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Cosa accade se a dover dare ai cittadini è lo Stato?

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tasseIQ. 20/01/2013 – Del Sociologo Vladimiro Modolo

Diciamolo da subito. Imposte, tasse e qualsivoglia strumento amministrativo nelle mani dello Stato, volto ad entrare in possesso di una somma dovuta dai suoi cittadini è legittimo e indiscutibile.

In un periodo di crisi poi, di “spending review” e di contenimento degli sprechi, gli obblighi dei cittadini verso la pubblica amministrazione sono più che mai evidenti.

Redditometro, controlli fiscali, società di riscossione crediti e quant’altro dovrebbero servire a rientrare almeno parzialmente se non del debito pubblico, almeno di quelli che sono gli interessi passivi, altrimenti in grado di strozzare l’economia del nostro paese.

Secondo fonti Istat nell’ipotesi della completa attuazione di tutte le misure fiscali previste dalle ultime manovre finanziarie, la pressione fiscale italiana comprensiva di imposte dirette e indirette salirebbe nei prossimi anni intorno al 45,7%.

Se lo Stato chiede, il cittadino è obbligato a dare. Ben vengano tutti i controlli sull’evasione fiscale.

Cosa accade invece a parti invertite? Ossia quando è lo Stato a dover dare ai cittadini?

In termini numerici, secondo la Ragioneria dello Stato, per ogni italiano sono stati spesi nel 2011, 4.254 euro sotto forma di servizi e contributi ai cittadini e alle famiglie, mentre quasi il triplo sono stati gli introiti generati dal carico fiscale, come emerge da una ricerca condotta dalla fondazione “Civicum”.

In parole semplici, riceviamo dallo stato solo un terzo di ciò che paghiamo. Gli altri 2/3 dove vanno a finire?

Ma non è tutto.

Il cittadino subisce vessazioni al limite dello stato di diritto in ogni suo “contenzioso” con l’ente pubblico, dal mostruoso ritardo nei pagamenti di piccoli e grandi imprenditori con crediti verso la pubblica amministrazione, ai tardivi rimborsi dovuti al cittadino e per i quali l’attesa può durare anche anni.

In ultimo, prendendo il caso di Equitalia, è interessante osservare tutto un insieme di strumenti burocratici in grado di complicare la vita del cittadino che intende adempiere al saldo di una somma dovuta, e per cui anche “pagare” e non solo “prendere” è divenuto qualcosa di paradossalmente difficile.

Orari di apertura degli uffici limitati alle ore del mattino, informazioni su cartelle di pagamento limitate al territorio di residenza, strumento internet di difficilissimo accesso, pagamenti di cartelle limitati nel tempo.

Qualche giorno fa, alcuni attivisti, militanti del Laboratorio Aq16 con un’azione simbolica hanno sanzionato la sede di Equitalia di Reggio Emilia, denunciando “il complesso sistema di riscossione che attraverso i provvedimenti di Equitalia utilizza il debito come formula di “riproduzione della ricchezza”.

Applicare simili logiche vuol dire trasformare i cittadini in sudditi minando il principio su cui si basano le odierne democrazie, ossia il legame tra stato e cittadinanza.

Impossibile non domandarsi sulla legittimità di Equitalia ma più in generale non domandarsi su quale futuro aspetti un paese in crisi costretto a spremere i cittadini a colpi di burocrazia.

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