Il Tribunale di Roma ha condannato l’ENEL per la morte di mesotelioma per l’esposizione ad amianto durante la sua attività lavorativa dell’ex dipendente Luigia Cheli. Il colosso dell’energia dovrà corrispondere all’erede e figlia della vittima, Daniela Barsotti, assistita dal Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, avv. Ezio Bonanni, la somma di 130.642 euro.
La donna, nata a Volterra e residente a Monteverdi Marittimo (PI), aveva lavorato per 14 anni (dal maggio del 1969 al gennaio 1983) nelle centrali Enel di Serrazzano e Larderello (PI) con varie mansioni, da addetta alle pulizie delle turbine, dei trasformatori (di vapore in energia), e della sala macchine, che avvenivano quando i macchinari erano aperti a stretto contatto con le polveri di amianto, presenti anche nei magazzini generali e nella mensa aziendale, essendo i forni coibentati con il pericoloso minerale.
La signora aveva anche il compito di lavare le tute utilizzate dagli operai, nonché di imballare e rammendare le balle/contenitori di borace. Gli ultimi 9 la donna proseguì il suo rapporto di lavoro in Enel con la qualifica di impiegata con mansioni, prima di dattilografa e poi di segreteria. Nel gennaio 2017, a 26 anni dalla data del pensionamento, la diagnosi infausta di mesotelioma pleurico epiteliomorfo che, dopo mesi di agonia, nel settembre dello stesso anno, la porta alla morte. A confermare il nesso tra esposizione ripetuta nel tempo al patogeno e l’insorgenza del mesotelioma, anche la perizia del C.T.U.
Dall’istruttoria della causa è emerso che l’amianto era presente in diversi comparti sia nella centrale geotermoelettrica di Larderello, la prima al mondo ad aver sfruttato l’energia geotermica nella produzione di elettricità, che in quella di Serrazzano, e che la signora Luigia fu esposta alla fibra killer e tenuta all’oscuro della lesività delle fibre e della loro capacità di provocare cancro.
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