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Caso Cucchi. Una sentenza che farà discutere.

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ROMA - AUTOPSIA DI STEFANO CUCCHIdi Vladimiro Modolo (*)

IQ. 08/06/2013 – “Il potere dichiara che il giovane arrestato di nome Gesù figlio di Giuseppe è morto perché aveva le mani bucate e i piedi pure….. I colpi riportati sopra il corpo non dipendono da flagellazioni, ma da caduta riportata mentre saliva il monte Golgota appesantito da attrezzatura non idonea … Infine il detenuto è deceduto perché ostinatamente aveva smesso di respirare malgrado l’ambiente ben ventilato. Più morte naturale di così toccherà solo a tal Stefano Cucchi quasi coetaneo del su menzionato.”

Con queste parole, tratte da “In morte di Stefano Cucchi”, lo scrittore Erri De Luca, rispondeva ironicamente al ministro Giovanardi nel Novembre del 2009 il quale, pochi giorni dopo la morte di Stefano Cucchi, aveva preso le difese degli agenti della polizia penitenziaria coinvolti nel caso, affermando come la morte del giovane fosse dovuta alla sieropositività ed alla tossicodipendenza (per poi scusarsi con la famiglia per la falsità delle affermazioni).

Lo scorso 5 Giugno a più di 3 anni e mezzo dalla morte di Stefano Cucchi, i giudici della III Corte d’Assise di Roma, riuniti presso l’aula bunker di Rebibbia, hanno in parte dato ragione all’allora ministro dei rapporti col parlamento lasciando invece familiari ed amici di Cucchi con la sensazione di una sentenza per molti versi beffardamente simile a quella, dal tono ironico, scritta da Erri De Luca.

Assolti in primo grado dall’accusa di omicidio colposo, i 3 agenti della polizia penitenziaria ed i 3 infermieri che hanno in varie fasi, gestito la drammatica settimana di reclusione di Stefano Cucchi tra carcere di Regina Coeli, tribunale, ospedale Fatebenefratelli e, infine, nosocomio Pertini.

Condannati invece, con pene fino ad un massimo di 2 anni, i medici dell’ospedale Sandro Pertini, ritenuti colpevoli d’omicidio colposo e non più del reato di “abbandono di persona incapace” di cui inizialmente accusati.

La morte di Stefano Cucchi, sarebbe avvenuta quindi per causa medica, non avendo ricevuto le cure opportune. Non ci sarebbero state secondo la sentenza, percosse né violenze tali da cagionare la morte del giovane, ma solo negligenza dei dottori rispetto a un soggetto giunto nelle loro mani in uno stato di salute già precario e che avrebbe dovuto essere trasferito in una struttura di terapia intensiva.

Ovviamente, prima di formulare ogni ulteriore commento, bisognerà attendere il deposito delle motivazioni, con cui saranno probabilmente spiegati nel dettaglio i motivi della morte del geometra romano.

Il collegio romano, individuando le colpe solo in capo ai medici, sembra dunque avere di fatto sposato la lettura degli eventi fornita dai periti nominati alcuni mesi fa dalla stessa Corte.

Insomma, Cucchi sarebbe morto di fame o quasi: la causa del decesso è infatti da identificarsi “ in una sindrome da inanizione, ossia una mancanza (o grande carenza) di alimenti e liquidi non individuata dai medici. Nessun nesso fra la morte e le evidenti fratture al sacro, quella alla mascella, l’emorragia alla vescica, le numerose ecchimosi al capo. “Il quadro traumatico osservato – recita la perizia – si accorda sia con un’ aggressione, sia con una caduta accidentale, e non vi sono elementi che facciano propendere per l’una piuttosto che per l’altra dinamica lesiva”.

Soddisfatti gli agenti e gli infermieri assolti, la “fine di un incubo” hanno detto coloro che hanno visto riconosciuta la completa innocenza ed estraneità alla morte del giovane e che rimarranno al loro posto dopo la sentenza della corte.

Anche l’ex ministro Giovanardi ha mostrato apprezzamento e riconoscimento verso la sentenza, accusando i media e Luigi Manconi (garante dei diritti dei detenuti) di aver condannato gli agenti ancor prima del giudizio della corte.

Di tutt’altro umore familiari e amici di Cucchi ed i manifestanti giunti fin sotto Rebibbia per presidiare al processo e che, al pronunciamento della corte hanno urlato “assassini” all’indirizzo degli agenti e dei magistrati stessi.

“Io non mi arrendo – ha dichiarato Ilaria Cucchi, sorella di Stefano e da sempre in prima linea nella battaglia giudiziaria – questa è una giustizia ingiusta. I medici dovranno fare i conti con la loro coscienza, ma mio fratello non sarebbe morto senza quel pestaggio. Si tratta di una pena ridicola rispetto a una vita umana. Sapevamo che nessuna sentenza ci avrebbe dato soddisfazione e restituito Stefano ma calpestare mio fratello e la verità così… non me l’aspettavo”.

Fabio Anselmo, legale della famiglia, ha commentato: “Tre anni fa avevo previsto questo momento. Questo è un fallimento dello Stato, perché considerare che Stefano Cucchi è morto per colpa medica è un insulto alla sua memoria e a questa famiglia che ha sopportato tanto. È un insulto alla stessa giustizia”.

Sempre il legale della famiglia in conferenza stampa ha ribadito: “Tale sentenza è lontana ed incompatibile con qualunque logica di senso comune, quasi finta, quasi forse una “fiction” o un film di fantascienza”.

(*) Sociologo e membro della Redazione IQ

 

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