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Alla scoperta del mondo protestante: i Metodisti (Prima parte).

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venerdì, Gennaio 31, 2025

I protestanti in Italia sono poco conosciuti. L’immaginario collettivo li classifica come “quelli che non credono nel Papa”, hanno i telepredicatori e parlano inglese o tedesco. Eppure, il protestantesimo è un universo vasto e variegato, con una storia ricca di lotte, idee e personaggi che hanno lasciato il segno. Informazione Quotidiana, da oggi, inaugura un’inchiesta per raccontare questo “altro” cristianesimo, partendo dalla Chiesa metodista. Se il termine suona esotico, sappiate che il Metodismo è tutto fuorché marginale.

Nato nel Settecento grazie a John Wesley, ha fatto della fede un esercizio di disciplina, dello studio biblico una scuola di vita e della santificazione un impegno al servizio degli ultimi. Abbiamo incontrato la pastora Mirella Manocchio, che ci ha aperto le porte di questa comunità, rivelandoci una Chiesa sorprendentemente moderna, multiculturale, capace di coniugare apertura teologica e radici cristiane senza complessi d’inferiorità. Le sue risposte offrono uno spaccato sulla realtà metodista  che merita di essere raccontata in due parti. Nella prima, ci concentreremo sulla vocazione della pastora, sull’organizzazione e sulla storia di questa chiesa che, pur essendo minoritaria in Italia, molto ha da dire al cristianesimo. Buona lettura.

Quale storia personale e quali scelte l’hanno portata a diventare pastora della Chiesa metodista?

Sono nata in una famiglia che è diventata protestante: mio padre e mia madre si sono convertiti al metodismo.

Quale vocazione iniziale l’animava prima di intraprendere il cammino verso il pastorato?

Inizialmente, il mio desiderio e la mia spinta personale mi hanno portata a studiare Scienze Politiche, con l’idea di lavorare nel giornalismo, in particolare nella carta stampata, cosa che ho fatto per un periodo. Ho lavorato anche alla Rai, ma nel frattempo ho maturato una vocazione diversa, quella verso il pastorato.

Quando ha avvertito, con chiarezza, la chiamata che l’ha condotta verso il pastorato?

Non c’è stato un singolo elemento preponderante. Sono cresciuta in un ambiente vicino alla Chiesa, avendo un padre pastore. Inoltre, i miei interessi, il mio percorso di volontariato e il mio impegno in centri per immigrati e persone in difficoltà hanno sempre rispecchiato la mia sensibilità per il prossimo. Tutto questo mi ha portata a sentire che non era una mia scelta personale, ma una chiamata che dovevo seguire. Nonostante il mio desiderio iniziale fosse il giornalismo, ho sentito che la mia strada era un’altra.

Quale ruolo riveste un pastore metodista e quali sono le responsabilità che ne definiscono la missione?

Il pastore metodista ha il compito di predicare la Parola di Dio in molteplici modi, aiutare la formazione continua di coloro che si professano credenti e di chi si avvicina alle nostre chiese,  accompagnare i fedeli in un percorso di santificazione, cioè nel rendere concreta la salvezza per grazia attraverso la fede. Questo percorso si traduce in un impegno di vita cristiana, che si manifesta anche nell’evangelizzazione e nelle opere sociali.

Quando e in quali circostanze storiche ha avuto origine la Chiesa metodista?

La Chiesa metodista nasce da un movimento di risveglio nella metà del 1700 in Inghilterra, guidato dai fratelli John e Charles Wesley. John, in particolare, è il teologo del movimento, mentre Charles è noto come l’innologo: ha composto oltre 7000 inni che formano l’altra base teologica del metodismo.

Entrambi erano preti anglicani e iniziarono il loro ministero all’interno della Chiesa anglicana. Si resero conto – leggendo e studiando la Bibbia e toccati personalmente dal messaggio evangelico, per cui scrissero di una loro nuova e profonda conversione – che c’era bisogno di risvegliare una Chiesa, quella anglicana, che appariva assopita su alcune questioni teologiche e poco attenta alle classi meno abbienti.

Se ho ben compreso, vivere la fede per i metodisti  significa soprattutto tradurla in azioni concrete verso il prossimo?

Esattamente. Si tratta di vivere la fede non solo interiormente, ma anche attraverso opere concrete che inverino l’annuncio di grazia e ridonino dignità alle persone meno fortunate. La storia del metodismo è legata a contesti di povertà, fabbriche, miniere, e luoghi dove mancavano diritti e dignità. Non a caso, i primi sindacati e forme di economia cooperativa hanno legami con il metodismo. Questa è quella che noi chiamiamo “santificazione sociale”, ovvero un percorso personale che ha effetti positivi sulla società.

Intravedo un equilibrio tra spiritualità e disciplina nella visione metodista. In che modo si manifesta concretamente?

Sì, è fondamentale. John Wesley mutuò anche alcuni esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, introducendo momenti quotidiani di meditazione e preghiera personale, oltre quella comunitaria. Inoltre, il canto è un elemento centrale nella nostra spiritualità: Charles Wesley compose inni che esprimono la gioia della salvezza per grazia, unendo teologia e musica. Questi inni, che fanno parte dei cosiddetti ‘inni del risveglio, trasmettono sentimenti di fede e gioia attraverso un linguaggio universale, quello della musica, riuscendo così a parlare al cuore oltre che alla testa delle persone, trasformando la fede in musica.”

Possiamo considerare la musica come un simbolo della vostra identità comunitaria e spirituale?

Sì, è un aspetto molto importante. Attraverso gli inni, si trasmette buona parte della teologia metodista. La musica diventa un veicolo per esprimere i fondamenti e la gioia della fede,  per esprimere la conversione e la speranza in Cristo.

Per saperne di più : https://www.metodistiroma.it/ 

Nota biografica: Mirella Manocchio è membro dell’esecutivo del Consiglio Metodista Europeo e presidente della Federazione Donne Evangeliche in Italia. Laureata in Scienze Politiche all’Università di Palermo con una tesi sui centri per immigrati in Sicilia, ha successivamente conseguito la laurea in Teologia presso la Facoltà Valdese di Teologia a Roma. È pastora metodista dal 2005 e ha guidato prevalentemente comunità metodiste interculturali. È stata coordinatrice della Commissione battista, metodista e valdese per il Culto e la Liturgia, nonché presidente dell’Opera per le Chiese Evangeliche Metodiste in Italia fino al 2022.

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