Vengono curati e sopravvivono al tumore grazie a terapie in continua evoluzione, ma rischiano di morire per un’infezione resistente.
I pazienti oncologici sono tra i più colpiti dai batteri killer.
Curarli, per tempo, con i nuovi antibiotici, già oggi disponibili, permetterebbe di salvare almeno mille persone ogni anno in Italia. Questo uno dei temi al centro del Congresso “Rivoluzioni nelle malattie infettive”, in corso a Torino e co-organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini, l’Università di Torino, l’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino e l’Ospedale Cardinal Massaia di Asti, che precede la Giornata europea degli antibiotici del 18 novembre Ogni anno oltre 1,2 milioni di persone nel mondo muoiono per batteri resistenti, come Klebsiaella Pneumoniae, Acinetobacter e Pseudomonas. Le principali vittime di questi patogeni sono i pazienti con tumore, per i quali è la seconda causa di morte. A metterlo in luce è un’analisi di 223 studi pubblicata su “American Cancer Journal for Clinicians”, da cui emerge
In Italia sono pazienti oncologici un terzo degli 11 mila decessi registrati ogni anno per antibiotico-resistenza. “Il più alto tasso di mortalità è legato innanzitutto – spiega Giovanni Di Perri, co-presiedente del Congresso e ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Torino – alle ridotte difese dovute alla malattia o indotte dalla chemioterapia. Inoltre, presentano più frequenti complicanze post-chirurgiche a seguito di interventi legati al tumore o perché costretti a ricoveri lunghi e ripetuti”. Per mettere in salvo almeno 1.000 persone l’anno, secondo gli esperti, è essenziale potersi usare antibiotici di nuova generazione. “Se non adottiamo un uso responsabile e tempestivo di nuovi farmaci già oggi disponibili – conclude Di Perri – rischiamo di tornare decenni indietro nei tassi di mortalità del tumore e non perché sia la malattia oncologica ad uccidere, ma le infezioni antibiotico-resistenti”. (ANSA).