Ammonta a 17,7 miliardi di euro il valore aggiunto generato dall’economia sommersa nella Capitale e provincia. Una cifra che, in termini pro capite, a parità di introiti, consentirebbe una possibile netta riduzione della pressione fiscale e una maggiore disponibilità di risorse da destinare al welfare e agli investimenti pubblici. Applicando infatti la pressione fiscale media (pari al 43,3%) al valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa si produrrebbe un gettito di 7,7 miliardi di euro (attualmente evasi), determinando un risparmio medio pro capite pari a 1.765 euro.
Questo quanto emerge da uno studio realizzato dalla Uil di Roma e del Lazio in collaborazione con l’Eures, sull’economia sommersa e illegale nella Capitale.
Sommando al valore dell’economia sommersa (determinata da lavoro nero, sotto-dichiarazioni e altre forme di evasione fiscale), quello prodotto a Roma dall’economia illegale (prostituzione, traffico di stupefacenti e contrabbando di tabacchi) pari a 1,5 miliardi, sale a 19,2 miliardi di euro il valore aggiunto complessivamente prodotto nella provincia di Roma dalla cosiddetta “economia non osservata”, il cui ammontare complessivo, a livello nazionale, si attesterebbe a ben 207 miliardi (fonte Istat).
All’interno del sommerso la quota più rilevante è rappresentata dalle sotto-dichiarazioni (evasione fiscale), il cui valore è stimato in 9,3 miliardi, seguite dal lavoro irregolare (6,7 miliardi) e dagli 1,7 miliardi sottratti da altre voci (affitti in nero, compensazioni domanda-offerta e mance) al computo dell’economia legale nella provincia capitolina.
“Uno studio – commenta il segretario generale della Uil di Roma e del Lazio, Alberto Civica – fortemente voluto dal sindacato non solo per denunciare, conti alla mano, una situazione intollerabile che va avanti da anni, ma anche per trovare una soluzione concreta ai mali della città, a partire proprio dalla diffusa illegalità che ha caratterizzato non solo l’amministrazione comunale, come emerso dalla cronaca degli ultimi mesi, ma l’intera macchina politico-amministrativa”.
Sono soprattutto i settori del commercio – ristorazione in primis – trasporti e alloggi gli ambiti dove più frequente è il ricorso alla sotto-dichiarazione (con 3,3 miliardi evasi), seguiti dai servizi professionali (2 miliardi) e dai servizi alle imprese (1,5 miliardi), mentre nei servizi alle persone l’economia sommersa si caratterizza soprattutto per il lavoro irregolare (con un danno stimato pari a 1,6 miliardi).
Strettamente connesso all’economia sommersa è l’illegalità contro la “cosa pubblica” (corruzione, concussione, abuso d’ufficio, peculato, ecc.) che certamente contribuisce a rallentare l’economia del territorio. I dati del Ministero dell’Interno sulla diffusione dei reati contro la PA e in particolare di quelli ascrivibili a corruzione e concussione parlano chiaro e collocano il Lazio al terzo posto in Italia (dopo Campania e Sicilia) per numero di reati scoperti contro la pubblica amministrazione (405 in totale nel 2014, di cui il 65,4%, ovvero 265, nella sola provincia di Roma). Ancora peggiore il posizionamento del Lazio per i reati di corruzione (61 scoperti nel 2014, che collocano la nostra regione al secondo posto, dopo la Campania, a fronte di una media nazionale di 19 reati l’anno) e per quelli di concussione (18 denunce nel 2014, contro una media di 5,6).
“Dati preoccupanti, soprattutto se rapportati al fatto che l’Italia, stando al rapporto sulla corruzione del 2015, è tra i Paesi più corrotti nella gestione della res pubblica, tanto da collocarsi al 61 posto nel mondo e al penultimo in Europa, preceduta soltanto dalla Bulgaria, mentre ormai persino Grecia e Romania fanno meglio di noi – prosegue Civica – La stessa Corte dei Conti ha stimato che il danno prodotto dalla corruzione come una “tassa” sulle opere, forniture e servizi della Stato, è pari addirittura al 40% del valore della domanda pubblica”.
Una stima che, se rapportata ai soli appalti emessi dal Comune di Roma e dai 15 municipi capitolini, genererebbe un sovrapprezzo di 1,3 miliardi di euro. Anche proiettando l’incidenza della corruzione sul Pil nella provincia di Roma il suo costo si attesterebbe a 1,5 miliardi di euro.
L’analisi dell’attività della Corte dei Conti rappresenta un’ulteriore conferma della diffusione dei fenomeni corruttivi nel nostro territorio. Tra le tipologie di danno erariale maggiormente contestate nel 2014 al primo posto si colloca quello prodotto da indebite erogazioni di contributi e finanziamenti, seguito dal danno patrimoniale e dalla mancata riscossione delle entrate.
La maggior parte delle citazioni emesse riguarda illeciti commessi dalle società partecipate, raggiungendo nella nostra regione il 67,7% del totale nazionale, dopo averne costituito addirittura il 94% nel 2013, quando le citazioni contro le società partecipate del Lazio ammontavano a ben 2,3 miliardi di euro, a fronte di un totale nazionale di 2,5 miliardi.