno misure a favore dei giovani autori e un ribilanciamento dei diritti delle opere, fra produttori e tv committenti, dalle quote che erano state contestate da Rai e Mediaset. In ogni caso il settore cinematografico è in stallo e i lavoratori in allarme proprio a causa del blocco delle produzioni per lo stop degli incentivi fiscali prima e poi dell’incertezza normativa.

Il Mic, tramite la sottosegretaria che ha delega sul settore, la leghista Lucia Borgonzoni, nega lo stop e spiega che l’interlocuzione con il Mef servirà anche a trovare ulteriori risorse per gestire la grande richiesta di tax credit: ancora ieri diceva di essere “stufa” di sentire sempre la stessa solfa sul fatto che l’audiovisivo vada male, rivendicando che ci sono, attualmente, 29 produzioni che hanno set aperti in Italia.

Ma sul tax credit ormai è guerra aperta: il Mic, tramite il Consiglio Superiore del Cinema, ha presentato un esposto e la procura avviata un’indagine per presunte irregolarità nell’erogazione negli anni di 62 milioni per la produzione di 8 film. E nella maggioranza il vicepremier azzurro, Antonio Tajani, si dice pronto ad accogliere l’idea lanciata dal regista Pupi Avati di dar vita ad un ministero ad hoc per il Cinema: “valuteremo questa iniziativa con gli alleati di governo”, annuncia il ministro.

Pronto l’altolà della sottosegretaria leghista: “Distogliere fondi pubblici dal settore per duplicare un ministero sarebbe un’operazione inutile e dannosa che rischierebbe di paralizzare la filiera per più di un anno”. Archiviato il decreto Cultura, si apre ora al Senato la partita sui limiti ai poteri di veto delle Soprintendenze su cui la Lega aveva ritirato un suo emendamento a patto però di presentare una proposta di legge ad hoc. Giuli è contrario. E chissà se la proposta di Tajani non risulti alla fine un elemento che si inserisce in questo difficile equilibrio di maggioranza. 

Fonte: ansa.it

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