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Arrestati i due caporali che schiavizzavano 33 braccianti.

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Trattati come bestie, costretti a turni di lavoro massacranti nei campi, senza paga, e a vivere in condizioni di grave degrado. Trentatré braccianti indiani erano sfruttati nelle campagne della bassa veronese da due connazionali, “caporali” che ora sono finiti in carcere a Verona, accusati dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

La misura cautelare è stata richiesta dalla Procura della Repubblica e concessa dal Gip del Tribunale scaligero alla luce dell’elevato rischio di inquinamento delle prove.

I due indagati, residenti a Cologna Veneta (Verona), erano già stati denunciati dai finanzieri della Compagnia di Legnago lo scorso 13 luglio in un’indagine culminata con una serie di appostamenti e successive perquisizioni, dalla quale era emerso che a ciascuno dei 33 braccianti era stata richiesta la somma di 17mila euro in cambio dell’ingresso nel territorio nazionale e di un permesso di lavoro stagionale.

Per far fronte a tale pagamento, i malcapitati erano stati costretti in alcuni casi a impegnare beni di famiglia e, in altri, a indebitarsi direttamente con i due caporali.

Una volta arrivati in Italia, i lavoratori erano costretti a prestare la loro manodopera gratis, tra le 10 e le 12 ore giornaliere, 7 giorni su 7, poiché il compenso di soli 4 euro l’ora stabilito dai responsabili veniva interamente trattenuto fino alla totale estinzione del debito. In alcuni casi, al saldo della somma dovuta, i “caporali” hanno richiesto ai “dipendenti” ulteriori 13mila euro, da pagare con le stesse modalità, promettendo loro il rilascio di un permesso di lavoro definitivo, in realtà mai concesso. Avevano sottratto loro i passaporti, imponendo l’assoluto divieto di uscire dalle fatiscenti “case” in cui erano costretti a vivere con la minaccia, più volte attuata, di ritorsioni fisiche.

All’alba venivano fatti salire, ammassati e nascosti tra le cassette di ortaggi, a bordo di mezzi telonati, per poi essere trasportati nelle campagne e nelle serre dislocate nell’agro della bassa veronese. Oltre alle perquisizioni e alla denuncia, a luglio era stato eseguito un decreto di sequestro preventivo d’urgenza ai due indagati – titolari di ditte individuali nel settore dell’agricoltura senza dipendenti formalmente assunti ed evasori totali – pari a circa 475mila euro.

Uno dei due, ritenuto il boss dell’organizzazione, era precipitosamente rientrato in India il giorno seguente al blitz e aveva iniziato ad esercitare forti pressioni nei confronti delle famiglie dei braccianti affinché ritrattassero quanto rivelato. Una situazione di sfruttamento, maltrattamento e segregazione sempre più insostenibile per i braccianti e per i loro familiari. Così, qualche giorno dopo il rientro in Italia, è scattato l’arresto per il caporale e il suo complice. Entrambi sono ora detenuti nel carcere veronese di Montorio.

Fonte: ANSA.IT

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