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Atti di violenza a danno degli operatori sanitari

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ospedaleIQ. 28/02/2013 – Nel corso dell’attività lavorativa gli operatori sanitari delle strutture ospedaliere e territoriali sono esposti a numerosi fattori che possono essere dannosi sia per la salute sia per la sicurezza.

Tra questi assume particolare rilevanza il rischio di affrontare un’esperienza di violenza che può consistere in aggressione, omicidio o altro evento criminoso risultante in lesioni personaliimportanti o morte.

Il National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH) definisce la violenza nel posto di lavoro come “ogni aggressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro”. Gli atti di violenza consistono nella maggior parte dei casi in eventi con esito non mortale, ossia aggressione o tentativo di aggressione, fisica o verbale, quale quella realizzata con uso di un linguaggio offensivo. Una stima del Bureau of Labor Statistics statunitense indica per gli operatori ospedalieri un tasso di incidenza di aggressione non mortale pari a 9,3 per 10.000 contro un valore di 2 per 10.000 nei lavoratori delle industrie del settore privato. Molti di questi episodi avvengono all’interno di ospedali, strutture territoriali, in primo luogo servizi per la tossicodipendenza (Ser.T), centri di salute mentale, servizi residenziali e sociali.

La Joint Commission riporta, da Gennaio 1995 a Dicembre 2006, un numero complessivo di 141 eventi sentinella legati ad aggressione, violenza, omicidio.

Gli infortuni accaduti nelle strutture ospedaliere italiane e denunciati all’INAIL per qualifica professionale e modalità di accadimento nell’anno 2005 ammontano a 429, di cui 234 su infermieri e 7 su medici.

Episodi di violenza contro operatori sanitari possono essere considerati eventi sentinella in quanto segnali della presenza nell’ambiente di lavoro di situazioni di rischio o di vulnerabilità che richiedono l’adozione di opportune misure di prevenzione e protezione dei lavoratori.

In generale, gli eventi di violenza si verificano più frequentemente nelle seguenti aree:

– servizi di emergenza-urgenza;

– strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali;

– luoghi di attesa;

– servizi di geriatria;

– servizi di continuità assistenziale.

Numerosi sono i fattori responsabili di atti di violenza diretti contro gli operatori delle strutture sanitarie. Sebbene qualunque operatore sanitario possa essere vittima di violenza, i medici, gli infermieri e gli operatori socio sanitari sono a rischio più alto in quanto sono a contatto diretto con il paziente e devono gestire rapporti caratterizzati da una condizione di forte emotività sia da parte del paziente stesso che dei familiari, che si trovano in uno stato di vulnerabilità, frustrazione o perdita di controllo, specialmente se sotto l’effetto di alcol o droga.

Concorrono all’incremento degli atti di violenza l’aumento di pazienti con disturbi psichiatrici acuti e cronici dimessi dalle strutture ospedaliere e residenziali;

• la diffusione dell’abuso di alcol e droga;

• l’accesso senza restrizione di visitatori presso ospedali e strutture ambulatoriali;

• lunghe attese nelle zone di emergenza o nelle aree cliniche, con possibilità di favorire nei pazienti o accompagnatori uno stato di frustrazione per l’impossibilità di ottenere subito le prestazioni richieste;

• ridotto numero di personale durante alcuni momenti di maggiore attività (trasporto pazienti, visite, esami diagnostici);

• presenza di un solo operatore a contatto con il paziente durante visite, esami, trattamenti o gestione dell’assistenza in luoghi dislocati sul territorio ed isolati, quali i presidi territoriali di emergenza o continuità assistenziale, in assenza di telefono o di altri mezzi di segnalazione e allarme;

• mancanza di formazione del personale nel riconoscimento e controllo dei comportamenti ostili e aggressivi;

• scarsa illuminazione delle aree di parcheggio e delle strutture.

I fattori di rischio variano da struttura a struttura, dipendendo da tipologia di utenza, di servizi erogati, ubicazione, dimensione infermieri e gli operatori socio sanitari sono a rischio più alto in quanto sono a contatto diretto con il paziente e devono gestire rapporti caratterizzati da una condizione di forte emotività sia da parte del paziente stesso che dei familiari, che si trovano in uno stato di vulnerabilità, frustrazione o perdita di controllo, specialmente se sotto l’effetto di alcol o droga.

Il comportamento violento avviene spesso secondo una progressione che, partendo dall’uso di espressioni verbali aggressive, arriva fino a gesti estremi quali l’omicidio. La conoscenza di taleprogressione  può consentire al personale di comprendere quanto accade
ed interrompere il corso degli eventi.
(Fonte Agenas)

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