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Cos’è la massa grassa.

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sabato, Novembre 23, 2024

La massa grassa, definita anche tessuto adiposo, rappresenta un insieme eterogeneo di lipidi in particolare trigliceridi, fosfolipidi e colesterolo. Nell’organismo svolge importanti funzioni:

  • energetica: rappresenta l’energia di riserva dell’organismo
  • strutturale: è un costituente fondamentale delle membrane cellulari e delle guaine nervose
  • regolatrice: è precursore di ormoni, acidi biliari, vitamina d e regola la temperatura corporea
  • trasporto: consente il trasporto delle vitamine liposolubili (e.g. A, D, E, K) all’interno delle cellule.

Nonostante questo tessuto sia visto spesso con accezione negativa è necessario prendere atto della sua importanza fisiologica quando è presente nelle giuste quantità, al contrario un suo eccesso può portare a conseguenze negative in termini salutistici.

Il grasso è l’unica componente, tra i tre ben noti macronutrienti (e.g. grassi, zuccheri, proteine), che ha la capacità di accumularsi nel nostro organismo e di preciso negli adipociti. Il suo accumulo è facilitato generalmente da un surplus calorico causato da un eccesso di zuccheri o carboidrati nella nostra dieta. Questi ultimi, infatti, non possono essere immagazzinati oltre una certa quantità dal momento che il glicogeno organico può raggiungere al massimo i 400g circa e normalmente viene esaurito in assenza di attività fisica nell’arco di 24 ore. Perciò gli zuccheri non processati in termini energetici vengono convertiti biochimicamente in grassi o lipidi.

Stesso o simile discorso vale per le proteine, il cui accumulo è inibito per il fatto che i processi biochimici sarebbero molto costosi in termini energetici; un loro eccesso viene perciò eliminato attraverso l’escrezione renale.

Il grasso corporeo può essere anche classificato, come di seguito, in base alla sua localizzazione.

  • Grasso corporeo essenziale. Chiamato così perché una sua assenza risulterebbe incompatibile con la vita; generalmente si trova in alcuni organi tra cui il sistema nervoso e l’encefalo.
  • Grasso corporeo bruno. Consente l’ossidazione dei trigliceridi all’interno dei mitocondri permettendo la produzione di calore. Questo tipo di tessuto è presente soprattutto nei primi anni di vita e con la crescita va assottigliandosi e concentrandosi in alcuni precisi punti del nostro corpo come la parte bassa della schiena e le ascelle. Nonostante in età adulta sia molto meno presente, esso svolge e continua a svolgere un’importantissima funzione termoregolatoria.
  • Grasso corporeo viscerale. È un grasso anomalo e poco salutare che può trovarsi in alcuni organi come fegato e cuore. Rappresenta una delle principali cause di condizioni patologiche come ipertensione, dislipidemia e steatosi epatica oltre a insulino-resistenza. C’è anche da dire che è il primo grasso a ridursi qualora si segua un regime dietetico salutare e ipocalorico.
  • Grasso corporeo sottocutaneo. Si trova appunto tra la pelle, e di preciso il derma, ed il muscolo scheletrico, e rappresenta la più grande riserva energetica del nostro organismo. È un tipo di grasso sicuramente più sano rispetto a quello viscerale anche se il suo eccesso è sempre causa di infiammazione ed è correlato ovviamente ad un aumento di peso con conseguenti difficoltà nei movimenti abituali oltre ad una serie di problematiche sia estetiche che psicologiche.

Il nostro organismo ha delle proporzioni ben definite in termini di massa grassa e massa magra (e.g. acqua, muscolo, ossa) anche se esse variano in base all’età ed al sesso. L’uomo ha generalmente meno grasso e più muscoli rispetto alla donna oltre a un peso maggiore delle ossa. La differenza è data soprattutto da quel grasso che nella donna va a costituire organi con finalità riproduttiva come mammelle e genitali; un’altra differenza è nella distribuzione del grasso sottocutaneo, infatti nel sesso femminile esso va a localizzarsi principalmente nella parte inferiore del corpo in maniera tale da sostenere la gravidanza e l’allattamento.

Segue un elenco con le percentuali ideali di massa grassa in base a età ed a sesso. Ho inserito un intervallo abbastanza ampio il cui valore minimo corrisponde ad una condizione di forma fisica eccellente mentre il valore massimo corrisponde ad uno stato di forma al limite.

Percentuale massa grassa

  • 17-19 anni: maschi (5-22%), femmine (13-27%)
  • 20-29 anni: maschi (6-23%), femmine (14-28%)
  • 30-39 anni: maschi (7-24%), femmine (15-29%)
  • 40-49 anni: maschi (8-25%), femmine (16-30%)
  • >50 anni: maschi (9-26%), femmine (17-31%)

Nell tabella soprastante sono assenti le fasce d’età che vanno dalla neonatale all’adolescenza in quanto durante questa fase della vita si hanno repentine modificazioni del grasso corporeo per via dell’accrescimento; non è quindi possibile dare dei riferimenti precisi. Stesso discorso per le fasce d’età sopra i 50 anni in quanto da qui in poi si verifica, anche in maniera molto soggettiva, un maggiore aumento della percentuale fisiologica di grasso; la progressiva e più accentuata diminuzione della componente muscolare porta, infatti, ad un inesorabile crescita del valore relativo alla massa grassa.

È possibile effettuare misurazioni e ricavare una stima della quantità del grasso corporeo anche se la maggior parte delle metodiche sono fattibili solo con l’ausilio di personale qualificato.

È necessario innanzitutto capire bene la differenza tra quantità di grasso e percentuale di grasso. Nel primo caso abbiamo un valore assoluto espresso in kg, nel secondo caso abbiamo invece un dato che è relativo all’altro compartimento del nostro organismo ovvero la massa magra. L’utilizzo del dato percentuale può in alcuni casi essere fuorviante in quanto una percentuale alta di massa grassa può a volte nascondere un’importante carenza a livello di massa magra e ciò avviene spesso sia in età avanzata, in cui si verifica un maggiore catabolismo a livello muscolare, sia in individui giovani che magari non sono attivi fisicamente o che comunque hanno uno scarso trofismo muscolare.

In ogni caso sia il dato percentuale che il valore assoluto possono essere dedotti da una serie di metodiche alcune delle quali sono elencate di seguito in ordine decrescente di precisione.

  • Metodiche dirette. Ovviamente non applicabili nella routine ambulatoriale in quanto prevedono la dissezione di cadaveri e la misurazione diretta del compartimento di interesse (e.g. tessuto grasso o muscolo o ossa). Grazie a queste misurazioni sono state elaborate delle formule di Steady-State utilizzate, o comunque di riferimento, dalle metodiche indirette e doppiamente indirette.
  • Metodiche indirette. In questo caso il valore del compartimento di interesse viene dedotto dall’analisi di altri parametri. Nel caso della densitometria, applicabile solo in ambito di ricerca, viene calcolata la densità corporea e da questa si fa derivare la percentuale di massa magra e grassa nei vari distretti corporei. Nel caso della DEXA o Dual Energy X-Ray Absorptimetry, applicabile in ambito ospedaliero, si utilizza la tecnica dei raggi X per stimare la quantità e la distribuzione del grasso corporeo.
  • Metodiche doppiamente indirette. La misurazione della massa grassa deriva dall’analisi di alcuni compartimenti del nostro corpo a cui poi si applicano le equazioni di steady-state ottenute dalle metodiche dirette. Nel caso della plicometria misuriamo lo spessore di alcune aree della pelle, definite pliche, per ottenere una stima della percentuale del grasso corporeo. Nel caso dell’impedenziometria ci affidiamo alla misurazione, mediante passaggio di una corrente alternata a bassa frequenza, dell’acqua extra e intra-cellulare ottenendo grandezze fisiche come la resistenza. Considerando che il tessuto grasso a differenza di quello magro è disidratato, non permette il passaggio della corrente elettrica. Applicando opportune formule è quindi ottenibile una stima della massa grassa del nostro organismo oltre che della massa cellulare corporea.

Ci sono poi altre misurazioni che definirei più degli indicatori di forma fisica e di rischio cardiovascolare o di malattia. La circonferenza vita, per esempio, quando elevata indica un probabile accumulo di grasso viscerale e rappresenta perciò un fattore di rischio cardiovascolare. La misurazione viene presa nel punto più stretto della zona addominale che generalmente si trova tra ombelico e linea sottocostale. Di seguito i riferimenti da prendere in considerazione classificati in base al sesso ed alla probabilità di rischio di malattia.

Uomini

  • valore ideale: < 94 cm
  • rischio aumentato: 94-101 cm
  • rischio fortemente aumentato: ≥ 102 cm

 Donne

  • valore ideale: < 80 cm
  • rischio aumentato: 80-87 cm
  • rischio fortemente aumentato: ≥ 88 cm

L’indice di massa corporea o IMC è un altro indicatore. L’IMC si ottiene applicando la seguente formula: Peso (kg) / Altezza (m)2. Come la circonferenza vita non dà una stima del grasso ma è legato esclusivamente al peso e all’altezza del soggetto e viene utilizzato in ambito di popolazione per verificare l’appartenenza di un individuo ad una determinata fascia di rischio di malattia. Attraverso questo valore possiamo sapere se per esempio siamo in uno stato di sovrappeso o obesità anche se non sempre queste condizioni sono correlate ad una presenza eccessiva di grasso, soprattutto in caso di sovrappeso. Un peso massimo di pugilato, per esempio, può benissimo rientrare nel sovrappeso anche se la sua composizione corporea potrebbe evidenziare solo una importante e notevole presenza di massa muscolare. Ci può essere anche il caso dei falsi magri in cui un IMC apparentemente normale può invece nascondere una carenza di muscolo e una non sottovalutabile quantità di grasso corporeo.

In ogni caso questi sono i riferimenti da prendere in considerazione correlati alla probabilità di rischio di malattia.

  • IMC < 18.5: sottopeso, rischio moderato
  • IMC 18.5-24.9: normopeso, rischio molto basso
  • IMC 25.0-29.9: sovrappeso, rischio aumentato
  • IMC 30-34.9: obesità di I grado, rischio alto
  • IMC 35-39.9: obesità di II grado, rischio molto alto
  • IMC ≥ 40: obesità di III grado, rischio estremamente elevato

Un eccesso di grasso, correlato ad una condizione di sovrappeso e obesità, può avere importanti conseguenze per la salute. Da un punto di vista fisico causa una maggiore pressione alle articolazioni del corpo, in particolare ginocchia e caviglie, con possibilità di andare in contro a ricorrenti infiammazioni o traumi; inoltre, causa maggiore stanchezza, fiato corto, mal di schiena, artriti, cellulite, ernie, apnee del sonno, trombosi venosa. Da un punto di vista metabolico ed endocrino può portare a ipertensione, steatosi epatica, iperlipidemia, insufficienza cardiaca, irsutismo e conseguenze endocrine tipiche del PCOS. Non sono da sottovalutare nemmeno le problematiche di tipo sociale e psicologico come bassa autostima, disturbi cognitivi, depressione, isolamento, tensioni familiari, non accettazione del corpo.

L’eccesso di grasso è generalmente causato da abitudini alimentari e di vita errate. Una dieta ipercalorica ricca in zuccheri semplici e grassi di scarsa qualità associata a sedentarietà è un cocktail micidiale dal punto di vista metabolico. A volte ci può essere una predisposizione genetica o alcune disfunzioni endocrine (e.g. ipotiroidismo) che facilitano l’accumulo di adipe ma sono del parere che se si abbracciano delle norme di buona e corretta alimentazione l’aumento ponderale può essere tenuto sotto controllo anche in una condizione dietetica di tipo normocalorico.

L’esercizio fisico è un’arma efficacissima nella perdita del grasso corporeo ma anch’esso come la dieta deve essere ragionato e ben programmato. La costanza innanzitutto. È inutile fare un’escursione di 4 ore in montagna la domenica con l’intento di perdere peso mentre per il resto della settimana regna la sedentarietà; certo, sempre meglio che non farla! Ottima per “cambiare aria”, ossigenare i polmoni con aria pura, rilassarsi mentalmente, ma non apporta sostanziali benefici da un punto di vista metabolico ed endocrino. Il nostro corpo necessita di uno stimolo continuo per poter sviluppare un adattamento fisiologico, quindi se in settimana oltre alla nostra escursione aggiungiamo dell’attività fisica in palestra o in piscina o andiamo a farci una corsetta il discorso cambia in maniera radicale.

La qualità dell’esercizio fisico, o come esso viene svolto, è un altro parametro da considerare. È inutile se non controproducente correre a 12 km/h a digiuno tenendo una frequenza cardiaca del 90% rispetto alla nostra frequenza cardiaca massima, rischiamo solo di farci del male e perdere tanta massa muscolare.

Detto ciò, lascio qualche indicazione su come svolgere dell’attività fisica con l’obiettivo di perdere del grasso corporeo. Queste considerazioni si basano principalmente sull’intensità di allenamento e ovviamente sono valide se accompagnate da un programma alimentare ben definito.

L’intensità di allenamento è un parametro legato alla capacità vascolare e in questo caso per semplicità lo connettiamo esclusivamente alla frequenza cardiaca (FC). La misura della FC massima teorica avviene tramite differenti formule, in caso di individui obesi o sedentari una formula semplice è la seguente: FC = 220 – Età (anni).

In caso di un’attività fisica a bassa intensità come una camminata veloce o una corsa a ritmo leggero, e con una frequenza compresa tra il 60% e il 70% della FC max, la durata dell’allenamento fa la differenza in termini di capacità di bruciare i grassi. Già dopo 20 minuti di un’attività di questo tipo a digiuno il contributo energetico proviene al 50% dai grassi e dagli zuccheri, andando avanti col tempo e in assenza di integrazioni glucidiche raggiungiamo livelli molto alti e superiori anche all’80% in termini di ossidazione dei grassi; in parole povere utilizziamo come fonte energetica predominante i grassi del nostro corpo.

Le attività a media e alta intensità (e.g FC > 70%) sono invece differenti in quanto per essere gestite al meglio hanno bisogno che il nostro organismo abbia combustibile a rapido rilascio energetico quindi glicogeno o zuccheri semplici (e.g. fruttosio o glucosio o maltodestrine) introdotti tramite supplementi, in caso contrario non avremo energia necessaria per svolgere o completare o comunque per essere performanti in questo genere di attività. A differenza delle attività a bassa intensità queste però possiedono un più alto consumo di ossigeno nel post-allenamento e ciò comporta una maggiore efficienza nell’ossidare il tessuto adiposo. In parole povere 20 minuti di un’attività fisica ad alta intensità potrebbero essere comparate a 1 ora di attività a bassa intensità in termini di ossidazione di grassi e quindi di consumo di tessuto adiposo.

Qualora voglia conoscere la tua composizione corporea e pianificare una dieta mirata alla riduzione del grasso corporeo ti invito a contattarmi per una prima consulenza.

Dott. Febo Quercia – Biologo Nutrizionista

Per info e contatti: cell. 347.5706003

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