Sono 592 mila le persone che nel 2017 hanno svolto un’attività lavorativa per meno di 10 ore alla settimana. Di questi, 389 mila hanno prestato servizio come dipendenti e gli altri 203 mila come lavoratori autonomi. Dal 2014, rileva la Cgia, il numero di questi lavoratori è di poco in calo sia per la ripresa occupazionale sia per la riforma dei voucher del 2017 che ha “aumentato” il ricorso al lavoro irregolare. Si tratta di persone impiegate in lavori saltuari: 2 su 3 sono donne occupate, principalmente, nei servizi alla persona, come baby sitter, domestiche, badanti, o al servizio di attività legate alla cura della persona (parrucchiere, centri benessere, estetiste, etc.). Un altro comparto dove c’è un’incidenza molto elevata di occupati saltuari è l’alberghiero-ristorazione e i servizi alle imprese. Rispetto al 2007, il numero complessivo dei lavoratori saltuari è aumentato del 20,3%. Gli over 65 sono i più numerosi: l’incidenza degli occupati con meno di 10 ore alla settimana sul totale dei lavoratori della stessa fascia demografica è del 6,9%; seguono i giovani tra i 15 e i 24 anni (4,7%). La coorte che raggruppa il maggior numero di occupati complessivi quella tra i 45-54 anni (quasi 7 milioni di persone). L’area territoriale dove queste prestazioni occasionali sono più diffuse è il Centro: se a livello nazionale l’incidenza dei lavoratori saltuari sul totale degli occupati presenti in Italia è pari al 2,6%, nel Centro la quota sale al 3%. In termini assoluti, invece, è il Mezzogiorno la ripartizione geografica che presenta il numero più elevato: su 592 mila, 171 mila lavora al Sud, 148 mila sia al Centro sia a Nordovest e 125 mila a Nordest. “Questi dati – segnala Paolo Zabeo della Cgia – evidenziano che la cosiddetta gig economy, sebbene in forte espansione, alimenta un’occupazione on demand ancora molto contenuta. Le opportunità offerte dai siti, dalle applicazioni e dalle piattaforme web, ad esempio, stanno riempiendo le nostre strade di ciclo corrieri, ma i cosiddetti piccoli lavoretti sono ancora ad appannaggio di settori tradizionali, come i servizi alla persona, e in quelli dove è molto elevata la stagionalità. Ambiti, tra l’altro, dove la presenza degli stranieri è preponderante”. “Ovviamente – osserva Renato Mason, segretario Cgia – questi 592 mila lavoratori occasionali sono sottostimati. Sappiamo benissimo che questo settore presenta delle zone d’ombra molto estese, dove il sommerso la fa da padrone. Tuttavia, è interessante notare che queste occupazioni regolari sono ad appannaggio soprattutto di donne e pensionati e servono ad arrotondare le magre entrate familiari, soprattutto al Sud”.