Si chiama Brindisys il computer che riconosce il pensiero umano. Ciò che è sempre sembrato un sogno sta, forse, per diventare realtà. L’Università di Pisa ha messo a punto un sistema che sa riconoscere la differenza delle azioni compiute dal cervello di una persona. Brindisys, infatti, sarebbe in grado di riconoscere il pensiero identificando l’alfabeto che usano le diverse parti del cervello quando compiono un’azione. Lo studio è stato compiuto da un gruppo di Medicina di laboratorio e Diagnostica molecolare dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa (in collaborazione con ricercatori delle università di Pavia e Ferrara) diretto da Pietro Pietrini e i risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista PlosOne.
Gli scienziati attraverso la risonanza magnetica cerebrale funzionale hanno misurato lo schema di risposta nel cervello di un gruppo di individui ai quali venivano mostrati filmati di azioni compiute da altri. “Partendo dall’analisi multivariata dei diversi pattern di risposta neuronale della corteccia cerebrale – spiega Emiliano Ricciardi, uno degli scienziati pisani del team di ricerca – il computer ha messo a punto un classificatore capace di discriminare con accuratezza se una persona stesse guardando un’azione o una scena ambientale. Più semplicemente, il computer è riuscito a leggere il pensiero, o meglio, il codice neurale del pensiero”. “Con queste nuove metodologie di analisi dell’attività neurale in vivo stiamo iniziando letteralmente a ‘leggere’ nella mente delle persone – spiega Petrini – la speranza, ormai non più solo fantasia, è che con la ‘lettura del pensiero’ si possa arrivare a mettere a punto sofisticate interfacce cervello-computer che permettano alle persone con gravi disabilità di comandare dispositivi con la forza della mente”. Lo studio dimostra che la rappresentazione mentale di un’azione compiuta da altri è sottesa dallo stesso codice neurale, sia in individui vedenti sia in non-vedenti dalla nascita. I ricercatori si sono chiesti se il classificatore ‘visivo’ fosse capace di riconoscere la risposta cerebrale legata alla percezione uditiva di un’azione e il classificatore è stato in grado di predire con buona accuratezza se un individuo, cieco dalla nascita, stesse ascoltando suoni di azioni oppure di rumori ambientali. “Questo studio dimostra – spiega Pietrini- che i non vedenti codificano ed elaborano la percezione uditiva di un’azione come se l’avessero vista”. La lettura del pensiero da oggi forse non sarà solo un’utopia e , cosa fondamentale, potrà aiutare ad occuparsi in maniera differente di disabilità e malattie.