BARI – Il dossier realizzato da Confesercenti e Centro Europa Ricerche (CER) ha fotografato il commercio ed i consumi tra crescita nominale e decrescita reale, piattaforme online e negozi di vicinato, deregulation e norme da riscrivere. Polarizzazione e pluralità dell’offerta.
L’incertezza economica nella quale il Paese versa da circa 5 anni è stata passata allo scanner per verificare e analizzare le ripercussioni sul Sistema produttivo.
Il 2019 è stato segnato dalla crisi del governo Conte. Nel 2020, per fermare il Covid, i governi hanno ridotto le attività socio/economiche. Nel 2021, dopo il lockdown, è iniziata la ripartenza. Nel 2022, il conflitto russo/ucraino, ha determinato il caro-bollette facendo schizzare l’inflazione che ha raggiunto l’8,1%. Quest’ultima, nel 2023, ha ridotto redditi e consumi.
La spesa delle famiglie pugliesi nel 2024 è in recupero sebbene sia ancora sotto i livelli pre/pandemia facendo registrare un aumento dello 0,4% rispetto al 2023. La Puglia è tra le Regioni dove si spende meno per i generi alimentari, l’abitazione, gli alloggi, la ristorazione, i mobili e gli articoli per la casa. Se la spesa media nazionale incide sulle famiglie per il 75,8% del reddito medio annuale, in Puglia incide ancora meno e si ferma al 67,7%.
Tra le Regioni che hanno battuto l’inflazione, la Puglia registra un aumento del reddito medio dell’0,5% pari a 150 euro in più sul reddito rispetto al 2019. Un risultato abbastanza incoraggiante a confronto di alcune grandi Regioni del nord che rilevano un segno fortemente negativo. A questo risultato ha contribuito l’industria turistica.
Le denatalità commerciale in Puglia registra -5%, il fenomeno è sottovalutato e arrischia ricchezza e sicurezza dei nostri territori.
‘I consumi delle famiglie – spiega Benny Campobasso, presidente Confesercenti Puglia – rappresentano un indice fondamentale per lo stato di salute e di benessere della nostra economia. Il commercio, prima dominato dalle micro, piccole e medie imprese del territorio – continua – ha vissuto una forte alterazione degli equilibri prima con l’arrivo delle grandi catene internazionali della GDO e successivamente con l’affermazione delle piattaforme internazionali di e-commerce, che hanno potuto godere di condizioni di mercato che di fatto garantiscono un vantaggio competitivo sugli altri canali distributivi, a partire dal fisco’.
In un quadro in cui la spesa delle famiglie non solo cala in termini reali, ma si sposta sempre di più sui servizi – e quella in beni migra da un canale all’altro (soprattutto dal retail fisico a quello online) – vengono meno le imprese del territorio, con il conseguente impoverimento, non solo economico, del sistema locale.
Innovazione, tecnologia e modernizzazione non si possono fermare. Tutto però si può – e si deve – governare. Commercio e commerci, nella storia dell’umanità, hanno sempre portato valore, ricchezza e benessere. Il rischio che questa ricchezza abbandoni il territorio e si trasferisca sulle grandi piattaforme internazionali è reale. Sul territorio rimarranno solo i servizi non (ancora) distribuiti via rete.
‘Evitare la desertificazione delle attività commerciali – prosegue Campobasso – è interesse di tutti. Per raggiungere questo obiettivo è necessario riequilibrare le sperequazioni concorrenziali – soprattutto fiscali – tra i diversi canali. La web tax – un provvedimento appena partito, di cui monitoreremo l’efficacia – va in questa direzione. Occorre, però, anche alleggerire il peso che il fisco ha attualmente sulle piccole attività. La nostra proposta è istituire una fiscalità di vantaggio per i negozi di vicinato con un fatturato inferiore ai 400mila euro l’anno, un provvedimento che l’associazione ritiene essenziale per contrastare il fenomeno della desertificazione commerciale che sta interessando sempre più grandi e piccoli centri urbani pugliesi, con un grave impatto non solo sul settore ma anche sull’accessibilità sul territorio dei servizi per i cittadini’.
Per guidare davvero il cambiamento occorre rivedere anche l’approccio della politica economica alla distribuzione commerciale. Un comparto che, negli ultimi anni, è stato solo costantemente deregolamentato. Un eccesso che ha accelerato la crisi della rete degli esercizi di vicinato che, forse, erano troppi quando sono stati approvati i diversi provvedimenti di liberalizzazione ma che ora rischiano di essere davvero troppo pochi: un serio pericolo per la tenuta socioeconomica delle nostre città.
‘Dobbiamo cambiare passo: il comparto non può rimanere, di fatto, senza governo. Servono regole – nuove, al passo con i tempi – per tutelare il pluralismo della distribuzione e la libertà di fare impresa’, conclude Campobasso.